sabato 9 dicembre 2023

CAMMINARE NEL DESERTO DELLA VITA

 



II AVVENTO/B 2023

Is 40,1-5.9-11; Sal 84; 2 Pt 3,8-14; Mc 1,1-8

 

Paolo Cugini

 

 

La spiritualità del tempo di avvento va cercata nella Parola che la chiesa proclama in questo tempo, per non correre il rischio di cadere in qualche deriva devozionale, che scalda il cuore, ma non dice nulla e ti lascia con l’anima vuota. Nel brano di Isaia che ascoltiamo oggi proprio all’inizio c’è un verbo all’imperativo al quale occorre prestare attenzione. Isaia, infatti, dice: “Consolate”. Il contesto del brano è l’annuncio del ritorno del popolo d’Israele dall’esilio di Babilonia, che costituisce una grande consolazione per tutto un popolo che ormai stava perdendo la speranza di un ritorno in patria. La Consolazione arriva quando il popolo non se l’aspettava, perché la profezia di Geremia parlava di un esilio di settant’anni, mentre l’annuncio del ritorno arriva vent’anni prima. È un annuncio, dunque, di grande consolazione, che manifesta l’attenzione misericordiosa di Dio per le sorti del suo popolo. Al grido di consolazione Isaia aggiunge alcune indicazioni fondamentali per fare in modo che il ritorno si effettui davvero.

Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata (Is 40, 3). Ci sono delle indicazioni concrete, che hanno un valore simbolico. Si tratta di preparare la strada per il ritorno, una strada che passa per il deserto. La mente va subito all’esperienza dei quarant’anni di attraversata del deserto quando il popolo uscii dall’Egitto per andare nella terra promessa. C’è sempre un esodo che periodicamente dobbiamo compiere per rimetterci in cammino. Egitto e Babilonia sono due città simboliche, che indicano la terra straniera, che dal punto di vista spirituale ed esistenziale indicano la situazione dell’uomo e della donna lontani da Dio, dalla ricerca del senso autentico della vita. C’è un lavoro che dev’essere compiuto se si vuole smettere di essere schiavi di se stessi, dei propri desideri e bisogni naturali, per compiere un cammino di liberazione. In questa strada nel deserto non ci devono essere ostacoli e, quelli che ci sono vanno tolti. Ecco la prima grande indicazione spirituale nella seconda domenica di avvento. La domanda sottesa, che poi il Vangelo riprenderà, è questa: quali sono gli ostacoli che stanno condizionando la nostra vita spirituale? Quali valli dobbiamo riempire per rendere il cammino tranquillo? Quali montagne dobbiamo eliminare dalla nostra vita per fare in modo di giungere alla meta?

Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato (Is 40, 5). Il frutto di questo lavoro sarà la possibilità di vedere la gloria del Signore, cioè di percepire la sua presenza. Questo aspetto è fondamentale, perché la nostra fede si attiva dal momento in cui vediamo la gloria di Dio, i segni della sua presenza nella nostra vita. Gloria del Signore è un’espressione che, nell’Antico Testamento, indica la manifestazione della presenza del Signore. Isaia parla di questa Gloria nella visione che lui stesso ha all’inizio della sua vocazione narrata al capitolo 6. Sempre di gloria che il popolo ha visto e per questo, ha creduto, si parla nella narrazione del passaggio nel Mar Rosso (Es 14-15). San Paolo ci ricorda che saremo trasformati di gloria in gloria dall’azione dello Spirito Santo (2 Cor 3,18). È la presenza del Mistero che cambia le nostre vite. Dobbiamo incontrarlo per poter credere in Lui. Il Natale, al quale ci stiamo preparando, è la manifestazione di questo Mistero nella persona di Gesù, che è ancora in mezzo a noi.

Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda:
«Ecco il vostro Dio!
Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio.
Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna
(Is 40, 9-10).

Se è vero che questo cammino dobbiamo compierlo noi e che dobbiamo mettere in atto un profondo percorso spirituale di cambiamento, è altrettanto vero però, e ce lo ricorda Isaia, che in questo cammino non siamo soli. Isaia ci presenta un Dio che è come un pastore che accompagna le sue pecore, “porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”. Come non fidarsi di un Dio così? Come non intenerirsi dinanzi a queste parole di consolazione? Sono immagini che cercano di stimolare il popolo di Dio a prendere sul serio la propria vita, a non perdere tempo in cose di poco valore, a guardare avanti per vedere la gloria di Dio che sta venendo al nostro incontro con il suo Figlio Gesù. Ce lo ricorda anche Pietro nella seconda lettura di oggi, quando afferma: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno (2 Pt 3,8). Coraggio, allora, non perdiamo tempo e mettiamoci in cammino.

Noi, infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia. Perciò, carissimi, nell'attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia (2 Pt 3,14). Pietro, nella seconda lettura ascoltata, fa eco alle parole di Isaia e ci ricorda il senso del nostro vivere, del nostro cammino di fede, che consiste nel fare spazio alla nuova realtà che Il Mistero di Dio ha già realizzato con la venuta di Gesù, vale a dire, un mondo in cui abita la giustizia. Questo mondo nuovo, non è fuori di noi, ma dentro di noi. È di questo che Gesù parlava nelle sue parabole quando annunciava il Regno di Dio, che è in mezzo a noi, in noi, Cerchiamo, allora, di fare di tutto perché tutto ciò si realizzi e il primo segno di questo, secondo san Pietro è la pace. 

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