giovedì 13 aprile 2023

VANGELO DI GIOVANNI CAPITOLO 14

 



 

[Annotazioni di Paolo Cugini]

 

 

In questo vangelo si smentisce quel luogo comune che piace tanto alle persone religiose, che nei manifesti religiosi scrivono: è tornato alla casa del Padre. È una bestialità, oltre un non senso linguistico, oltre un errore teologico: ci sono queste persone che stanno cercando ancora, da qualche parte, la casa del Padre! E vedremo, siamo noi la casa del Padre. Per questo la nostra vita è indistruttibile. L’evangelista divide il capitolo 14, discorso di addio, in tre parti cadenzate dalle tre obiezioni dei tre discepoli.

1 Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Tra poco sta per abbattersi sul gruppo di Gesù una tempesta che può mettere in crisi il gruppo dei discepoli, e Gesù vuol far comprendere che se anche sarà condannato, e la condanna scelta per Gesù viene da gente raffinata, dai sommi sacerdoti, abbiano fiducia in lui. Perché Gesù non è stato lapidato secondo il diritto ebraico? Perché non è stato decapitato, secondo l’uso romano? Perché è stato messo in croce? Perché nella pena che è stata scelta dal capo sacerdotale al potere, c’era bisogno di una pena infamante che eliminasse ogni parvenza di dubbio su Gesù, che non solo non veniva da Dio, ma era il contrario di Dio. Siccome nel libro del Deuteronomio, la legge di Dio, al capitolo 21,23 c’è scritto che chi è appeso al legno è maledetto da Dio, i capi hanno scelto per Gesù la morte degli appesi al legno: è il maledetto da Dio. Gesù sarà condannato in nome di Dio, ma è un Dio che le autorità religiose non conoscono, un Dio assassino che è la proiezione dei loro desideri di potere e di prestigio. Sono le autorità religiose a non credere in Gesù perché non credono in Dio.

vi sono molte dimore. Se no, ve lo avrei detto. Io vado a prepararvi un posto. Qual è il significato di questa espressione? Cosa sono le molte dimore? Gesù non va a preparare degli appartamenti, ma va a preparare dei figli per il Padre, questo è il significato. Più avanti Gesù lo dirà chiaramente che non si tratta di una dimora presso il Padre, ma il Padre (e questo è inaudito, inconcepibile, blasfemo) che viene a prendere dimora fra gli uomini, indicando la piena comunione tra gli uomini e Dio. Nella nuova realtà del regno non c’è più posto per il tempio perché ogni individuo che accoglie il messaggio di Gesù e lo traduce in una pratica che si manifesta nel servizio per gli altri, è la nuova dimora di Dio. Perché ci sono molte dimore? Perché l’immensità dell’amore di Dio, della vita di Dio, non si può manifestare in una sola persona, in una sola comunità, ma attraverso tutti coloro che gli danno adesione Dio si manifesta in forme nuove, in forme inedite.

3 quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, (significa il santuario) e preparare un posto significa rendere i discepoli capaci di un amore totale come il suo. Questo non sarà possibile fino a quando Gesù, morendo sulla croce, non comunicherà lo Spirito, cioè la sua stessa capacità di amore agli uomini. tornerò di nuovo e vi accoglierò presso di me, perché siate anche voi dove sono io. Gesù è sempre nella sfera dell’amore del Padre ed è questa che accoglie i suoi discepoli che, non avendo ancora ricevuto lo Spirito, sono ancora incapaci di accedervi. L’amore che si traduce in servizio è la sfera di Dio, per questo è inaccessibile ai capi religiosi. Questi che anziché servire intendono comandare, che anziché dare vogliono prendere, non possono entrare nella sfera di Dio, per cui quando parlano di Dio parlano di qualcosa che non conoscono.

4 E dove io mi incammino voi conoscete la via. prima ha parlato di andare poi di tornare; quando si va poi si torna, adesso usa il verbo incamminare (e questo provocherà lo stupore dei discepoli) che indica un arrivo verso una meta senza più il ritorno. La differenza è chiara: andare indica poi il tornare e Gesù ha detto quando sarò andato e vi avrò preparato un posto tornerò, adesso invece: dove io mi incammino, indicando una direzione che non prevede un rientro, un ritorno. Questo verbo poi provocherà la reazione di Tommaso.

