giovedì 23 giugno 2022

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

 




1 Re 19,16b.19-21; Gal 5,1.13-18; Lc 9,51-62

 

Paolo Cugini

 

 

Che cosa significa essere cristiani? La domanda non è banale nemmeno per coloro che da anni sono in cammino e che partecipano alla vita di una comunità. Essere cristiani, infatti, a volte viene confuso con la partecipazione ad alcune attività parrocchiali o con il semplice fatto di essere stati battezzati da piccoli ed aver frequentato il catechismo. Per trovare una risposta proviamo a porre attenzione al Vangelo di oggi.

Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme (Lc 9,51). Si diventa cristiani quando si fa un’opzione di discepolato, vale a dire, quando si decide di dedicare tempo al Signore, seguirlo sulla strada della vita autentica da lui indicata. Ciò significa che essere cristiani non è un problema di dottrina, ma di stile di vita, non di apprendere dei precetti, ma di vivere il Vangelo. Il contenuto che Gesù propone non si apprende nei libri, ma decidendo di stare con Lui, di dedicargli tempo e, in questo modo, rinunciando ad altro. Questa è la differenza principale tra la religione e la sequela di Gesù. La religione, attraverso l’obbedienza ai precetti e ai riti, che danno la sensazione di sentirsi a posto, aprono la possibilità di uno stile di vita parallelo. Nella sequela a Gesù questo modo di pensare di controllare Dio non funziona, perché ci si affida al Signore. Nella sequela al Signore ogni aspetto della vita viene trasformato dal suo Spirito: nulla rimane fuori dal suo orizzonte e tuto diviene estremamente coerente. Nello stile religioso, invece, la vita religiosa è relegata a momenti specifici e alla realizzazione di precetti inderogabili; per il resto totale libertà d’azione. La religione non trasforma la persona, ma la rende più intollerante, dura, scrupolosa.

Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». Ci sono tre ambiti della vita che vengono trasformati dal cammino di sequela al Signore. Il primo è il rapporto con le cose. Il Vangelo è un cammino di libertà e uno dei primi frutti, se non il primo assoluto, è la libertà nei confronti delle cose materiali, dal denaro. Questo è uno degli aspetti più visibile nello stile di Gesù e sul quale Lui stesso ha speso parole significative. Famose, infatti, sono alcune parabole dove il Maestro insegna a non accumulare e dove stigmatizza l’atteggiamento di coloro che non riescono a liberarsi dalle cose. Uno su tutti, è l’incontro con il giovane ricco, la cui ricchezza diventa il motivo della suo desistere dalla sequela al Signore.

A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». La seconda è una libertà nei confronti degli affetti. È questo, un tema delicato, che spesso non viene compreso bene o, al contrario, enfatizzato. Il cammino dietro al Signore è, senza dubbio, per chi lo sperimenta, un cammino che produce grande amicizia e legami di affetto. Anche qui glie esempi sono tante. Basta sfogliare le pagine di storia, che narrano la vita fraterna delle comunità cristiane, o degli ordini religiosi, come i francescani, i benedettini, i carmelitani e tanti altri, in cui si sperimenta una vera ed autentica amicizia. Quello che Gesù vuole dire, per lo meno come mi sembra di capire, è che i legami affettivi, di amicizia che si formano nel cammino di sequela, non sono un assoluto e non possono impedire ed ostacolare la missione. Anche perché, l’amicizia che Gesù intende, non dipende dalla presenza fisica, che senza dubbio è importante, ma viene spostata sul piano spirituale. L’esempio è nel gruppo di discepoli e discepole che Gesù forma. L’amicizia e il legame affettivo con loro continua anche dopo la morte. Imparare a vivere i rapporti di amicizia e di affetto, non solamente ed esclusivamente sul piano carnale, fisico, materiale, ma saperli trasportare sul piano spirituale, è uno degli aspetti più importanti della sequela.

Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». La terza esigenza evangelica della sequela riguarda la capacità di affidamento al Signore. Seguire Gesù non significa partecipare a dei riti, come abbiamo visto, o imparare delle dottrine, delle formule da recitare a memorie. Tutt’altro. Si tratta d’incamminarsi in uno stile di vita che è agli antipodi del mondo. Dove c’è corruzione e giochi di potere i fratelli e le sorelle entrano con uno stile di servizio e spogliazione; dove c’è l’identificazione della felicità con il denaro, chi segue il Signore condivide quello che ha e, in questo, trova la sua beatitudine e felicità. Chi inizia questo cammino deve riflettere con attenzione perché è un cammino senza ritorno, soprattutto se si vuole desistere dove aver già compiuto molti anni di sequela. Il regno dei cieli è costituito di fratelli e sorelle che hanno preso la ferma decisione di abbracciare il Vangelo, di seguire il Signore in ogni momento. Per questo l’adolescenza e la giovinezza è il momento privilegiato per riflettere sull’orientamento che s’intende dare alla propria esistenza. È durante la giovinezza che una comunità cristiana ha il compito di aiutare i giovani a conoscere il Signore, non imponendo loro dei riti o delle dottrine, ma accompagnandoli nel mistero della vita evangelica attraverso le scelte fatte.

 

 

 

domenica 19 giugno 2022

SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO – ANNO C – SOLENNITÀ

 



 

            Paolo Cugini

 

La solennità che oggi celebriamo ci pone, senza dubbio, al cuore della vita della comunità cristiana, che si raduna per celebrare l’eucaristia, che è la fonte della sua stessa vita e il culmine verso cui tende (cfr. SC, 10). Molti, dunque, sono i temi che possono essere sviluppati sull’eucarestia. Prendiamo spunto dal percorso che ci offrono le letture di oggi.

In quei giorni, Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram (Gen 14,18). Il primo filone di riflessione lo troviamo nella prima lettura e nel salmo, dove viene citato un personaggio misterioso: Melchisedek. Nella Bibbia viene identificato come re si Salem, forse l’antica Gerusalemme, e come sacerdote di Eloim. Secondo l’esegesi ebraica si tratta di Sem, figlio di Noè. Nel salmo 110, che abbiamo recitato oggi, si prefigura la venuta di una figura messianica destinata ad esercitare il giudizio di Dio, che sarà sacerdote eterno in modo analogo a Melchisedek. È significativo che Melchisedek abbia offerto pane e vino al Signore, come fece Gesù nell'ultima cena istituendo l'eucaristia secondo i Vangeli. Melchisedek assunse un posto primario nel pensiero monoteistico e cristiano: egli è l'archetipo (figura) che precede Gesù Cristo, nelle sue funzioni di sacerdote (Gesù Cristo viene definito nella lettera agli Ebrei "Sacerdote in eterno dell'Ordine di Melchisedek") e anche per indicare la seconda ritorna venuta del Signore Cristo che come Re dei re, cioè Re in eterno secondo l'ordine di Melchisedek. Come ci ricorda l’autore della lettera agli Ebrei che tenta un parallelo tra il sacerdozio di Gesù e quello di Melchisedek, la grande novità del sacerdozio di Gesù è che il sacrificio che Lui ha offerto è la sua vita stessa e l’ha fatto una volta per sempre. Avvicinarci al banchetto eucaristico significa desiderare di alimentarci di colui che ha donato la sua vita per noi, per fare in modo che anche noi possiamo fare altrettanto. L’Eucarestia è, dunque, una proposta di vita, di uno stile di vita, che fa la differenza. Sempre la storia di Melchisedek fa riflettere perché è un personaggio misterioso emerso al tempo di Abramo, la cui presenza ha segnato così tanto la storia della salvezza da essere ripresa periodicamente nelle riletture operate dai saggi d’Israele.

Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci… Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste (Lc 9). È la narrazione della dimensione sociale dell’eucarestia. Chi partecipa al banchetto domenicale si predispone a condividere. Non solo. Assimilare il corpo del Signore, masticarlo, interiorizzarlo, significa apprendere a non rimanere indifferenti, a compatire, a sentire compassione per chi soffre, per chi non a nulla. Una compassione che ci muove non solo risolvere il problema emergente, ma ad andare alle cause, a cercare i motivi della sofferenza e fare di tutto per toglierli. Papa Francesco ci ha insegnato che tutto è in relazione, che tradotto sul piano sociale significa che dove c’è ricchezza sfacciata, dall’altra parte c’è chi soffre la fame. C’è un’ineguaglianza che dev’essere sanata. L’eucarestia è il simbolo di colui che ha dato la vita per amore, ha dato la vita affinché nel mondo regnasse la giustizia, ha pagato un prezzo carissimo per aver puntato il dito nei confronti di coloro che sfruttavano la religione per arricchirsi.

