domenica 25 dicembre 2022

OMELIA DELLA VIGILIA DI NATALE 2022

 




Paolo Cugini

 

L’esperienza pastorale che vivo come prete a contatto con giovani e adulti, mi ha portato ad una conclusione che è questa: il cammino della vita di fede di una persona dipende molto dalla narrazione iniziale, da come gli è stata raccontata e trasmessa all’inizio. Accompagnando giovani e adulti mi accorgo, ad un certo punto del cammino, che la narrazione iniziale su Dio non era corretta. Negli adolescenti me ne accorgo attraverso le risposte alle mie domande. Mi accorgo quando il virus spirituale, tipicamente occidentale, dell’individualismo esistenziale è già entrato e ha già devastato l’anima. Ascoltare dei ragazzi che affermano che a loro Dio non serve, significa che c’è stato un processo rapido di assimilazione di contenuti sbagliati, spacciati per religione che li ha condotti ad una conclusione negativa nei confronti di Dio e di tutto ciò che rappresenta. Del resto davanti ai loro occhi hanno adulti che confermano le loro affrettate conclusioni: è possibile vivere senza Dio e, spesso, è molto meglio. Eppure, vivere senza Dio non è un’opzione indolore, perché significa rifiutare il mistero dell’esistenza, il senso autentico della vita.

Qual è, allora il senso di Gesù nella storia degli uomini e delle donne? Ha rivelato al mondo che cosa significhi essere fatti ad immagine e somiglianza di Dio. Sei un uomo autentico, una donna autentica, quando ami in modo disinteressato e gratuito. Questo è ben visibile in Gesù che ha fatto della sua vita un dono per tutti e tutte. Gesù ha amato indipendentemente dal fatto di ricevere amore. Non ha amato per riceve amore in contraccambio: ha amato e basta. Proprio questo gli hanno rinfacciato i suoi nemici mentre era morente sulla croce: “Salva te stesso, tu che hai salvato gli altri” (). Gesù ha slavato gli altri donando se stesso, il proprio tempo, la propria vita. Ha amato i suoi amici e le sue amiche sino alla fine: non li ha abbandonati (cfr. Gv 13,1).

Gesù ha manifestato che l’uomo e la donna ad immagine di Dio hanno sete di Giustizia (Cfr. Mt 5, 3s). Infatti, vediamo Gesù, durante la sua vita pubblica, sempre dal lato dei poveri, affermando che il ricco non entrerà nel regno dei cieli. Ci entrano solo i ricchi che distribuiscono i beni ai poveri. Gesù ci ha aiutato a capire che la povertà distrugge il progetto di uguaglianza di Dio e che occorre andare alla radice del problema, sanare alla radice le ingiustizie che, con il tempo, generano le disuguaglianze e producono gli schieramenti, le tensioni. Paolo, riflettendo su questo mistero, giunge ad affermare che in Cristo: “non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina perché tutti siamo uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28). Anche Pietro arriva a comprendere che “Dio non fa differenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia” (At 10, 34s).

L’ultimo aspetto che voglio sottolineare dell’essere a somiglianza di Dio che Gesù è venuto a manifestare è la pace. Vive male chi vive generando tensioni, aggredendo gli altri. Gesù è uomo di pace. Ha costruito una comunità di uomini e donne lavorando continuamente affinché fra loro vi fosse armonia. Siamo figli e figlie di Dio quando lavoriamo per stemperare le tensioni nei luoghi in cui viviamo. “Pace a voi” (Gv 20, 19). È questo il saluto di Gesù risorto fatto ai suoi discepoli. Realizziamo pienamente la nostra umanità quando viviamo in pace e questa pace ha un prezzo: la rinuncia a far valere ad ogni costo la propria ragione. Per questo Gesù durante la passione è rimasto in silenzio.

Questo stile di vita, questo modo di stare al mondo tra gli uomini e le donne per poter essere interiorizzato e compreso ha bisogno di un luogo esistenziale specifico: il presepio. Il Natale ci insegna che il punto di partenza per una vita autentica è la precarietà, l’essenzialità, in altre parole: la povertà evangelica. Non puoi dire di essere un discepolo e una discepola del Signore e vivere nell’abbondanza, perché ti metti già dalla parte di chi produce disuguaglianza. Per comprendere e interiorizzare il messaggio di Gesù occorre sempre mettersi dalla sua parte, che è la parte dei poveri, degli emarginati. Non puoi cibarti del corpo di Cristo, che è il corpo di colui che ha condiviso tutto di sé e poi accumulare beni: è una contraddizione.

La domanda che potremmo farci ora è la seguente: esiste un criterio per capire se abbiamo ascoltato la narrazione giusta nel posto esatto? Esiste. Il criterio lo troviamo voltando pagina, dove troviamo scritto che Gesù venne ricercato per essere ucciso e che poi assieme a Giuseppe e Maria sono dovuti fuggire in Egitto. E poi, sfogliando ancora, troviamo Gesù adulto perseguitato dai capi religiosi, sbeffeggiato dagli uomini del tempio, odiato perché faceva cose prodigiose e la gente lo seguiva. Ecco, se nella nostra vita siamo odiati e perseguitati a causa delle scelte che facciamo in nome del Vangelo, vuole dire che la narrazione ascoltata nell’infanzia era quella giusta, narrata nel posto giusto.

A Natale siamo invitati a riavvolgere il nastro della narrazione su Gesù, per ascoltarla bene questa storia e non correre il rischio di costruire una casa sulla sabbia, senza fondamenta. Sembra bella, per un tempo ma, alla fine dell’anno, viene giù. Buon Natale. 

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