5 Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove t’incammini, come possiamo conoscere la via?” Questo cammino senza ritorno sconcerta i discepoli di cui Tommaso si fa il portavoce. Tommaso era quello che non aveva detto come Pietro: sono pronto a dare la mia vita per te, ma domani!, nell’episodio di Lazzaro aveva detto: andiamo anche noi a morire con lui. Tommaso è disposto a morire con Gesù, ma ancora non è in grado di morire come Gesù. Non sa ancora quale sarà la morte infamante alla quale Gesù andrà incontro. Per Tommaso la morte è la fine della vita, però intuisce una novità che ora non riesce a comprendere e dice: non sappiamo dove t’incammini, come possiamo conoscere la via. C’è una importante definizione radicale, 6 Gesù disse: “Io sono, quando Gesù dichiara Io sono, non è un attestato di esistenza, presenza, ma è il nome di Dio.

la via, la verità e la vita. Gesù risponde alla replica fatta da Tommaso: non sappiamo dove ti incammini, come possiamo sapere dove andare. È l’occasione per Gesù per dare una importantissima definizione teologica, spirituale, esistenziale. Gesù dice: Io sono, cioè rivendica la pienezza della condizione divina, la via, la verità e la vita. Gesù per prima cosa mette un vocabolo che ha una connotazione dinamica, non statica. Essere in sintonia con Gesù non significa una adorazione, contemplazione della divinità, un qualcosa di empatico, ma un dinamismo vitale che si esplicita, nel vangelo, attraverso quello che comunica vita.

Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7 Se voi mi conosceste, il verbo conoscere adoperato nella bibbia è lo stesso che indica i rapporti coniugali, non è una conoscenza che riguarda il sapere, ma una profonda esperienza intima.

anche il Padre conoscereste: Gesù lamenta che i discepoli nonostante che da tanto tempo hanno vissuto insieme a lui, condiviso momenti intensi, significativi, ancora non lo conoscono. Infatti Gesù dice: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto. Loro conoscono Gesù, l’uomo, il profeta, il galileo e anche il Messia, ma fanno difficoltà a capire che in un uomo ci sia la pienezza della condizione divina. Per loro Dio è un’entità lontana dall’umanità, separata, distante e che Dio si possa manifestare in un uomo risulta difficile e incomprensibile a Tommaso come a noi (abbiamo le stesse difficoltà).

Se voi mi conosceste anche il Padre conoscereste: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto, Gesù parla al passato: lo avete visto il Padre. Ma quando lo abbiamo visto? Nella lavanda dei piedi! Quell’uomo che vi ha lavato i piedi era Dio. Ma erano abituati alla tradizione religiosa di onore, di venerazione, di rispetto per Dio, non era possibile pensare a un Dio che lavava i piedi, la parte più sporca e impura dell’individuo! Erano abituati dalla religione che insegnava che dovevano purificarsi per accedere al Signore.

8 Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. S’accontenta di poco. Gesù ha condizionato la conoscenza del Padre a se stesso, ma Filippo non comprende e continua a distinguere Gesù da Dio. Quando Gesù l’ha invitato (Filippo è uno dei primi discepoli che ha seguito Gesù), Filippo andò da un altro, da Natanaele e gli disse: abbiamo trovato colui che è scritto nella legge di Mosè, Gesù figlio di Giuseppe di Nazaret. Per Filippo Gesù è figlio di Giuseppe. Gesù non è capibile dai discepoli come il Dio che a loro si manifesta. Per loro è l’uomo di Nazaret, sarà un profeta, sarà un messia, ma sempre un uomo. Nonostante il tempo trascorso con Gesù, l’aver partecipato a tanti episodi – Filippo è il protagonista della condivisione dei pani e dei pesci – non ne ha capito ancora l’identità.

  9 Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai ancora conosciuto, Filippo? Gesù lo rimprovera, ed ecco una importante definizione che cambia radicalmente il concetto di Dio: Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? La tradizione religiosa può talmente condizionare l’individuo da impedirgli l’esperienza del Padre, anche quando si manifesta chiaramente, come nel caso di Gesù. Filippo, da tanto tempo con Gesù, non ha ancora percepito in lui la presenza di Dio, Gesù è l’unica fonte per conoscere Dio, il Padre è esattamente come Gesù. Ritornando all’espressione che abbiamo visto fin fai primissimi incontri commentando il prologo, in cui l’evangelista dice: Dio nessuno lo ha mai visto, il Figlio unigenito che è Gesù lo ha rivelato, significa che non Gesù è uguale a Dio, ma Dio è uguale a Gesù. Se io dico che Gesù è uguale a Dio, significa che in qualche maniera conosciamo Dio. No. Gesù non è uguale a Dio, ma Dio è uguale a Gesù e fin dall’inizio l’evangelista ci invita alla massima attenzione su quello che Gesù fa e dice, perché lì si manifesta Dio. Se questo è vero, il Dio della religione, il Dio che mette paura, il Dio che minaccia e soprattutto il Dio che castiga è una falsità inventata dai sacerdoti per dominare le persone e non ha nulla a che vedere con il Dio di Gesù, perché il Dio di Gesù è amore. L’amore non giudica, non condanna, non castiga, ma si offre. La caratteristica per conoscere quando il messaggio viene da Gesù o no è che l’amore può essere soltanto offerto; quando viene imposto non si chiama più amore, ma violenza. È la religione che obbliga, che impone perché i rappresentanti della religione sono i primi a non credere nel messaggio che impongono.

