Paolo Cugini
Es
2,1-15. È la storia di una serie di disobbedienze che hanno come protagoniste
delle donne, che non accettano l’imposizione del faraone, che aveva decretato
la morte dei bambini maschi. La storia inizia con la disobbedienza di una mamma
ebrea che non uccide subito il bambino, ma lo tiene nascosto e poi lo mette in
un cestello per deporlo nel fiume. Poi entra in scena la figlia del faraone che
vedendo il bambino “ne ebbe compassione” e si organizza per salvarlo. A questo
punto entra in gioco la sorella del bambino salvato, che aveva accompagnato la
scena da lontano e coinvolge la madre del bambino, che è anche la sua propria
madre. Tutta questa disobbedienza all’ordine del faraone, che vede coinvolte
diverse donne, ha come punto di partenza l’amore alla vita, che provoca la
compassione, che è tale quando fa di tutto per mettere in condizioni il malcapitato
– in questo caso un bambino - per poter vivere.
È un brano che narra la sensibilità misteriosa
delle donne dinanzi alla vita, sensibilità che non segue la ragione – l’ordine
del faraone -, ma il cuore, la coscienza. C’è un grande insegnamento in questa
breve narrazione, che è questo: qualsiasi norma che l’uomo propone deve passare
il vaglio della coscienza, perché è nella coscienza che Dio si manifesta, come
ci ha insegnato il Concilio Vaticano II.
Altro
dato interessante che emerge da questo racconto è il protagonismo delle donne
all’interno di un mondo di maschi e di una narrazione, quella biblica, raccontata
dagli uomini. Come ci insegnano le bibliste, è dal silenzio delle donne nella Bibbia,
che si scoprono i percorsi di Dio nella storia umana: occorre saperli
ascoltare.
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