domenica 18 giugno 2023

OMELIA DOMENICA 18 GIUGNO 2023

 




XI DOMENICA

Es 19,2-6a; Sal 99; Rm 5,6-11; Mt 9,36-10,8

 

 

Paolo Cugini

Nelle domeniche del tempo comune riflettiamo sulle caratteristiche che dovrebbero avere coloro che seguono Gesù. Per compiere tale cammino è necessario la disponibilità al cambiamento, l’umiltà per lasciarsi mettere in discussione dalla Parola del Maestro. È un percorso che non è semplice perché incontriamo dentro di noi le resistenze al cambiamento, la difficoltà di un cammino che richiede un atteggiamento di fiducia nei confronti della Parola di Dio.

In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore (Mt 9,36). Il primo atteggiamento interiore necessario per seguire le orme del Maestro consiste nell’imparare a sentire compassione nei confronti di coloro che incontriamo nel nostro cammino. L’annuncio del Vangelo, dello stile nuovo di vita inaugurato da Gesù, non è un insegnamento che si trasmette dalla cattedra ma è, prima di tutto, la comunicazione di vita nuova che sgorga da un atteggiamento di empatia nei confronti dei fratelli e delle sorelle che vengono al nostro incontro. Sentire le sofferenze degli altri con il desiderio di aiutarli a mettersi in cammino verso una vita di pienezza è il pinto di partenza dei discepoli del Maestro che, vedendo le folle, ne sente compassione. Diventiamo cristiani e comunità generative, che sanno stimolare processi di cambiamento, solamente se apriamo il nostro cuore all’amore del Signore, all’azione del suo Spirito, che ci aiuta a vedere gli altri con uno sguardo nuovo, attento a loro, desideroso di comunicare vita.

Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità (Mt 9,37). È impossibile comunicare vita se l’anima è intasata da realtà contrarie e antagoniste all’amore di Dio. È impossibile essere portatori di pace in un contesto malato e contaminato dall’odio. Per annunciare il Vangelo occorre prima di tutto liberare il terreno, creare le condizioni. Lo spirito impuro indica una malattia spirituale tipicamente religiosa. Impuro è l’invenzione della religione per controllare le persone e farle sentire indegne di accostarsi a Dio. I sacrifici, le abluzioni, sono tutti precetti messi in atto dagli uomini del tempio, per sottomettere gli uomini e per ricavarne un profitto. Non a caso, nel tempio c’era il tesoro che raccoglieva i soldi di tutto ciò che gli uomini versavano per poter fare i loro riti e accedere al tempio. Gesù dichiara fallito questo sistema e, di conseguenza, dà potere ai discepoli di liberare gli uomini e le donne da questa schiavitù. Per poter aiutare le persone a liberarsi dei lacci degli uomini del tempio, occorre che prima di tutto il discepolo si sia liberato da questa schiavitù religiosa. E’ questo il potere che Gesù dona a coloro che lo seguono: mostra loro il grande inganno e la grande farsa della religione del tempio, che invece di avvicinare gli uomini e le donne a Dio, li allontana. Gesù mostra con il suo stile di vita, con il suo essere venuto in mezzo a noi spogliandosi di tutto, che Dio è accessibile a tutti e a tutte e non ha bisogno di alcun filtro religioso. Inoltre, di che malattia e di che cure Gesù sta parlando? A questo livello è possibile indicare varie interpretazioni a partire dal contesto in cui ci si trova ad annunciare il Vangelo. Dalle nostre parti, vale a dire in Occidente, le malattie che non permettono al Vangelo di entrare e portare frutto sono l’attaccamento al denaro, lo spirito di antagonismo, la dinamica meritocratica, che stimola l’individualismo e il desiderio di primeggiare sugli altri a qualsiasi costo. Queste malattie vanno curate, perché non permettono al Vangelo di entrare. Anche qui vale quello che dicevamo poco sopra. È impossibile applicare questa cura se prima i discepoli e la discepole non si sono lasciati guarire dal Signore, liberandosi dalle vanità e dalla ricerca ostentata della gloria degli uomini.

Questi sono i Dodici che Gesù inviò (Mt 10,5). Passiamo da una vita anonima ad avere un nome proprio quando rispondiamo all’appello del Signore. La nostra vita viene modellata gradualmente conforme all’immagine del Signore che scopriamo nel nostro cammino e che contempliamo ogni giorno della nostra vita. È questo il grande dono che Lui ci fa: la vita! Vivere significa realizzare noi stessi come persone capaci di amare. Gesù invia delle persone che, durante il cammino di sequela, diventano nomi propri la cui identità giorno dopo giorno diventa sempre di più conforme al Vangelo. Chi si lascia trasformare dall’amore del Signore non rimane più vittima del proprio egoismo, che stimola la ricerca della realizzazione di se stessi, ma diviene disponibile alla vita nuova, alla realtà del Regno di Dio. Questo è il compito della Chiesa, che è tale quando fa di tutto per condividere gratuitamente ciò che ha ricevuto. Gesù ci chiama per inviarci. La comunità ha senso quando diventa strumento generativo di vita, possibilità che il Signore pone nel mondo affinché tutti possano abbeverarsi dell’acqua nuova che sgorga dalla vita nuova della comunità.

Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino (Mt 10,7). Il regno si è avvicinato al mondo prima di tutto nella vita di Gesù e poi nella comunità. L’annuncio che la comunità fa di una vita piena, dev’essere visibile nello stile evangelico della comunità, che è chiamata a dimostrare che esiste un pezzetto di umanità nel mondo che non è più dominato dai meccanismi di potere, di egoismo e di antagonismo, ma unicamente dall’amore gratuito ricevuto dallo Spirito del Signore. Quando questo avviene, l’annuncio del Regno di Dio diviene possibilità concreta, perché già visibile in coloro che l’annunciano.

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