Mangiare il corpo di Cristo significa divenire pericolosi, siamo venuti per disturbare” dice il testo di una canzone religiosa brasiliana, Che esprime un significato autentico del banchetto eucaristico. Prima, infatti, di essere un rito, la celebrazione eucaristica è un invito a partecipare dello stile di vita di Gesù, che non ci pone a sedere al tavolo dei potenti, ma dei diseredati della storia per camminare con loro nella realizzazione di un mondo più giusto. 

lunedì 13 giugno 2022

VINCI IL MALE CON IL BENE

 




Paolo Cugini

Avete inteso che fu detto: "Occhio per occhio" e "dente per dente". Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l'altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello (Mt 5,38s).

Non opporsi al maligno: è questo l’insegnamento che Gesù ci offre oggi. Il male, infatti, si propaga reagendo ad esso. Il male genera altro male. L’unico modo per interrompere la catena del male è rispondere con il bene, offrendo a Dio il male ricevuto. Il male si distrugge con il bene. Questo modo di procedere non è naturale, ma è frutto di une lento cammino spirituale. L’esempio è Gesù che al male degli uomini non ha risposto, ma ha inviato il suo spirito d’amore. Per esprimere questa idea Gesù utilizza dei paradossi, che vanno letti e intesi come tali. anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l'altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.

Non si tratta di prendere alla lettera le parole di Gesù, ma di contestualizzarle per rendere vivo il suo messaggio e incarnarlo nella nostra vita. Non è facile rispondere al male con il bene, anzi, per certi aspetti, impossibile. L’istinto di sopravvivenza prende il sopravvento ogni volta che ci sentiamo minacciati, soprattutto quando è in gioco la nostra dignità. Solo la vita spirituale riesce a frenare l’istinto e agire opponendo il bene al male, oppure ignorando il male. È un brano che orienta bene tutta la settimana.

sabato 11 giugno 2022

STRADA FACENDO PREDICATE

 



Paolo Cugini

 

Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino (Mt 10,17). Senso di libertà. Non c’è la preoccupazione dell’efficienza, dell’organizzazione dettagliata, ma il desiderio di annunciare qualcosa di bello, di grande, qualcosa che ha toccato il cuore e la vita. E allora si parte, senza dover avvisare nessuno. Si parte perché il cuore è troppo pieno di gioia da aspettare.

C’è da annunciare una vicinanza, che significa liberazione dalla solitudine e come si fa ad aspettare? Si va tutti insieme, o meglio con chi vuole venire, con coloro che hanno già sperimentato un po' di quella gioia che si chiama vicinanza del Regno di Dio, vicinanza della persona di Gesù, della sua parola liberatrice, che avvolge con tenerezza tutti gli affaticati e oppressi della terra. “Venite a me voi tutti e io vi ristorerò”. Si parte, dunque, senza preoccuparsi troppa dei bagagli, delle vivande da portare. Si cammina leggeri, guardando avanti, carichi solo della speranza per l’amore vissuto, la gioia dell’incontro, la forza che viene dalla conoscenza di Lui.

Si parte, anche perché c’è la consapevolezza dell’importanza dell’annuncio e cioè, che il Regno dei cieli e vicino, si è avvicinato, lo si può ormai toccare, ascoltare, sentire. Non si può più rimandare un annuncio di questa portata.

venerdì 10 giugno 2022

LA BREZZA DI UN VENTO LEGGERO

 



Paolo Cugini


Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, venne a lui una voce che gli diceva: «Che cosa fai qui, Elia?» (1 Re 19). Il mistero di Dio non è nel vento, nel terremoto, nel fuoco ma in una brezza leggera. Immagine stupenda della percezione della presenza del Mistero nella storia, che non si manifesta con la stessa modalità deli pseudo-potenti della storia, ma con quella modalità tipica di chi ama il Signore, di chi è alla ricerca di Lui. È colui che esce dalla confusione che ti può incontrare. Incontro che non è mai casuale, ma voluto, desiderato: il Tuo volto Signore io cerco, non nascondermi il Tuo volto (Sal 26).

