DOMENICA IV DI QUARESIMA/C
(Gs 5, 9-12;Sal 34; 2 Cor 5, 17-21; Lc15,1-3.11-32)
Paolo Cugini
1. Le letture
della scorsa domenica ci invitavano a non rimandare il tempo della nostra
conversione, ma a considerare il tempo presente come il momento favorevole per
il nostro incontro con il Signore. Oggi, nella quarta domenica del tempo di
quaresima, la liturgia della Parola viene al nostro incontro cercando di
spiegarci il contenuto di questa conversione. Le domande che possiamo prendere
come sfondo della liturgia di oggi potrebbero essere le seguenti: in definitiva
che cosa significa convertirsi al Vangelo? Che cosa esige il Signore da noi?
Quali sono i passi che dobbiamo realizzare nel presente della nostra esistenza,
per rendere vera ed autentica la nostra adesione al Signore?
2. La prima
risposta che possiamo dare a queste domande è che davanti alla proposta del
Signore non possiamo rimanere neutrali. Il Vangelo di oggi, infatti, apre
proprio con questa immagine. Davanti a Lui ci sono da una parte i farisei che
lo criticano e, dall’altra i peccatori che si avvicinano per ascoltarlo. Chi in
questa quaresima si sente troppo giusto, probabilmente avrà già iniziato a
prendere le distanze dalla sequela di Gesù giudicandola sorpassata o troppo
radicale. Chi, al contrario, sta lasciando la Parola del Signore penetrare
dentro di sé, non starà sentendosi troppo bene. E allora sentirà l’esigenza di
approfondire il discorso, di capire meglio quello che Gesù intende dire. Chi
decide di prendere a serio la propria vita e quindi di smetterla di nascondersi
dietro le maschere costruite nel tempo, per non stare male tutta la vita e
intravedendo nella proposta di Gesù una possibile via di uscita positiva, cercherà di ascoltarlo. Umiltà è la base per un cammino spirituale e umiltà si misura dall’idea che abbiamo di noi stessi. Se davanti al Vangelo ci
sentiamo a posto, significa che siamo messi male, che il nostro cammino
spirituale é veramente arrivato alla frutta. Solo Cristo é infatti il Santo di
Dio e, dinnanzi al Santo, tutti siamo peccatori e bisognosi di una salvezza che
non ci possiamo dare con le nostre mani, ma che viene dall'alto per puro e
gratuito dono di Dio (Cfr. Rom 3). Se, al contrario, davanti ad una pagina del
Vangelo ci sentiamo male, significa che stiamo ancora bene, perché siamo
ancora in contatto con la realtà di noi stessi che è la percezione di qualcosa
che deve essere modificato nella nostra esistenza. Se ascoltando questi primi
versetti del Vangelo ci siamo identificati con i pubblicani e i peccatori,
possiamo procedere nell’ascolto, perché Gesù ci rivelerà qualcosa d’importante
per il nostro cammino di conversione. Se, al contrario, ci siamo identificati
con i farisei, con coloro cioè che pensano di saperla più lunga di Gesù, possiamo tranquillamente chiudere il Vangelo ed uscire dalla Chiesa: il Vangelo non è roba per esseri superiori, ma per i piccoli.
3. Per noi che
siamo rimasti in Chiesa, perché ci sentiamo piccoli, peccatori e bisognosi
della misericordia del Signore, che cosa ha da dirci il seguito del Vangelo? Ci
rivela qualcosa di noi e qualcosa di Dio.
Ci rivela, innanzitutto,
qualcosa di noi nella figura dei due fratelli. Ci dice, infatti, da un lato che
abbiamo la testa così dura, il cuore così chiuso dal nostro orgoglio e l’anima così piena di noi stessi e del nostro egoismo, che per capire che stiamo
sbagliando strada, abbiamo bisogno di cadere nel fosso. Il figlio che abbandona
la casa paterna e parte pensando di realizzare la propria vita, siamo noi tutte
le volte che vogliamo fare di testa nostra, che pensiamo di essere i
protagonisti assoluti della nostra vita e non vogliamo ascoltare niente e
nessuno. Tutte le volte che agiamo in questo modo, stiamo compiendo un passo in più verso il baratro del non senso e dell’insignificanza della vita. E allora,
mentre pensiamo di realizzare una vita piena di successo, in realtà la stiamo distruggendo riempendola di nulla. E così, improvvisamente, in mezzo al cammino
della nostra vita, ci sentiamo stranamente vuoti, senza nulla dentro. Chi
riesce, in questa situazione esistenzialmente catastrofica, entrare in sé
stesso, riconoscere i propri errori assumendo la responsabilità del proprio
fallimento e chiedendo aiuto a Dio, potrà rialzarsi e con fatica rimettersi in
cammino. Chi, al contrario, continua a non accettare il proprio fallimento di
una vita auto-centrata e egoista, cercando da tutte le parti punti di
riferimento sui quali scaricare la propria rabbia, ha bisogno di mangiare
ancora qualche chilo di ghiande insieme ai porci.
4. Il figlio più vecchio che, invece di gioire
con il padre per il ritorno del fratello, si arrabbia al punto di non voler
entrare nella festa, è il simbolo di una
vita religiosa non gratuita ma interessata. La storia di questo figlio più vecchio dovrebbe condurci ad interrogarci: perché andiamo in Chiesa? Che cosa
stiamo cercando tra le mura della parrocchia? Se non abbiamo ancora capito che
in Cristo, Dio ci ha donato tutto se stesso e che nella Chiesa incontriamo
tutti i mezzi della salvezza e, nonostante ciò abbiamo sempre da ridire
qualcosa, da criticare, da giudicare tutto e tutti, vuole dire che il nostro cammino spirituale é un poco materiale, interessato, non è cioè molto chiaro e
autentico. Il tempo di quaresima diventa, allora per noi il tempo privilegiato
per liberarci da tutte le nostre pretese religiose, da tutto il nostro
materialismo spirituale, per camminare più liberi e sereni dietro al Signore.
5. Che cosa ci
dice e c’insegna su Dio questa pagina del Vangelo? Lo abbiamo senza dubbio già capito e cioè che Dio è un Padre immensamente buono, che fa venire la voglia di
corrergli incontro per abbracciarlo. É un Padre che non guarda mai il lato
negativo del figlio, ma che confida nella sua possibilità di realizzare il
bene. É un Padre che non giudica, che non condanna, ma che spera con pazienza
che noi suoi figli corriamo tra le sue braccia misericordiose. Contare con un
Padre così è veramente una grazia immensa. É il suo amore infinito che
distrugge di colpo tutti i nostri falsi idoli, tutte le nostre idee strampalate
di Dio. Come si fa, infatti, ad aver paura di un Dio così? Chi ci ha messi in testa che dobbiamo avere paura di Lui? É bello ed è fantastico poter contare su
un Dio così che ci aspetta sempre, che
con pazienza perdona tutte le nostre colpe, che non si scandalizza dei nostri
peccati, che avvolge le nostre ombre con la sua luce, che copre il nostro
egoismo con il suo immenso amore. Mettiamoci in ginocchio, allora e preghiamo.
Gettiamoci in ginocchio e piangiamo la nostra stupidità. Gettimoci in ginocchio
e ringraziamo il Padre del suo immenso amore per noi. Gettiamoci in ginocchio
chiedendo al Padre umiltà di non abbandonarlo mai più.
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