Paolo Cugini
“Avendo
sottomesso a lui tutte le cose, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso.
Al momento presente, però, non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui
sottomessa” (Eb 2,8). È questo il motivo della tensione che si genera nell’anima
del cristiano, del discepolo e discepola, vale a dire, la constatazione che la
presenza di Gesù nel mondo, della sua parola, del suo amore e della sua
giustizia sia marginale, insignificante, una realtà che non si vede, se non nel
cuore di chi crede. Più che essere sottomesso al Signore Gesù il mondo sembra
essere sottomesso da altre forze, da altre realtà antagoniche al Signore.
Questa tensione è descritta meglio, anche se con un’allegoria più pesante, nel
libro dell’Apocalisse.
“Conveniva infatti che Dio - per il
quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti
figli alla gloria - rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo
che guida alla salvezza (Eb 2, 10). Sofferenza come cammino di perfezione:
cosa significa? La sofferenza sulla croce che ha condotto Gesù alla morte, è
stato il coronamento del suo percorso umano, che ha realizzato sino alla fine,
compresa, dunque la morte. Per questo le sue parole sono vere, perché, pur
essendo Dio, non ha preso delle scorciatoie e, in questo modo, vivendo sino
alla fine conforme alla carne assunta, che lo ha condotto alla passione e morte
in croce, ha reso le sue parole vere per noi, vere perché umane, parole che
sanno di terra, della nostra condizione umana e, di conseguenza, credibili. Non
si tratta, quindi, di un elogio alla sofferenza e del fatto che la sofferenza
in sé è necessaria per la salvezza, ma il riferimento è alla condizione umana
che passa attraverso questo elemento.
“nella
loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a
gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io
so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da
lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui” (Mc 1,
23-26). Che cosa è venuto a fare Gesù? A togliere l’impurità,
che non è una designazione di qualcosa che appartiene alla sfera della sessualità,
ma è un’indicazione sulla relazione con Dio. Secondo la legge ebraica ci sono
delle situazioni che rendono impuro l’uomo e la donna e, di conseguenza, non
gli permettono di avvicinarsi al sacro. Ebbene, Gesù, con la sua presenza, con
la sua Parola e i suoi gesti rende sacra ogni cosa, togli l’impurità, tutto ciò
che non permette all’umanità di avvicinarsi a Dio.
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