 Chi si mette in cammino verso quel mistero percepito in alcuni momenti della vita, impara a camminare nel silenzio, a ricercarlo nei sentieri mai battuti, a sentirlo presente nella brezza leggera, più che nel tuono impetuoso. È nel sussurro di una brezza leggera: che immagine spettacolare e sorprendente! Come si fa ad arrivare ad esprimere un pensiero così profondo ed originale? Bisogna aver avuto una simile esperienza e la può avere solamente chi si è messo in cammino alla ricerca di se stesso. Sono interessanti anche le contrapposizioni che vengono affermate prima di arrivare all’indicazione principale. Non è nel vento impetuoso, non è nel terremoto, non è nel fuoco: che cos’ha voluto esprimere l’autore del testo? Ha messo il dito nella piaga del cammino battuto da tutti, che è il cammino della superficialità, della banalità, del cercare Dio dove s’incammina la massa, dove l’istinto spinge, vale a dire, verso l’apparenza, che non richiede sforzo; verso la forza che va da sé; verso il rumore che si ode da lontano. Niente di tutto questo.

Il Mistero, di cui abbiamo bisogno per vivere, si nasconde, non si offre all’immediatezza dei sensi, ma impone un cammino, uno ricerca, perché Lui non è nel mucchio, è altrove, non è nella massa anonima, ma ha un volto, uno sguardo personale, una Parola che ti guarda dentro come nessun’altra Parola sa fare. Lui è nella brezza leggera e lo riconosce chi ha sta scalando la montagna delle proprie paure, chi sta entrando nella caverna della propria coscienza, per discernere i desideri che lo assalgono e percepire quello autentico: la brezza di un vento leggero.

 

mercoledì 8 giugno 2022

L'UNICO MAESTRO



Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli (Mt 5,19). È questa la differenza tra Gesù e gli altri maestri: Gesù insegna ciò che vive, insegna quei precetti che osserva, li sperimenta su di sé. Sono precetti che Gesù non è venuto ad abolire, ma a dare compimento, vale a dire, a mostrarne il valore e la profondità. Non si tratta, dunque, di obbedire a norme per mettere a posto la coscienza, mi di assumere uno stile di vita che coinvolge tutta la persona., è questa la grande differenza tra la religione e il Vangelo.

Mentre la prima offre un materiale precettistico gestito dalla classe sacerdotale che ne controlla i contenuti e l’obbedienza, al contrario il Vangelo offre un cammino segnato dalla misericordia, più che l’intransigenza sull’osservanza. Lo stile di Gesù è dialogico, relazionale. Inoltre Gesù cammina con coloro che sono alla ricerca della verità, del Padre: non insegna dall’alto in basso. Ecco perché le sue parole incidono così tanto nelle nostre coscienze, perché sono parole umane, vissute sulla propria pelle, avvolte di tenerezza.

 

martedì 7 giugno 2022

SOLENNITA’ DELLA SANTISSIMA TRINITA’ 2022

 





Paolo Cugini

 

La solennità della santissima Trinità c’immette nel mistero di Dio, un mistero del quale rimaniamo sempre senza parole e senza argomenti, perché ci sovrasta. Indichiamo con il nome di Dio tutto ciò che sfugge alla nostra comprensione ma, soprattutto, tutto ciò che non riusciamo a spiegare in modo chiaro, scientifico. Dio è il vocabolo utilizzato da secoli per offrire risposte di ciò che la ragione non riesce a trovare delle cause.

