VIGILIA DI NATALE 2023
Is 62, 1-5; Sal 89; At 13, 16-25; Mt 1, 1-25
Paolo Cugini
Per
amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché
non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come
lampada. Allora le genti vedranno la tua giustizia (Is
62, 1.2). È un desiderio di giustizia che viene espresso dai
versetti di Isaia che abbiamo ascoltato in questa notte santa. Le prime parole
del Natale che la presenza di Gesù manifesta nel mondo è proprio questa: una
grandissima voglia di giustizia, che rivela la pesantezza di una vita segnata
dall’ingiustizia degli uomini. Ingiustizia che si manifesta nelle tante situazioni
di povertà e miseria umana, frutto di prevaricazioni, di scelte arroganti e
interessate sulle spalle dei poveri, considerati come moneta di scambio. È una
storia che già i profeti raccontavano, ma che è ancora all’ordine del giorno. C’è
un’umanità che sembra incapace di uscire dalle strette maglie dell’ingiustizia,
che si manifesta a tutti i livelli del tessuto sociale. Troviamo, infatti,
situazioni di ingiustizia nella vita politica, economica, ma anche nelle
relazioni quotidiane nelle quali siamo coinvolti. La domanda, a questo punto, è
più che lecita: c’è un cammino che ci può liberare dall’ingiustizia? C’è
possibilità di giustizia nel mondo
Genealogia di Gesù Cristo
figlio di Davide, figlio di Abramo (Mt 1,1).
Che
tipo di riflessione fare dinnanzi alla narrazione della genealogia di Gesù
narrata dal Vangelo di Matteo? La prima considerazione è che non si è voluto
abbellire la storia degli antenati di Gesù, cioè non c’è stato il tentativo di
modificare i dati, scegliere i migliori. La ricostruzione fatta da Matteo presenta
uno spaccato dell’umanità così com’è, senza abbellimenti o scelte per mettere
in luce solo gli aspetti positivi dei suoi antenati. E così, assieme ad Abramo,
Isacco e Giacobbe, troviamo Salomone che, ad un certo punto del cammino, perde
la testa a causa delle molte donne che aveva nell’arem, al punto da introdurre gli
idoli delle donne straniere tra i culti di Israele. E poi Geroboamo, suo
figlio, causa della divisione dei due regni d’Israele. Tra i primi della lista
genealogica c’è Giuda, un personaggio ambiguo che ha un caso a sua insaputa con
la nuora Tamar. Insaputa perché Tamar si traveste da prostituta per ingannare
il suocero, che dimostra di non essere un tipo troppo fedele. Continuando la
storia troviamo Raab, definita prostituta dal testo biblico, ed è colei che accoglie
gli uomini di Israele in perlustrazione della terra di Canaan e che al ritorno
erano inseguiti da uomini del territorio. Raab offre protezione a loro in
cambio della libertà. Proprio Raab, sposa di Salmon, diverrà parte della
dinastia davidica perché madre di Booz, che sposerà la moabita straniera Rut,
che darà al mondo Jesse, padre di Davide, il quale era tutto fuorché uno stinco
di santo. Tra i vari personaggi che incontriamo nell’albero genealogico di Gesù
c’è Acaz, che potremmo definire il simbolo della mancanza di fede, perché,
sollecitato dal profeta Isaia, si rifiuta di chiedere un segno della presenza
di Dio in mezzo al popolo, manifestando una chiusura estrema in se stesso e
nelle proprie paure. Troviamo, poi, Manasse che ne fece di tutti i colori:
praticò la magia, la divinazione, considerate in modo fortemente negativo da
JHWH, oltre ad avere costruito altari nella terra di Israele a varie divinità.
Ad equilibrare la situazione ci pensa suo nipote Giosia, autore di una profonda
riforma religiosa, che tuttavia, non servirà a modificare le sorti di Israele,
ormai destinato all’esilio in Babilonia. Ce n’è, dunque, di tutti i colori,
come di fatto sono i tratti della variegata diversità dell’umanità.
Ebbene,
questo testo ci vuole dire che Gesù non ha fatto una scelta venendo al mondo,
non ha scartato quel pezzo di umanità che ha disobbedito ai comandamenti di
Dio. Non ha scelto la parte dei bravi, di quelli che compiono il dovere e
obbediscono alla Legge. Gesù ha assunto la nostra carne, la nostra umanità
nella sua totalità: si è rivestito della nostra umanità, così com’è, senza
trucchi, senza ipocrisie. Gesù è divenuto uno di noi e ha condotto un’esistenza
umana rivestito, se così si può dire, della nostra carne e, con questa carne,
ha vissuto ina vita amando senza riserve, donando se stesso gratuitamente,
amando i suoi che erano nel mondo sino alla fine. Per questo è motivo di grande
speranza per tutti noi. Questa notte è come se ci dicesse: “carissime amiche e
carissimi amici, vedete che è possibile vivere in modo autentico! Ce l’ho fatta
io, ce la può fare ciascuno di voi”.
È possibile vivere in modo autentico come ha
fatto Gesù, proprio perché Lui lo ha fatto con un’umanità come la nostra e, in
questo modo, ha trasformato ciò che ha assunto. Proprio perché Gesù ha portato
una carne come la nostra alla massima possibilità di amore, diviene motivo di
speranza per tutte e tutti. C’è speranza nel mondo: è questo che ci viene detto
nella notte di Natale. C’è speranza nel mondo perché Gesù rivela che la nostra
umanità, la nostra carne è fatta per amare, è capace di amare in modo gratuito
e disinteressato, è in fin dei conti un’umanità capace di giustizia. Infatti,
nei gesti e nelle scelte di Gesù c’è la realizzazione del sogno di giustizia
dei profeti, che abbiamo ascoltato nella prima lettura. Gesù è venuto al mondo
per dirci che ce la possiamo fare e che nessuno può nascondersi dietro alle
proprie meschinità: è questo il grande grido del Natale.
Stupenda riflessione!!!
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