DOMENICA XIV/B
(Ez
2, 2-5; Sal 122; 2 Cor 12,7-10; Mc 6,1-6)
Paolo Cugini
La liturgia di oggi ci propone una riflessione su
alcuni temi interconnessi, che riguardano la difficoltà che Gesù ha incontrato
nel suo ministero e, in generale, la difficoltà che incontrano tutti coloro che
desiderano orientare spiritualmente la propria vita, prendendo Dio e la Sua
Parola come punto di riferimento. È una difficoltà che non riguarda un popolo o
un periodo storico specifico. Si tratta, infatti, di un problema che
riscontriamo in ogni epoca e in ogni tempo. Certo che fa specie la resistenza
che ha dovuto registrare Gesù nei confronti della sua proposta, soprattutto da
coloro che tale proposta avrebbero dovuto accoglierla, vale a dire le persone
religiose.
“Giunto
il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano
stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose?”
(Mc 6,2). Nel Vangelo di Marco, Gesù entra nella sinagoga tre volte. Nella
prima è stato interrotto. Nella seconda è andata peggio perché cercano di ammazzarlo
perché Gesù ha curato una persona in giorno di sabato, suscitando le ire dei
farisei. Per Gesù il bene della persona viene prima dell’osservanza della
legge, anzi l’osservanza delle leggi di Dio sono a servizio del bene delle
persone. La terza volta corrisponde all’episodio del vangelo di oggi e ci sono
tutte le premesse positive di un incontro che dovrebbe andar bene per il fatto
che andrà a Nazareth, che è il suo paese di nascita, tra i suoi parenti e
amici. Eppure anche qui Gesù trova una forte resistenza, perché il suo
insegnamento non è come quello degli scribi che ripetono delle formule ed
eseguono dei rituali prestabiliti sempre allo stesso modo. Al contrario, l’insegnamento
di Gesù è la proposta di una nuova relazione con Dio, che non è basata sull’osservanza
delle sue leggi, ma sull’accoglienza del suo amore, che esige relazioni nuove
con i fratelli e le sorelle della comunità. È proprio questa novità che crea
stupore tra coloro che sono nella sinagoga, al punto dal mettere in discussione
il suo insegnamento. “Da dove gli vengono queste cose?” Domanda che dice
tutto lo scetticismo nei confronti delle parole di Gesù. Viene messo in
discussione la provenienza divina e la ricerca dell’ambiente di provenienza
della sua dottrina indicata come stregoneria. Il riferimento, infatti, alle
mani – i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani – indica una
provenienza magica o addirittura di stregoneria e, di conseguenza, un’accusa
pesante di impostore, truffatore, qualcuno che vuole ottenere l’attenzione
della gente ingannandola con dei trucchi. Gli uomini della sinagoga, della
religione del tempio rimangono incomodati dal modo gratuito e disinteressato
dell’azione del Maestro Gesù, attento ai deboli, che fa spazio ai poveri. Tutto
il contrario dei capi religiosi, interessati ai soldi, ad essere onorati dal
popolo, che vestivano in modo lussuoso. Lo stile di Gesù, smaschera l’ipocrisia
dei capi religiosi che, per difendersi, non hanno altro strumento che la
maldicenza e la menzogna.
“Non
è costui…”. Anche se Gesù è nel suo paese e quindi è conosciuto, i capi
religiosi non lo nominano, anzi lo insultano. Definendolo, infatti, il figlio
di Maria, i capi religiosi stanno insinuando che Gesù, da un lato non è degno
di suo padre e, dall’altro, che è un poco di buono. Mai in Israele un uomo
viene definito come figlio della madre, ma sempre del padre, in virtù della
cultura patriarcale che considerava l’uomo come il vero e autentico trasmettitore
della paternità.
“Un profeta non è disprezzato se non nella sua
patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. È questo il problema di fondo. Gesù,
infatti, non s’identifica con il sacerdozio, che era dominante nella sua epoca.
Gesù identifica la sua persona e la sua missione nella linea profetica, nel
cammino di coloro che vivevano la religione, il rapporto con Dio non come un
mestiere, o come un insieme di precetti da obbedire, ma come una profonda
esperienza d’amore con il Mistero, che cercavano di trasmettere ai loro
discepoli.
“E
lì non poteva compiere nessun prodigio”. La conclusione è terribile e molto
triste. Dove c’è la religione, Gesù non può manifestarsi. Dove il rapporto con Dio
è mediato da riti, dottrine e dogmi che non riescono a cogliere il bene reale
delle persone, Gesù e il suo spirito non possono agire. Compito della Chiesa è,
allora, quello di liberare gli uomini e le donne dalla religione, per aiutarli
ad entrare in un rapporto profondo di fiducia con Dio, in uno stile di vita
essenziale, semplice, segno autentico della presenza del Dio di Gesù Cristo nel
mondo.
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