Zc 9, 9-10; Sal 144; Rm 8,
9. 11-13; Mt 11, 25-30
Paolo Cugini
Il capitolo 11 del
Vangelo di Matteo apre la sezione del mistero del Regno dei cieli che, al
capitolo 13, presenta le sette parabole del Regno. Il contenuto del capitolo
riporta la resistenza e il rifiuto manifestato nei confronti della proposta di
Gesù. Nonostante i miracoli realizzati e riportati nei capitoli 8 e 9 nella
sezione sulla predicazione di Gesù, c’è un rifiuto netto da parte di una
generazione che non accetta Gesù come figlio di Dio. Probabilmente il popolo d’Israele
e, soprattutto, i suoi capi religiosi, si aspettavano qualcosa di diverso. È all’interno
di questo quadro che vanno lette le parole che oggi il Vangelo ci propone, che
sono i versetti conclusivi del capitolo 11.
Ti rendo lode, Padre,
Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e
ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso
nella tua benevolenza (Mt
11,25). Ad una lettura superficiale queste parole di Gesù potrebbero apparire
come un rifiuto della conoscenza e della sapienza, come se fossero di ostacolo
alla comprensione dei misteri del Regno. In realtà Gesù non sta parlando della sapienza
in generale, ma di uno specifico tipo di sapienza: quale? Il riferimento è a
quel tipo di sapere che pretende di conoscere Dio al punto di fargli dire
quello che Lui non ha mai detto. È la sapienza degli scribi, dei farisei, dei
dottori della legge che, nel tempo, hanno prodotto una pericolosissima
identificazione, quella tra Dio e i precetti da loro inventati, per cui,
secondo loro, è possibile arrivare a Dio solamente attraverso l’obbedienza di
una serie infinita di regole, precetti e riti, che non fanno altro che produrre,
in coloro che provano a seguirli, tutta una serie di sensi di colpa che
imprigionano le persone. Gesù, dinanzi a questa situazione, afferma che la
conoscenza che viene da Dio non è accessibile alla sapienza proposta dai
dottori della legge, ma esige un cammino nuovo di conversione e disponibilità. I
piccoli a cui vengono dischiuse le porte della sapienza di Dio sono i discepoli
e le discepole, coloro che attratti dalla bontà della proposta del Signore, si
sono messi in cammino dietro di Lui. La rivelazione della presenza di Dio nella
storia avviene non attraverso l’obbedienza di precetti umani, ma seguendo il
cammino tracciato dal Signore.
Tutto è stato dato a me
dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il
Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo (Mt 11, 27). Questa è la conoscenza
che siamo chiamati ad assumere: d’ora innanzi il mistero di Dio è manifestato
nel Figlio e lui lo rivela solamente a coloro che lo seguono. È, infatti,
ascoltando la sua Parola e cercando di metterla in pratica che si scopre che, la
sapienza del Signore, si manifesta nell’amore ai fratelli e alle sorelle che
incontriamo nel cammino della vita. È andando dietro a Lui che scopriamo che l’essenziale
della vita non sta nelle cose, nel denaro, nel possesso dei beni, ma nell’accoglienza
dell’altro, nello sforzo costante di migliorare la qualità delle nostre
relazioni. È strano constatare come i capi religiosi abbiano rifiutato questa proposta di Gesù. Strano, considerando anche il fatto, che i profeti della
Prima Alleanza avevano annunciato lo stile che il Figlio di Dio avrebbe assunto
venendo in mezzo agli uomini e alle donne per annunciare la buona novella. Non
a caso la liturgia, nella prima lettura, ci ha proposto alcuni versetti del profeta
Zaccaria che ci ricorda proprio la bontà di questa novità: Ecco, a te viene
il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro
figlio d'asina. Farà sparire il carro da guerra da Efraim e il cavallo da Gerusalemme, l'arco
di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni (Zc 9,9-10). Zaccaria
è il profeta che accompagna i lavori della costruzione del secondo Tempio verso
il 520 a. C. Proprio in questo contesto di ricostruzione, che è anche un
contesto segnato dalla gioia del ritorno e dalla possibilità di vivere
nuovamente nella propria terra, che Zaccaria ricorda al popolo il modo in cui
il messia si manifesterà. In sintonia con le profezie del Primo Isaia, che predicava
al popolo nel regno del Nord verso l’VIII secolo a. C., il profeta afferma che
il messia-re non verrà cavalcando un cavallo con la potenza delle armi e degli
eserciti per fare guerra, ma giungerà a noi con umiltà, su di un asino, per
distruggere gli strumenti di guerra e portare la pace. D’ora innanzi, con la
presenza del Signore, dovremo imparare a cercare Dio nei segni deboli della
pace tra i popoli, in un atteggiamento di umiltà e mansuetudine. È questa
novità che non piace a coloro che avevano fatto della religione un potente strumento
di controllo del popolo e arma per i conflitti con le Nazioni.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio peso leggero (Mt 11,29). È questo il cammino che dobbiamo compiere: deporre il gioco pesante e oppressivo della religione fatta di precetti e di leggi, che non fanno altro che appesantire il nostro cammino e la nostra mente, devastando la nostra anima con i sensi di colpa, per accogliere la dolcezza della proposta di Gesù, che, liberandoci dal peso della religione, ci permette di camminare liberi per vivere in pienezza di vita l’esperienza dell’amore condiviso con i fratelli e le sorelle che incontriamo nel cammino. Compiere il passaggio che ci conduce dalla religione alla fede, significa passare dalla stanchezza al riposo, da una vita oberata dal peso della fatica di andare verso Dio con i precetti, sperimentando ogni giorno la nostra incapacità, per accogliere il dono di un Dio che viene verso di noi con il Vangelo del Figlio, per invitarci a fare della nostra vita un'esperienza di amore gratuito e disinteressato. Buon cammino.
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