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Re 19,16b.19-21; Gal 5,1.13-18; Lc 9,51-62
Paolo
Cugini
Che
cosa significa essere cristiani? La domanda non è banale nemmeno per coloro che
da anni sono in cammino e che partecipano alla vita di una comunità. Essere
cristiani, infatti, a volte viene confuso con la partecipazione ad alcune attività
parrocchiali o con il semplice fatto di essere stati battezzati da piccoli ed
aver frequentato il catechismo. Per trovare una risposta proviamo a porre
attenzione al Vangelo di oggi.
Gesù
prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme (Lc
9,51). Si diventa cristiani quando si fa un’opzione di discepolato, vale a
dire, quando si decide di dedicare tempo al Signore, seguirlo sulla strada
della vita autentica da lui indicata. Ciò significa che essere cristiani non è
un problema di dottrina, ma di stile di vita, non di apprendere dei precetti,
ma di vivere il Vangelo. Il contenuto che Gesù propone non si apprende nei
libri, ma decidendo di stare con Lui, di dedicargli tempo e, in questo modo,
rinunciando ad altro. Questa è la differenza principale tra la religione e la
sequela di Gesù. La religione, attraverso l’obbedienza ai precetti e ai riti,
che danno la sensazione di sentirsi a posto, aprono la possibilità di uno stile
di vita parallelo. Nella sequela a Gesù questo modo di pensare di controllare
Dio non funziona, perché ci si affida al Signore. Nella sequela al Signore ogni
aspetto della vita viene trasformato dal suo Spirito: nulla rimane fuori dal
suo orizzonte e tuto diviene estremamente coerente. Nello stile religioso, invece,
la vita religiosa è relegata a momenti specifici e alla realizzazione di
precetti inderogabili; per il resto totale libertà d’azione. La religione non
trasforma la persona, ma la rende più intollerante, dura, scrupolosa.
Mentre
camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E
Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro
nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». Ci
sono tre ambiti della vita che vengono trasformati dal cammino di sequela al
Signore. Il primo è il rapporto con le cose. Il Vangelo è un cammino di libertà
e uno dei primi frutti, se non il primo assoluto, è la libertà nei confronti
delle cose materiali, dal denaro. Questo è uno degli aspetti più visibile nello
stile di Gesù e sul quale Lui stesso ha speso parole significative. Famose, infatti,
sono alcune parabole dove il Maestro insegna a non accumulare e dove
stigmatizza l’atteggiamento di coloro che non riescono a liberarsi dalle cose.
Uno su tutti, è l’incontro con il giovane ricco, la cui ricchezza diventa il
motivo della suo desistere dalla sequela al Signore.
A
un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare
prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i
loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». La
seconda è una libertà nei confronti degli affetti. È questo, un tema delicato,
che spesso non viene compreso bene o, al contrario, enfatizzato. Il cammino
dietro al Signore è, senza dubbio, per chi lo sperimenta, un cammino che
produce grande amicizia e legami di affetto. Anche qui glie esempi sono tante. Basta
sfogliare le pagine di storia, che narrano la vita fraterna delle comunità
cristiane, o degli ordini religiosi, come i francescani, i benedettini, i
carmelitani e tanti altri, in cui si sperimenta una vera ed autentica amicizia.
Quello che Gesù vuole dire, per lo meno come mi sembra di capire, è che i
legami affettivi, di amicizia che si formano nel cammino di sequela, non sono
un assoluto e non possono impedire ed ostacolare la missione. Anche perché, l’amicizia
che Gesù intende, non dipende dalla presenza fisica, che senza dubbio è
importante, ma viene spostata sul piano spirituale. L’esempio è nel gruppo di
discepoli e discepole che Gesù forma. L’amicizia e il legame affettivo con loro
continua anche dopo la morte. Imparare a vivere i rapporti di amicizia e di
affetto, non solamente ed esclusivamente sul piano carnale, fisico, materiale,
ma saperli trasportare sul piano spirituale, è uno degli aspetti più importanti
della sequela.
Un
altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da
quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e
poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». La
terza esigenza evangelica della sequela riguarda la capacità di affidamento al
Signore. Seguire Gesù non significa partecipare a dei riti, come abbiamo visto,
o imparare delle dottrine, delle formule da recitare a memorie. Tutt’altro. Si
tratta d’incamminarsi in uno stile di vita che è agli antipodi del mondo. Dove
c’è corruzione e giochi di potere i fratelli e le sorelle entrano con uno stile
di servizio e spogliazione; dove c’è l’identificazione della felicità con il denaro,
chi segue il Signore condivide quello che ha e, in questo, trova la sua
beatitudine e felicità. Chi inizia questo cammino deve riflettere con
attenzione perché è un cammino senza ritorno, soprattutto se si vuole desistere
dove aver già compiuto molti anni di sequela. Il regno dei cieli è costituito
di fratelli e sorelle che hanno preso la ferma decisione di abbracciare il
Vangelo, di seguire il Signore in ogni momento. Per questo l’adolescenza e la
giovinezza è il momento privilegiato per riflettere sull’orientamento che
s’intende dare alla propria esistenza. È durante la giovinezza che una comunità
cristiana ha il compito di aiutare i giovani a conoscere il Signore, non
imponendo loro dei riti o delle dottrine, ma accompagnandoli nel mistero della
vita evangelica attraverso le scelte fatte.