DOMENICA XVII/B
(2
Re 4,42-44; Sal 144; Ef 4,1-4; Gv 6,1-15)
Paolo Cugini
È il bisogno che muove verso qualcuno o qualcosa
percepito come capace di soddisfarlo. Il bisogno è l’aspetto antropologico
della struttura religiosa e, per questo non va eliminato, ma continuamente accompagnato.
Nel Vangelo di oggi le folle cercano Gesù perché vedevano i segni che faceva
sugli infermi. C’è un bisogno di cura, una situazione di malattia, che provoca
il movimento verso colui che sembra in grado di curare. Questo è il primo livello
di bisogno che deve provocare una domanda nella vita religiosa, in coloro che
entrano in una chiesa nel giorno di domenica. “Perché sono entrato? Di che cosa
ho bisogno? In che cosa mi può aiutare Gesù?”. Sono queste domande semplici, ma
necessarie, che provocano una riflessione sulla nostra situazione attuale, per
non permettere all’abitudine di prendere il sopravvento. È terribile abituarsi
a Dio, ai suoi riti. È scandaloso entrare in una chiesa alla domenica per il
semplice fatto che si è sempre fatto così. Di che cosa abbiamo bisogno? Di che
cosa abbiamo fame? Dove siamo abituati a soddisfare i nostri bisogni? Questa è
un’altra domanda centrale. I bisogni ci sono, fanno parte della struttura umana.
Occorre imparare a riconoscerli, per poterli dominare, per fare in modo che non
siano loro a guidare la nostra vita, a trascinarla dove l’istinto vuole. È
questo livello di comprensione che entra in gioco la vita spirituale, la preghiera.
È proprio a questo livello che entra in gioco l’insegnamento di Gesù, colui che,
prima d’iniziare l’attività pubblica, ha dominato le tentazioni, dimostrando
tutta la forza della sua vita interiore. Non basta avere coscienza dei propri
bisogni, che è già un bel passo nel cammino. Occorre capire come siamo abituati
a soddisfarli e come possiamo imparare a dominarli per essere liberi, per
orientarli verso un obiettivo che abbiamo scelto.
“Allora Gesù, alzati gli
occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo
comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?» (Gv
6).
Non è solo la folla bisognosa che va verso Gesù, ma
allo stesso tempo è lui stesso che va verso di loro, perché vede il loro
bisogno e conosce in che modo ne sono schiavi. La folla ha il problema di una
fame fisica, che non riesce a saziare a causa della povertà, della mancanza di
condizioni. Gesù viene verso di noi per aiutarci a portare i nostri bisogni ad
un livello di profondità maggiore, per cogliere di che cosa sono il segno, per
scoprire in definitiva, di che cosa abbiamo fame davvero. Per compiere questo
cammino che va dalla fame fisica a quella interiore occorre passare attraverso
alcune tappe.
“C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci;
ma che cos’è questo per tanta gente? Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso
grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto
ne volevano”.
La prima tappa che Gesù propone ai suoi discepoli e
indirettamente alle folle, consiste nel passare dal considerare il proprio
bisogno come materiale e da soddisfare in modo individuale, ad uno sguardo più
alto, trascendente e comunitario. Non siamo soli con la nostra fame. Non c’è
solo il fratello e la sorella che hanno fame, ma c’è anche Qualcuno che può
aprirci gli occhi per incontrare le risposte a questa fame. La Parola e l’azione
di Gesù apre alla speranza, alla possibilità di trovare una soluzione, a non
disperare, a non considerare la situazione come inesorabile, ma apprendere a
guardare in alto, a portare il proprio bisogno dal piano orizzontale a quello
verticale.
“Allora la gente, visto
il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui
che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re,
si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo”.
C’è
la religione della pancia e quella del cuore. Passare da una ricerca della
chiesa e di Dio solo per soddisfare un bisogno immediato, ad un cammino di
scoperta di se stessi, della propria interiorità: è questo il senso della
presenza di Gesù sulla terra. Gesù è venuto per aiutarci a non rimanere
schiacciati dal peso della vita materiale, ma di apprendere a guardare più in
profondità, per scoprire che c’è dell’altro. Questo cammino è possibile
solamente seguendo il Signore che abbandona la folla per cercare la solitudine.
È nell’interiorità che scopriamo chi siamo e dove possiamo andare. È nella vita
interiore che scopriamo che il bisogno materiale è segno di un bisogno più
profondo, che va ascoltato perché dice qualcosa di noi e della vita.
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