Le tradizioni raccolte nei libri della Bibbia ci trasmettono una conoscenza su Dio che è nuova e originale rispetto alle altre tradizioni culturali. Dio, la sua presenza misteriosa, viene percepita nella storia, negli eventi, nel presente. Per questo motivo nella Bibbia non troviamo delle definizioni su Dio, ma delle narrazioni che raccontano come è stato percepito in un determinato evento. Sempre nella scrittura, oltre a queste narrazioni, troviamo anche delle riflessioni su ciò che il popolo d’Israele ha sperimentato nella sua percezione di Dio. Per noi cristiani Dio ha un nome, una storia, una rivelazione: Gesù Cristo. Per noi Dio non è qualcosa di astratto, ma è ciò che si è manifestato in Gesù Cristo. Ascoltiamo e riflettiamo su ciò che le letture ci comunicano nella liturgia di oggi.

Quando disponeva le fondamenta della terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo
(Pro 8, 30-31).

La presenza di Dio nella storia è percepita come sapienza, contrapposta al caos. Tutto è stato fatto in modo accorto, pensato, vale a dire, con amore. Dio ha creato il mondo, ha posto le fondamenta della terra con sapienza. Non solo. È la stessa sapienza ad essere stata creata da Dio prima che il mondo fosse. Ciò significa che la percezione che la saggezza d’Israele ha colto di Dio è che si manifesta come sapienza. Tutto ciò che è stato creato è stato fatto e continua ad essere creato con sapienza, in modo pensato. Se Dio è amore – è una delle rarissime definizioni di Dio che si trova nella Bibbia – una delle manifestazioni di questo amore è la sapienza. Chi ama pensa a ciò che fa, prepara il terreno. L’amato pensa all’amata e viceversa. Amore e sapienza, in Dio, vanno a braccetto.

L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rom 5,5). In che modo si è manifestato l’amore di Dio per noi e in noi? In Gesù Cristo. Se è vero che Dio è amore (cfr. 1 Gv 4), questo amore di Dio non è un concetto astratto, una formula filosofica da apprendere, ma una persona. C’è un modo concreto con il quale Dio ci ha amato: Gesù. È interessante, a questo punto, riflettere sulla qualità dell’amore che Gesù ha profuso tra i suoi. Gesù ha amato i suoi discepoli e discepole in modo gratuito, disinteressato; ha amato ponendosi a loro servizio, mettendosi all’ultimo posto, spogliandosi di tutto per condividerlo con loro. Ha amato sino alla fine, senza mai tirarsi indietro. Ha amato i suoi discepoli anche se sapeva che l’avrebbero tradito, rinnegato. Ha amato senza aspettarsi di essere amato a sua volta. È di chiesto amore che lo Spirito Santo ci riempie il cuore. Chiediamolo!

Lo Spirito Santo mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà (Gv 16, 14-15). È un versetto che contiene il mistero della Trinità. Parla, infatti, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e della relazione che c’è tra loro. È riflettendo su versetti come questi, che si trovano in modo particolare nel Vangelo di Giovanni, che san Tommaso d’Acquino ha elaborato il concetto di pericoresi, che tenta di spiegare la relazione tra le tre Persone. Tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, dice Tommaso, non c’è complementarietà, perché vorrebbe indicare una mancanza, ma pericoresi, cioè ogni persona fa spazio all’altra in modo tale che si realizzi al massimo. Proprio per questo, in ogni azione di ognuna delle Persone è possibile cogliere la presenza delle altre due, perché non c’è invidia, gelosia, ma libertà, che è il segno dell’autenticità dell’amore.

 

lunedì 6 giugno 2022

SPIRITO E LIBERTA'

 



Riflessione alla veglia di preghiera per le vittime dell’omotransfobia 2022

Paolo Cugini

la lettera uccide, lo Spirito invece dà vita. Il Signore è lo Spirito e, dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore. (2 Cor)

dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà.  È questo un versetto in cui Paolo dice che cosa ha capito della persona di Gesù e ci consegna quella che secondo lui è l’essenza del Vangelo: la libertà. Gesù era un uomo libero, era diventato un uomo libero, aveva maturato questa scelta di libertà non alla scuola dei rabbini, che Lui non ha frequentato, ma riflettendo sulla realtà che lo circondava, vale a dire la Galilea, terra segnata dal latifondo che produce disuguaglianze, tensioni, sopraffazioni. Questa attenzione, riflessione, lo ha condotto a delle scelte nette, ad una vita non soggiogata ai poteri del mondo, ma in una relazione profonda con Dio; non schiavo di un potere (politico, religioso, ecc.) in cambio di favori, ma libero. E allora, ci possiamo chiedere: di che libertà si tratta? Di che qualità è la libertà che ha manifestato Gesù e che lo Spirito Santo produce in coloro che l’accolgono? Possiamo individuare tre livelli di libertà che dicono e rivelano l’identità di Gesù.