10 Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Abbiamo visto la difficoltà di credere a questo perché la religione aveva reso Dio lontanissimo dagli uomini, distante, inaccessibile e non era comprensibile, era inammissibile che Dio, il grande Dio, il creatore che secondo la bibbia sta nell’altissimo dei cieli potesse manifestarsi in una persona. Gesù dice io sono nel Padre e il Padre è in me. Le parole (attenzione al termine parole) che io dico non le dico da me; ma il Padre che dimora in me (ci saremmo aspettati proclama le sue parole) fa le sue opere. Le parole diventano all’improvviso delle opere. Anzitutto Gesù ribadisce l’assoluta sintonia tra lui e il Padre, come l’adesione dell’uomo-Gesù è dinamica, è sempre in movimento, così quella di Gesù al Padre gli consente di esercitare le sue stesse opere prolungando la sua azione creatrice

11 Credetemi io sono nel Padre e il Padre è in me; Gesù insiste che il Padre e lui sono un’unica cosa e vedremo perché, se non altro credetelo per le opere stesse. Quando abbiamo iniziato il vangelo di Giovanni, abbiamo detto che è stato un vangelo sempre snobbato, censurato, ritenuto difficile o comunque fuori dalle norme ed è stato liquidato come il vangelo spirituale. Un vangelo non adatto a gente normale, ma per i mistici, per persone molto spirituali. Che paradosso! Quello che è stato considerato l’evangelista spirituale è quello che più degli altri, nel suo vangelo, porta il termine opere che vi appare per 28 volte, contro le 6 volte di Matteo e le 2 volte di Marco e Luca. Credetemi io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro credetelo per le opere. È un verbo molto importante. Come facciamo a sapere se una dottrina proviene o no da Dio, se una verità proclamata giunge dal Signore o è un inganno dell’altro? Le opere dimostrano la verità, gli effetti della parola dimostrano la verità o no. Le opere di Gesù sono tutte tese a restituire la vita e sono la prova che sono le opere del Padre, il datore della vita, il creatore che continuamente alimenta la vita nelle sue creature. Tutte le opere di Gesù sono a favore dell’uomo, a favore della sua vita, a favore della sua felicità, della sua salute. Questo è l’unico criterio di credibilità. Quando un messaggio provoca in noi maggiore vita, ci fa sentire sereni, ci fa sentire felici e dà l’euforia della libertà: è la garanzia della provenienza divina.

13 E qualunque cosa, cioè per questo, chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. A conferma di quanto Gesù ha dichiarato, conferma per questa attività a favore degli uomini, che i discepoli andranno man mano trasformandosi e assomiglieranno sempre di più a lui. Nel mondo orientale nel nome di qualcuno, significava in rappresentanza, in identificazione e non significa la scorciatoia come noi abbiamo scelto: che qualunque cosa chiederete nel nome mio la farò e abbiamo inventato la formula - per Cristo nostro Signore e non otteniamo niente. Non è l’invito ad usare una formula liturgica infallibile: te lo chiediamo per Cristo nostro Signore, non è questo. Gesù dice: qualunque cosa chiederete nel nome mio, cioè nella misura che vi siete identificati, nella misura che mi assomigliate, perché l’accoglienza di questo amore, di questa potenza di vita inevitabilmente ci trasforma non rendendoci più divini, ma più umani. Prima vedevamo la strada più difficile scelta da Gesù: non un uomo che sale verso Dio divinizzandosi, ma un Dio che si incarna nell’uomo umanizzandolo. Più saremo umani, più svilupperemo il divino che è in noi. Gesù collabora e potenzia l’attività dei discepoli perché in essi vede la sua stessa attività. Se noi seguiamo la via tracciata da Gesù vediamo che non c’è nulla di più importante al mondo del bene dell’uomo, nulla deve essere anteposto a questa profonda verità.

