GESU’
E NICODEMO
Appunti
di don Paolo Cugini
1-10:
Nicodemo è un fariseo, un meticoloso osservante della legge ed è uno che
insegna quello che Mosè ha detto: tu sei il maestro d’Israele (v.10). è
anche un capo dei giudei.
Sappiamo:
Nicodemo si presenta come rappresentante dei Giudei e porta a Gesù la conclusione
di una riflessione che i Giudei hanno fatto sulla sua identità. Per loro è
chiaro che Gesù è un maestro venuto da Dio e che Dio è con lui, per i segni che
Gesù ha fatto.
Egli
venne di notte: varie interpretazioni. Nicodemo va di
notte per non farsi vedere. È più probabile l’interpretazione che sostiene che
la notte indica lo stato di confusione in cui si trovava Nicodemo. Si tratta,
dunque, della notte dell’anima, quello stato confusionale provocato dalla messa
in discussione delle proprie certezze da colui che compie segni che dicono
della sua provenienza divina, ma che vive la relazione con la legge mosaica, in
modo libero.
Se
uno non nasce dall’alto non può vedere il regno di Dio:
è un’espressione simile a quella che si trova nei sinottici: se non diventerete
come bambini non entrerete nel regno dei cieli (Mt 18,3). L’uomo deve
radicalmente cambiare e questa trasformazione equivale ad una rinascita, ad un
nascere di nuovo, una rinascita, è qualcosa che non dipende da noi, ma dono di
Dio che possiamo solo accogliere. Come fariseo Nicodemo fa fatica a cogliere
l’idea del concetto di dono, non solo perché è vecchio, ma proprio per
l’impostazione religiosa da cui proviene. Il fariseo, infatti, vive il rapporto
con Dio nella logica del merito, per cui la salvezza è qualcosa che si ottiene
mediante i propri sforzi.
Se
uno non nasce dall’acqua e dallo Spirito: l’uomo carnale
non è atto al regno, solo l’uomo che nasce dallo Spirito riceve da Dio la
possibilità di divenire figlio di Dio.
Ignori
queste cose? Il maestro d’Israele che sempre aveva tra
le mani le scritture, preoccupato della morale, di meritare la salvezza,
ignorava l’gire libero di Dio mediante lo Spirito. Di ciò ne parlano i profeti
(Ez 37), che annunziano che Dio mediante lo Spirito trasforma le ossa in esseri
viventi (cfr. Ez 36, 25-27). Per Gesù lo Spirito fa qualcosa di più: trasforma
l’uomo in modo radicale, lo fa rinascere, lo fa diventare figlio di Dio (1,12).
È di questo dono che l’uomo ha bisogno.
11-15:
i giudei non credono alla parola e alla testimonianza di Gesù, anche ora che
parla di cose terrene. Gesù è l’unico e definitivo rivelatore delle cose
celesti, così come ci testimonia anche il prologo (1,18). Nessuno è mai salito
al cielo: né Mosè, né tanto meno il leggendario Enoc. In cielo c’è stato e
continua ad esserci solamente il Figlio, colui che si è fatto uomo e che per
questo ama definirsi Figlio dell’uomo (1,51; 3,13). Colui che è disceso dal
cielo può dare testimonianza delle cose celesti, cioè di quel che sa e ha visto
(3,11). Gesù è il definitivo rivelatore del definitivo progetto del Padre sugli
uomini.
Come
crederete? Gesù presagisce il rifiuto e per la seconda volta (2,19) annuncia la
sua passione.
16-21:
molti studiosi sostengono che questi versetti costituiscano una riflessione
pasquale dell’evangelista.
Tanto
Dio ha amato il mondo: è un atto di contemplazione. Si tratta
di un amore che si fa dono, perché si concretizza nel donare il proprio Figlio.
17:
è un versetto fondamentale perché descrive il progetto del Padre, che è un
progetto di salvezza per tutti per mezzo del Figlio. È Lui che dobbiamo
conoscere ed annunciare, perché è il suo Vangelo che contiene il cammino della
salvezza. Non è venuto per condannare il mondo, ma per salvarlo. Il compito che
Dio affida al Figlio è quello di evitare che il mondo perisca, far sì che abbia
la vita eterna, salvarlo.
Vita
eterna: è la sola vita vera perché possiede il carattere
della definitività. Chi la possiede, anche se materialmente muore, in realtà
non perisce: continua a vivere la vita di Dio che è in lui.
Dare
la vita, salvare. È il compito che Dio ha affidato al
Figlio. Come lo realizzerà? Presentandosi come luce, come colui che illumina
gli uomini rivelando loro il disegno del Padre e la reale loro situazione. Il
cammino della salvezza per ogni uomo e donna passa attraverso la fede nel
Figlio unigenito di Dio (3,16-18). Solo colui che accoglie il Figlio possiede
fin da ora la vera e definitiva vita. È condannato, invece, colui che non crede
nel Figlio. La vera fede è l’adesione alla persona di Gesù, è accogliere la sua
parola.
Gli
uomini hanno amato più le tenebre che la luce: fa la verità chi riconosce la
sua situazione di peccato illuminata dalla luce della Parola, che viene accolta
con fede. Tutto è definito dal rapporto con la Parola di Gesù, che è la luce
definitiva del Padre.
Nella
regione dei giudei
22-26:
mentre i sinottici fanno iniziare il ministero pubblico di Gesù in Galilea, Gv
sostiene che ci fu in Giudea un periodo di contemporaneità e di somiglianza tra
il ministero di Gesù e quello del Battista. In 4,2 si preciserà che non era
Gesù che battezzava, ma i suoi discepoli. Anche questo battesimo è di purificazione,
vale a dire che non si era ancora realizzata la profezia del Battista che il
messia avrebbe battezzato in Spirito Santo. Infatti, in 7,39 si dice che i
credenti non hanno ancora ricevuto lo Spirito Santo. Questo è il motivo per cui
sorge un dissidio e la preoccupazione dei discepoli del Battista.
27-30:
il Battista è consapevole della sua missione, di essere colui che annuncia il
messia ed è felice che questo si sai realizzato. Ogni missione si riceve da Dio
e può avere i suoi limiti. Il Battista è contento che tutti stanno andando da
Gesù. Il Battista paragona Gesù allo sposo, utilizzando, in questo modo, il
linguaggio dei profeti sul futuro messia.
È
lui che deve crescere: è l’inizio ufficiale della missione di
Gesù.
31-36:
è l’evangelista che qui parla e riflette sulla trascendenza di Gesù. Il Figlio
appare rivestito di ogni potere e dotato della pienezza dello Spirito ed è
quindi qualificato per il suo compito messianico. Egli, venendo dal cielo, può
dare testimonianza di ciò che ha visto e comunicarci le parole di Dio. Il
Figlio si presenta come l’unico Salvatore.
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