XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Lc
16,1-13
Paolo
Cugini
La
spiritualità che sgorga dalle pagine del Vangelo, non si ferma nell’interiorità
dell’anima, ma trasforma tutta la realtà. Chi rinasce dall’alto e si lascia
plasmare dallo Spirito del Signore, cambia il modo di porsi nel mondo, cambia
la qualità delle relazioni e il modo di considerare la materia. La priorità
della vita cristiana, che è Gesù, diventa il fulcro della vita al punto da non
lasciare nulla inalterato. È il fermento nella massa, il piccolo seme di
mostarda che si trasforma in un albero grandissimo. La vita cristiana è,
dunque, un cammino di trasformazione, che coinvolge tutto. Non a caso, Paolo
nelle sue lettere parla di ricapitolare in Cristo tutte le cose (Ef1, 10), compresa,
dunque la materia. Questa introduzione sul significato della vita spirituale
nella vita cristiana, dovrebbe aiutare a cogliere la profondità del messaggio di
Gesù nel Vangelo di oggi.
Il
padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza.
I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli
della luce.
La
parabola che Gesù racconta ha come tema il buon uso del denaro. Anche qui, per
chi è abituato ad identificare la vista spirituale con le preghiere
devozionali, può rimanere interdetto. Che cosa c’entra, infatti, l’uso del
denaro con la spiritualità? Leggendo la parabola, il suo commento in parallelo
ad altri testi del Nuovo Testamento, si può comprendere che, per Gesù, l’uso del
denaro è un problema centrale nella vita del cristiano. Nel seguito delle sue
parole, Gesù offre delle motivazioni e degli argomenti che ci aiutano a
riflettere. L’amministratore è disonesto, ma è lodato dal padrone: come mai? Perché
utilizza i beni del padrone con un inganno, per garantirsi qualcosa quando sarà
senza lavoro, perché è stato licenziato.
Ebbene,
io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando
questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi
sono gli amici che dobbiamo procurarci con la ricchezza disonesta? Sono
chiaramente i poveri: lo specifica nel passaggio successivo. Saranno i poveri,
infatti, ad accoglierci nelle dimore eterne. Questo dato è coerente con quello
che troviamo alla fine del Vangelo di Matteo, in cui Gesù s’identifica con i
poveri, gli affamati, gli assetati, gli stranieri, i carcerati. L’unico valore
che Gesù dà alla ricchezza è quella che viene condivisa, mentre l’accumulo dei
beni è condannato, perché accumulando, togliamo dal mercato dei beni, che
potrebbero essere utili a coloro che non ne hanno. È chiaro che il discorso va
spiegato ed attualizzato. Ricco non è il padre e la madre di famiglia, che
mette da parte qualche soldo per i figli, per pagare le spese della scuola,
dell’università, dei corsi che vuole far fare ai figli. Questo non è accumulo,
ma paternità e maternità responsabile. Ricco, nella prospettiva che stiamo
ascoltando in queste domeniche nel Vangelo, è colui che pur avendo molto,
quello che raccoglie ancora, non lo distribuisce a chi non ne ha, ma lo tiene
per sé, lo accumula, manifestando una visione meschina della vita.
Altra
domanda: perché Gesù parla di ricchezza disonesta, senza motivare l’affermazione?
Anzi, leggendo il testo, ogni forma di ricchezza, nell’ottica del vangelo, è
disonesta: come mai? La ricchezza è disonesta perché è sempre frutto di un’ingiustizia,
di un’appropriazione indebita. Se ci sono dei poveri è perché c’è qualcuno che
si appropria di ciò che non è suo. Per questo, se qualcuno ha di più e ce l’ha come frutto del proprio ingegno, del proprio lavoro, è chiamato a distribuirlo
con chi non ha nulla, con i poveri. Sono loro che ci accoglieranno nel regno
dei cieli e, di conseguenza, durante la vita è bene imparare a trattarli bene,
a farci conoscere da loro.
Nessun
servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro,
oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e
la ricchezza».
Gesù
pone la ricchezza come antagonista a Dio, come un idolo. I ricchi, in questa
prospettiva, sono degli idolatri, perché hanno fato dell’accumulo del denaro un
loro dio. Servire il Dio che si è manifestato in Gesù Cristo, significa
distribuire le ricchezze con i poveri. Quando i ricchi non distribuiscono le
loro ricchezze significa che sono diventati schiavi del denaro e, in questo
modo, si sono allontanati da Dio. La spiritualità che il Vangelo propone. deve arrivare ad incidere il modo in cui utilizziamo i soldi. Il nostro pensiero dev'essere sempre per coloro che vivono con poco, che hanno fame, sete, che sono stranieri: Gesù è in loro.
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