E per la prima volta nel vangelo Gesù parla di amore rivolto a se stesso

 15 Se mi amate, finora non ha chiesto di amare lui, finora ha reso i discepoli capaci di amare. Questo capitolo segue il 13 che iniziava in maniera solenne: Gesù avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine e dove ci saremmo aspettati un grande discorso, una solenne manifestazione c’è lo shock di Gesù che interrompe la cena e si mette a lavare i piedi dei discepoli. È l’amore che non diventa reale se non si traduce in servizio. Solo dopo aver reso i discepoli capaci di amare con una dimostrazione totale di amore, addirittura quella di un servo, solo adesso dice: se mi amate, osserverete i comandamenti, e sottolinea, quelli miei. La novità di Gesù non può essere inserita, compresa, nell’antica alleanza. C’è bisogno di una relazione completamente nuova, per questo quando Gesù ha lasciato l’unico comandamento alla sua comunità ha detto: vi lascio un comandamento nuovo, non un nuovo comandamento che vada ad aggiungersi a quelli di Mosè, ma un comandamento nuovo di una qualità che soppianta tutti gli altri. Gesù sottolinea che i comandamenti sono quelli suoi, però ci disorienta. Quali sono? Ha detto vi lascio un comandamento: amatevi fra di voi come io vi ho amato. Adesso osserverete i comandamenti quelli miei. È uno o quanti sono? Se avesse detto: se mi amate osserverete i comandamenti, uno avrebbe detto: sono i comandamenti di Mosè. Invece Gesù sottolinea osserverete i comandamenti quelli miei. Ma dove sono? Se sfogliamo indietro non ci sono.

16 e io chiederò al Padre ed egli vi darà un altro Paraclito, è un termine che usa soltanto Giovanni ed è difficile tradurre in italiano perché non esiste un equivalente. L’ultima edizione della C.E.I. è tornata a mettere il termine greco anziché un’eventuale traduzione italiana. Il termine è Paraclitos, ed ha il significato di colui che viene chiamato vicino a sé in aiuto può essere tradotto in vari modi, secondo le circostanze dove il termine 15 è impiegato. Può essere chiamato aiuto, difensore, protettore e noi sceglieremo questo, soccorritore, avvocato, intercessore. La vecchia traduzione della C.E.I. l’aveva tradotto giustamente con consolatore, ma ora è ritornata alla dicitura greca. La gente trova il termine Paraclitos e non sa cosa è lo spirito Paraclitos. La vecchia traduzione era buona solo che andava spiegata. Per noi consolare, confortare sono due verbi dallo stesso significato, non così in greco, dove si distingue tra confortare e consolare. Consolare non è un conforto, ma è l’eliminazione alla radice della causa della sofferenza

17 lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, per la prima volta appare in Giovanni la formula Spirito di verità, lo Spirito forza dell’amore è colui che rivela la verità di Dio, amore che si fa servizio degli uomini, che il mondo non può ricevere. Non si intende in Giovanni il creato, ma il sistema che regge la società. Se Dio è amore che si fa servizio, come può essere accolto in una società dove il potere domina le persone? Gesù, l’evangelista sta dicendo qualcosa di drammatico: tutti quelli che occupano posti che in qualche maniera sono di potere, anche religioso, sono completamente refrattari all’azione del Signore perché lo Spirito di verità non può essere ricevuto da chi tenta di dominare e di comandare la vita degli altri. La forma verbale adoperata dall’evangelista: non può ricevere in greco indica che mai, neanche una sola volta potrà ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Il vedere e il conoscere sono poste come condizioni per ricevere lo Spirito di verità, atteggiamenti che nel vangelo di Giovanni sono proprio le autorità religiose a non avere.

Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Lo Spirito rimane sugli uomini come al momento del battesimo. Giovanni Battista dice: vedo lo Spirito scendere su di lui e rimanere su di lui (Gv.1,32). Lo Spirito è immaginato come una colomba che ritorna al suo nido. La comunità dei seguaci di Gesù è il nido dello Spirito, dove esso rimane. La sintonia della comunità con lo Spirito la rende una comunità di profeti: mantenendo vivo il messaggio del Signore, questo l’aiuta a discernere tra la parola della verità (lo Spirito di verità) e le tante parole menzognere.

20 In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi. Gesù ci sta preparando a quello che poi citerà nel versetto 23 che ognuno di noi è l’unica dimora di Dio, per questo dicevo all’inizio che non è vero che si torna alla casa del Padre, è il Padre che vuole che ognuno di noi diventi la sua casa, la sua dimora. Quello che Gesù sta dicendo è estremamente pericoloso… perché sta distruggendo l’istituzione religiosa: la sfera divina in cui è Gesù, non lo allontana dai discepoli, ma rende più intensa la comunione, l’identificazione con i suoi. Gesù sta dicendo che la comunità è il luogo unico, irripetibile e definitivo santuario nel quale si irradia l’amore di Dio all’umanità. È finita l’epoca dei templi, l’esperienza della presenza di Gesù in seno alla comunità è la prova della sua condizione divina. L’aver sperimentato Gesù vivo era la prova che lui era Dio.

