
GESU’
SAPEVA
Paolo Cugini
“Gesù
sapendo…” (Gv 13,1). Iniziamo il Triduo pasquale con la percezione che Gesù
ha del proprio cammino e questo breve versetto, dovrebbe aiutarci a smantellare
nella nostra anima quell’insegnamento tipicamente devozionale e per nulla
evangelico, che vede il Padre offrire in sacrificio il figlio per la nostra
salvezza. Niente di tutto questo appare nel Vangelo di oggi, ma invece la percezione di un uomo che ha la piena consapevolezza delle proprie scelte,
ed è disposto a pagare per questo. Che cos’è che Gesù sa? È pienamente
consapevole che la sua presa di posizione contro le tradizioni religiose,
contro i capi religiosi del popolo che non capiscono il punto di vista di Gesù,
la sua scelta d’incarnare le profezie del messia portatore di pace e di giustizia
e non di essere il punto di riferimento delle attese politiche rivoluzionarie,
avrà delle conseguenze pesanti e che, proprio in quelle ore, dovrà scontare. È
Gesù che si consegna liberamente alla passione (lo dice anche la seconda
preghiera eucaristica) e lo fa per amore al padre, per amore ai discepoli. “Avendo
amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13, 1). Ciò
significa che le giornate finali della vita pubblica di Gesù, prima di essere
un dramma, sono una bellissima storia d’amore, frutto di scelte libere di un
uomo libero, che ha mostrato il cammino di una vita autentica, con gesti e scelte
concrete e, proprio per questo, le sue parole erano comprensibili, perché erano
visibili nel suo stile di vita.
“Gesù
sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e
a Dio ritornava” (Gv 13, 3). Mistero della conoscenza di Gesù del cammino
della sua vita. C’è questa insistenza della conoscenza di Gesù e, in questo
caso, ad un secondo livello di percezione. Non solo, dunque Gesù si consegna liberamente,
ma anche sa molto bene da dove viene e conosce il potere che Dio ha posto nelle
sue mani. Di che potere si tratta? Del potere della vita vera, che non può che
generare amore in coloro che lo accolgono. È quello che Gesù ha fatto durante
la sua vita, amando senza misura, ridonando dignità a chi l’aveva perduta,
abbracciando i lebbrosi, valorizzando chi era umiliato. È il potere di colui che
non ha bisogno di dimostrare nulla al mondo, perché sente che la sua dignità
dipende esclusivamente dallo sguardo del Padre. Ebbene, con nel cuore la
consapevolezza di aver ricevuto tutto dal Padre, si alza da tavola e lava i
piedi ai suoi discepoli. È come se Gesù volesse nascondere questo potere del
Padre nel piccolo gesto del servizio alla sorella, al fratello. Tutte
le volte che ci pieghiamo, che ci poniamo a servizio dell’altro, veniamo a
contatto con il potere di Dio, che è l’amore, la vita autentica, della quale,
in questi frangenti, facciamo l’esperienza e che ci riempie a dismisura il cuore.
“Capite quello che ho fatto per voi?” (Gv 13, 12). Gesù non fa nulla per sé e, in questo modo c’insegna che è proprio vivendo per gli altri che stiamo facendo qualcosa per noi, che realizziamo la nostra natura umana, che è fatta per amare e amare significa andare verso l’altro in modo gratuito e disinteressato. Ecco perché l’eucarestia che celebriamo ogni domenica è il simbolo della vita di Gesù che vogliamo assimilare perché diventi anche la nostra: un corpo spezzato e un sangue sparso per noi. E’ lo Spirito Santo che riceviamo che dovrebbe poter operare in noi, formando un’umanità capace finalmente di uscire dall’angusta vita individualista, per camminare verso l’altro, per accogliere chiunque si presenti al nostro orizzonte, proprio come ha fatto e continua a fare Gesù on ognuno di noi.
Questo è un insegnamento che ci dice che siamo noi che possiamo decidere del nostro destino
RispondiEliminaGrazie