a.       Libertà dalle cose.  Gesù ha scelto di non voler essere identificato con le cose, il denaro, che producono un potere effimero e un’immagine effimera, che ricerca il plauso degli uomini, ma ha puntato tutto sull’amore, sull’attenzione agli altri: avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine.  Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». Tutto questo perché aveva imparato a non cercare la gloria degli uomini, ma quella del Padre.

b.      libertà dai vincoli culturali. Gesù ha dimostrato questa libertà camminando per led strade di Israele accompagnato sia da uomini che da donne, lasciando toccare da loro, rompendo, in questo modo, la cultura patriarcale, mostrandone la negatività, il pregiudizio e il limite. Non solo si è lasciato toccare, ma ha scelto tra i suoi discepoli delle donne, come ci testimonia l’evangelista luca. Di questo aspetto sappiamo poco perché, come ci stanno spiegando le teologhe – Selene Zorzi, Cristina Simonelli, Schuster Fiorenza e Adriana Valerio – lo stile di uguaglianza e attenzione alle donne di Gesù è stato presto soppresso dalla cultura patriarcale, perché sovvertiva le leggi imposte dalla cultura. L'esegesi femminista ci sta aiutando a riscoprire la figura di Maria Maddalena, che ha avuto un ruolo centrale nei discepolato di Gesù, al punto da essere considerata la vera interprete del messaggio del Maestro. La cultura patriarcale e misogina ha fatto di tutto per screditare Maria Maddalena, identificandola con una prostituta, per fare in modo che il suo carisma non oscurasse l'autorità di Pietro. 

c.       Libertà dalla religione. Gesù ha smascherato la falsità di quei precetti passati per precetti di Dio, mente non erano altro che precetti di uomini (cfr.  Mc 7). C’è una religione che non libera le persone, ma le lega. La dimensione religiosa della vita è un settore delicato perché mette in gioco l’essenza dell’esistenza, ed è capace di scatenerete sensi di colpa profondissimi, difficili da curare. In varie circostanze Gesù si è scontrato con le autorità religiose del tempo mostrando la falsità e, soprattutto, l'assurdità delle loro dottrine e dei loro insegnamenti. Il caso più eclatante è la polemica intorno al sabato, in cui Gesù smaschera il vuoto della dottrina dei farisei, provocando la loro rabbia. L'autentico rapporto con il Padre produce un cammino di liberazione dalle false dottrine per riscoprire, finalmente, il volto misericordioso del Padre. 

 

Come si fa a diventare persone libere? C’è un insegnamento, un metodo? C’è e ce l’ha insegnato Gesù. Si diventa liberi dalle sovrastrutture culturali che rendono la vita un inferno e dalle dottrine religiose che sono invenzioni di uomini, ponendo attenzione agli eventi, alla realtà. L’errore più grosso è non ascoltare la realtà ma leggerla e interpretarla alla luce dei dati culturali e delle dottrine preformate. La realtà viene spesso scartata perché non corrisponde all’idea che ho assimilata. Ci sono diversi episodi che mostrano questo metodo di Gesù, che è il principio dell’incarnazione.

È lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?”. Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: “Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda” (Mc 12, 16).

Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi (Gv 8).

Entriamo in contatto con persone omosessuali disarmati da ogni tipo di cultura e dottrina religiosa, per imparare da Gesù a mettere al centro la persona, ascoltarla e aiutala e mettersi in cammino con speranza. Questa è la libertà che Gesù ha espresso nella storia e che anche noi siamo chiamati ad esprimere, nella certezza che chi accoglie lo spirito del Signore diventa una persona libere e, solamente una persona libera può aiutare gli altri a liberarsi.