21 Chi ha i miei comandamenti, i comandamenti di Gesù non sono norme esterne all’uomo, ma chi ha, cioè chi li ha interiorizzati. L’evangelista dice: i comandamenti miei ed è dal capitolo 13 che Gesù prende le distanze dai comandamenti di Mosè. Gesù ha proclamato una nuova alleanza, e il rapporto che ha proposto con Dio è completamente diverso da quelli conosciuti in ogni sistema religioso, anche giudaico. Mosè, il servo di Dio, aveva imposto un’alleanza tra dei servi e il loro Signore, basata sull’obbedienza. Gesù che non è il servo di Dio, ma il Figlio di Dio, propone (mai impone) un’alleanza non tra i servi e il loro Signore, ma tra dei figli e il loro Padre, non basata sull’obbedienza della legge, ma sull’accoglienza del suo amore. Gesù ha dovuto formulare una nuova relazione con il Padre e l’ha espressa lasciando ai suoi non un comandamento da aggiungersi a quelli che vi erano: non vi dò un nuovo comandamento (avete quelli di Mosè, adesso aggiungo questo), ma vi dò un comandamento nuovo, di una qualità che soppianta tutti gli altri.

23 Gli rispose Gesù: Se uno mi ama, osserverà la mia parola, prima aveva detto: chi ha i comandamenti, questo mi ama; qui c’è la parola. L’evangelista unifica comandamenti e parola. La parola di Gesù, la parola creatrice è quella che si formula nei comandamenti che sono sempre positivi e a favore del bene dell’uomo. C’è una parola che si manifesta nei comandamenti. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui. nella storia delle religioni non si conosce nulla di simile.

24 Chi non mi ama, non osserva le mie parole; ama il Signore chi prende la sua parola, parola a favore dell’uomo, parola creatrice, chi non osserva le sue parole, questi non lo ama e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Gesù è la parola di Dio e con Gesù la parola non si manifesta in un testo scritto, ma nella carne viva di una persona in un movimento dinamico di vita. Mentre quello che è scritto, una volta scritto rimane per sempre, la parola di Dio che si manifesta in una persona, è continuamente nuova. Gesù, parola di Dio conferma la piena comunione con il Padre. In Gesù il Padre continua la sua azione creatrice, liberatrice nei confronti dell’umanità e chiede a noi di essere collaboratori.

27 Pace lascio a voi, normalmente quelli che rimanevano salutavano chi partiva, qui è il contrario, Gesù che parte fa gli auguri a chi rimane. Vuol far comprendere quello che in questo capitolo ha più volte ripetuto: la sua assenza non sarà un danno, una perdita, ma sarà addirittura un guadagno e dice: pace lascio a voi. Conosciamo il termine ebraico shalom, tradotto con pace, che non indica soltanto il nostro termine pace, ma tutto quello che concorre alla pienezza della vita dell’individuo. Gesù sta augurando felicità piena. Tra poco sarà arrestato, ammazzato come un criminale e prima di partire è lui che fa gli auguri ai discepoli, non i discepoli a lui ed addirittura augura a loro la pace piena. E tante volte non avessero capito dice: pace, quella mia dò a voi. Gesù comunica loro la pienezza della pace, della felicità, della condizione divina. Ritorna la contrapposizione con il mondo. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore, né abbattuto. ecco l’invito. Gesù parte ed é lui che augura felicità e pace ai discepoli anziché i discepoli a lui; assicura e dona loro la sicurezza di un cammino senza pericoli. Lasciandoli dice: la pace, quella mia, io la do a voi e soprattutto toglie a loro il turbamento, la paura. Qual è il significato di questa espressione? Il potere per governare deve incutere paura, deve terrorizzare perché quando la gente è vittima della paura, non fa più progetti per il futuro e cerca di conservare quello che è e quello che ha, senza guardare al futuro ed è quello che vuole il potere. Chi domina, chi comanda, vuole che la situazione rimanga così come è. Ogni minimo cambiamento ed ogni novità è vista come un attentato alla propria sicurezza: il potere determina la paura, l’amore lo toglie. Gesù dice non sia turbato il vostro cuore perché dò la pace.

 


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