sabato 8 aprile 2023

OMELIA DELLA DOMENICA DI PASQUA

 



PASQUA DI RISURREZIONE DEL SIGNORE

At 10, 34a. 37-43; Sal 117; Col 3, 1-4; Gv 20, 1-9

Paolo Cugini

 

 

La luce ha vinto le tenebre; la vita ha sconfitto la morte. È questo il messaggio che abbiamo ascoltato nella liturgia della notte e che continuerà a risuonare per tutto il tempo di Pasqua. C’è un evento nuovo e mai visto che riempie il tempo e la storia: la resurrezione di Cristo. È da tanti anni che la luce della resurrezione illumina il mondo, ma ancora ci sfugge il significato profondo non solo per Gesù, ma anche e soprattutto per la nostra vita e la vita della comunità cristiana. Cerchiamo allora nelle letture ascoltate alcune risposte a questo mistero.

E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme (At 10,37). Il primo dato che letture di oggi ci consegnano è che il mistero della risurrezione di Cristo è affidato a dei testimoni. La nostra fede nella resurrezione dipende dall’ascolto della testimonianza di coloro che lo hanno visto risorto. Questi testimoni non sono dei semplici passanti che hanno incontrato Gesù, ma sono coloro – come dice il testo degli Atti – ma sono coloro che lo hanno conosciuto sin dai primi momenti della sua attività pubblica e lo hanno accompagnato sino ai piedi della croce. Si può allora dire, a proposito della loro testimonianza, che lo conoscono bene, sanno chi è, che cos’ha fatto e detto. La Testimonianza di Pietro, Maria, Giovanni e tutti gli altri possiede una forza che è impossibile intaccare: è l’evidenza della realtà. Come dirà poi Giovanni in una delle sue lettere, lo hanno visto, toccato; i discepoli hanno toccato la carne del risorto, hanno ascoltato la sua voce, lo hanno visto a pranzo con loro. Quella del risorto è un evento avvenuto nella storia degli uomini e delle donne, affidato a qui pochi intimi che avrebbero potuto riconoscerlo. Tutto il cristianesimo, il cammino della Chiesa nei secoli dipende dalle narrazioni di questi pochi testimoni. È la loro parola contro la nostra. Dalla loro c’è un incontro che ha segnato profondamente e radicalmente la loro esistenza. Infatti, se è vero che Gesù ha dato la vita ed è morto per loro, è altrettanto vero che i discepoli e le discepole di Gesù sono morti per Lui. L’incontro con il risorto, con l’autore della vita, con Colui che ha la vita in sé, provoca un cambiamento radicale che porta il testimone a non indietreggiare mai, nemmeno dinanzi alla morte.

Voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria (Col 3, 4). La vita di coloro che hanno conosciuto il risorto e credono in Lui si riconosce dal loro nascondimento. Chi incontra il risorto è prima di tutto una persona morta al mondo. È questo il primo significato che, tra l’altro, la prima comunità dava al battesimo. Il mondo è tutta quella realtà che si oppone alla proposta del Signore e che si caratterizza per la ricerca del plauso degli uomini, per una visibilità esterna. Al contrario, coloro che seguono il Signore risorto, come primo passo fondamentale rinunciano a tutto ciò che il mondo può offrire, per accogliere la vita che viene dal risorto. La vita dei cristiani è nascosta per il fatto che non cercano più la gloria degli uomini, ma sì l’amore del Padre. È un discorso molto radicale che è difficile vedere nelle comunità cristiane, se non in alcune esperienza specifiche di vita religiosa. È, comunque, importante riflettere sul come la prima comunità cristiana aveva compreso e vissuto la testimonianza dei discepoli e l’incontro con il risorto.

Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti, non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti (Gv 20, 9). È sempre molto affascinante ascoltare la narrazione di questa corsa di Pietro e Giovanni. C’è molto amore in questa corsa, molta amicizia: c’è il desiderio di un incontro che sembrava impossibile. Rimane sempre aperta una domanda dopo aver ascoltato il brano: come mai Giovani riesce a capire che il Signore era risorto guardando il semplice indizio dei panni nel sepolcro, mentre Pietro, pur vedendo gli stessi panni, non arriva a riconoscerlo? Il credere di Giovanni è una prima indicazione fondamentale nel cammino della comprensione del mistero. Per crederci occorre vederlo. Ancora una volta, come ha fatto Giovanni a vedere nei panni trovati nel sepolcro la presenza del risorto? È questo il problema. Per rispondere occorre ricordarsi un dato fondamentale che viene ripetuto più volte nel vangelo in questione: Giovanni era il discepolo che Gesù amava. Il mistero della resurrezione di Gesù non lo si scoprirà mai con dei sillogismi, con gli strumenti della sapienza umana: è un problema di cuore, di relazione. Solo chi ama il Signore può intravedere negli indizi lasciati nella storia il segno chiarissimo della sua presenza. Dio si è rivelato nel Signore e, in modo nuovo ed eclatante, nella sua resurrezione. La storia è piena della luce del risorto, luce che risplende nel mondo da più di duemila anni. Per vederla, ci viene detto oggi, occorre amare il Signore, creare una relazione profonda con Lui, sentirlo, percepire il suo amore. Solo in questo modo è possibile comprendere he la resurrezione del Signore è molto di più di un semplice evento storico: è il senso stesso della realtà.

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