VI DOMENICA DI PASQUA/B
Paolo
Cugini
È Gesù che apre i cuori e le menti di chi lo ascolta
e interiorizza la sua Parola. È lui che permette all’umanità di comprendere il
senso delle cose, così come le ha pensate il creatore. Fare spazio alla
rivelazione permette alla Parola di smantellare dall’interno le idee sbagliate,
le false teologie, le dottrine elaborate nei secoli da chi deteneva il potere
religioso e che ha utilizzato la religione per manipolare le coscienze. Il
Vangelo, per chi lo accoglie, è una forza liberante, perché permette di viere
la realtà in un modo nuovo, non più soggiogato da leggi imposte dagli uomini,
leggi passate come se fossero parola di Dio, mentre non sono altro che
sotterfugi umani per controllare le persone. Il tempo di Pasqua che stiamo
vivendo, ci aiuta a cogliere la presenza del risorto nella storia quotidiana
per continuare quel cammino di liberazione iniziato ascoltando la sua Parola.
Non basta, infatti, l’ascolto della Parola: occorre ascoltare quegli eventi in cui
si manifesta la novità che il risorto ha manifestato e continua a manifestare.
“In
verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie
chi lo teme e pratica la giustizia a qualunque nazione appartenga” (At 10,
34-35). Pietro, vedendo la conversione del pagano Cornelio capisce che davvero
Gesù è il Signore di tutti (At 10,36), che non fa esclusione di nessuno e che
chiunque può accedere alla salvezza. Pietro capisce che il Signore risorto è
all’opera nel cuore di chiunque lo accoglie, in questo caso specifico, del
pagano Cornelio. Nella conversione di Cornelio si realizzano le profezie
messianiche che annunciavano il cammino di salvezza per gli uomini e le donne
di tutti i popoli. “Alla fine dei giorni – dice Isaia – il monte del
tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli
e ad esso affluiranno tutte le genti” (Is 2,2). Gli fa eco, qualche secolo
dopo, il profeta Zaccaria: “Popoli numerosi e nazioni potenti verranno a
Gerusalemme a cercare il Signore degli eserciti e a supplicare il Signore”
(Zc 8, 22). E’ ascoltando la realtà, prestando attenzione agli eventi che
Pietro si accorge che la forza del Signore risorto è all’opera nella storia
degli uomini e delle donne, forza che tocca i cuori e le menti ed è capace di
produrre cammini nuovi. La presenza del Signore nella storia ha manifestato a Pietro
il vuoto, la nullità delle dottrine in cui credeva, e la nuova possibilità di
una vita autentica, libera per costruire nuove relazioni umane aperte a tutti perché,
come ricorda san Paolo, sulla stessa linea della scoperta di Pietro: “Non c’è
giudeo né greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti
voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28). Non si tratta, dunque, appena di
religione, di credenze, ma della possibilità di rifondare un’umanità nuova, non
più misurata da una stirpe, da una razza o da un’appartenenza privilegiata, ma
dall’unica appartenenza a Gesù Cristo che ci ha resi tutti fratelli e sorelle
con pari dignità.
“Questo
vi comando che vi amiate gli uni gli altri” (Gv 15, 17). Sulla linea del
testo degli Atti degli Apostoli appena commentato si muove sia il testo del
Vangelo di oggi che la secondo lettura, in cui, sempre Giovanni ricorda ai
membri della sua comunità che, siccome Dio è amore, dobbiamo amarci gli uni gli
altri (cfr. 1 Gv 4,7s). La comunità che segue il Maestro e che lo riconosce
presente nella storia è chiamata a tessere relazioni nuove, non più basate sull’antagonismo,
le rivalità meschine mosse dall’istinto di sopravvivenza, ma dall’amore reciproco
che non fa distinzione di persone. Sono significative queste parole di Gesù,
riprese poi da Giovanni nella sua lettera, rivolte ai suoi discepoli prima di
morire. Non c’è nessun riferimento alla partecipazione di culti, di riti, di
feste liturgiche o di sacrifici, ma l’unica vera preoccupazione è lo stile nuovo,
di amore reciproco, che deve caratterizzare i membri della comunità da Lui
fondata. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore
gli uni per gli altri” (Gv 13, 35). Del resto, gli stessi profeti ricordavano
che Dio desidera la misericordia più che i sacrifici (cfr. Os 6,6), l’attenzione
ai fratelli e alle sorelle, soprattutto ai più piccoli e ai più poveri,
piuttosto che perdere tempo con la formalità dei riti.
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