sabato 23 dicembre 2023

NATALE: C'E' SPERANZA NEL MONDO

 




VIGILIA DI NATALE 2023

Is 62, 1-5; Sal 89; At 13, 16-25; Mt 1, 1-25

 

Paolo Cugini

Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada. Allora le genti vedranno la tua giustizia (Is 62, 1.2). È un desiderio di giustizia che viene espresso dai versetti di Isaia che abbiamo ascoltato in questa notte santa. Le prime parole del Natale che la presenza di Gesù manifesta nel mondo è proprio questa: una grandissima voglia di giustizia, che rivela la pesantezza di una vita segnata dall’ingiustizia degli uomini. Ingiustizia che si manifesta nelle tante situazioni di povertà e miseria umana, frutto di prevaricazioni, di scelte arroganti e interessate sulle spalle dei poveri, considerati come moneta di scambio. È una storia che già i profeti raccontavano, ma che è ancora all’ordine del giorno. C’è un’umanità che sembra incapace di uscire dalle strette maglie dell’ingiustizia, che si manifesta a tutti i livelli del tessuto sociale. Troviamo, infatti, situazioni di ingiustizia nella vita politica, economica, ma anche nelle relazioni quotidiane nelle quali siamo coinvolti. La domanda, a questo punto, è più che lecita: c’è un cammino che ci può liberare dall’ingiustizia? C’è possibilità di giustizia nel mondo

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo (Mt 1,1).

Che tipo di riflessione fare dinnanzi alla narrazione della genealogia di Gesù narrata dal Vangelo di Matteo? La prima considerazione è che non si è voluto abbellire la storia degli antenati di Gesù, cioè non c’è stato il tentativo di modificare i dati, scegliere i migliori. La ricostruzione fatta da Matteo presenta uno spaccato dell’umanità così com’è, senza abbellimenti o scelte per mettere in luce solo gli aspetti positivi dei suoi antenati. E così, assieme ad Abramo, Isacco e Giacobbe, troviamo Salomone che, ad un certo punto del cammino, perde la testa a causa delle molte donne che aveva nell’arem, al punto da introdurre gli idoli delle donne straniere tra i culti di Israele. E poi Geroboamo, suo figlio, causa della divisione dei due regni d’Israele. Tra i primi della lista genealogica c’è Giuda, un personaggio ambiguo che ha un caso a sua insaputa con la nuora Tamar. Insaputa perché Tamar si traveste da prostituta per ingannare il suocero, che dimostra di non essere un tipo troppo fedele. Continuando la storia troviamo Raab, definita prostituta dal testo biblico, ed è colei che accoglie gli uomini di Israele in perlustrazione della terra di Canaan e che al ritorno erano inseguiti da uomini del territorio. Raab offre protezione a loro in cambio della libertà. Proprio Raab, sposa di Salmon, diverrà parte della dinastia davidica perché madre di Booz, che sposerà la moabita straniera Rut, che darà al mondo Jesse, padre di Davide, il quale era tutto fuorché uno stinco di santo. Tra i vari personaggi che incontriamo nell’albero genealogico di Gesù c’è Acaz, che potremmo definire il simbolo della mancanza di fede, perché, sollecitato dal profeta Isaia, si rifiuta di chiedere un segno della presenza di Dio in mezzo al popolo, manifestando una chiusura estrema in se stesso e nelle proprie paure. Troviamo, poi, Manasse che ne fece di tutti i colori: praticò la magia, la divinazione, considerate in modo fortemente negativo da JHWH, oltre ad avere costruito altari nella terra di Israele a varie divinità. Ad equilibrare la situazione ci pensa suo nipote Giosia, autore di una profonda riforma religiosa, che tuttavia, non servirà a modificare le sorti di Israele, ormai destinato all’esilio in Babilonia. Ce n’è, dunque, di tutti i colori, come di fatto sono i tratti della variegata diversità dell’umanità.

Ebbene, questo testo ci vuole dire che Gesù non ha fatto una scelta venendo al mondo, non ha scartato quel pezzo di umanità che ha disobbedito ai comandamenti di Dio. Non ha scelto la parte dei bravi, di quelli che compiono il dovere e obbediscono alla Legge. Gesù ha assunto la nostra carne, la nostra umanità nella sua totalità: si è rivestito della nostra umanità, così com’è, senza trucchi, senza ipocrisie. Gesù è divenuto uno di noi e ha condotto un’esistenza umana rivestito, se così si può dire, della nostra carne e, con questa carne, ha vissuto ina vita amando senza riserve, donando se stesso gratuitamente, amando i suoi che erano nel mondo sino alla fine. Per questo è motivo di grande speranza per tutti noi. Questa notte è come se ci dicesse: “carissime amiche e carissimi amici, vedete che è possibile vivere in modo autentico! Ce l’ho fatta io, ce la può fare ciascuno di voi”.

 È possibile vivere in modo autentico come ha fatto Gesù, proprio perché Lui lo ha fatto con un’umanità come la nostra e, in questo modo, ha trasformato ciò che ha assunto. Proprio perché Gesù ha portato una carne come la nostra alla massima possibilità di amore, diviene motivo di speranza per tutte e tutti. C’è speranza nel mondo: è questo che ci viene detto nella notte di Natale. C’è speranza nel mondo perché Gesù rivela che la nostra umanità, la nostra carne è fatta per amare, è capace di amare in modo gratuito e disinteressato, è in fin dei conti un’umanità capace di giustizia. Infatti, nei gesti e nelle scelte di Gesù c’è la realizzazione del sogno di giustizia dei profeti, che abbiamo ascoltato nella prima lettura. Gesù è venuto al mondo per dirci che ce la possiamo fare e che nessuno può nascondersi dietro alle proprie meschinità: è questo il grande grido del Natale. 

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