sabato 7 gennaio 2023

BATTESIMO DEL SIGNORE - ANNO A

 



(Is 42,1-4.6-7; Sal 28; At 10,34-38; Mt 3,13-17)

Paolo Cugini


La festa del battesimo del Signore ci permette di riflettere sul significato di quel sacramento che ancora oggi viene richiesto da quasi tutti i genitori per i loro figli, ma la cui comprensione effettiva è molto offuscata. Senza dubbio, è una richiesta che va accolta e accompagnata, per quello che è possibile, all’interno di un percorso di fede. A volte, la richiesta del battesimo diviene l’occasione per i genitori di riavvicinarsi ad un discorso di fede, mentre in altri casi, si tratta semplicemente di un gesto dai caratteri sociali più che religiosi. Le letture che abbiamo ascoltato ci permettono di recuperare qualche significato del battesimo: vediamo.

Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta (Is, 42 2-3a). Con queste metafore Isaia vuole far comprendere che il Servo di JHWH, questo personaggio misterioso, che i padri della Chiesa hanno visto come un’anticipazione del messia, non farà uso di alcuna forma di violenza, neppure verbale, ma rispetterà i tempi e i modi di ciascuno. Egli, infatti, è inviato a persone impreparate, simili a canne incrinate pronte a rompersi o a stoppini fumiganti che facilmente si spengono. Il suo compito non è dunque quello di imporre il suo messaggio di liberazione, con il rischio di suscitare il rifiuto delle persone a cui si rivolge, ma piuttosto quello di proporlo in modo da ottenere un'adesione libera e convinta. Battezzarsi significa, in questa prospettiva, immergersi nel mondo della non-violenza vissuta da Gesù, sforzarsi di mettere in atto delle dinamiche di pace nei contesi di vita in cui ci si trova a vivere. Immergersi nel Signore significa rinunciare alla logica della forza, che si tramuta in guerra, generando tensioni e discordie. Il battesimo ci pone nel cammino della comunità dei fratelli e delle sorelle che si riconoscono nel Vangelo del Signore e si sforzano di vivere in modo diverso. Ciò che viene espresso dal profeta Isaia sono i tratti dell’umanità nuova visibile in Gesù Cristo e che lo Spirito Santo è in grado di formare in tutti coloro che l’accoglieranno.

Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga (At 10, 34s). Lo Spirito Sano non solo forma i tratti dell’umanità del Signore nella nostra, ma ci apre la mente e il cuore, mostrandoci un modo diverso di stare al mondo. Quella di Pietro è la testimonianza di un cammino compiuto con il Signore e che continua anche dopo la sua morte e resurrezione. Il cammino di comprensione della nuova realtà è lento e non sempre progressivo, perché imbatte costantemente nelle nostre paure e miserie. Arrivare a vivere quello che il Signore viveva non è facile, perché esige uno spirito libero dalle strutture culturali che annebbiano la vista sul mondo. Eppure, Pietro ci insegna che è possibile e che non bisogna demordere mai. Dio non fa preferenza di persone: ecco la grande intuizione! In un mondo in cui fin da piccoli siamo indirizzati a divenire i migliori, a considerare chi viene da altri mondi culturali o sessuali come essere inferiori, non è per nulla facile non solo comprendere quello che ha compreso Pietro ma, soprattutto, viverlo. Attraverso il battesimo veniamo immessi in quella comunità di fratelli e sorelle che hanno capito che dinanzi a Dio siamo tutti uguali, tutti figli e figlie suoi, a sua immagine e somiglianza e dove le diversità non sono nell’ordine della discriminazione, ma della ricchezza del mistero di Dio.

Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia (Mt 3,13s). Il battesimo di Gesù non ci rivela qualcosa sulla sua natura, ma sul suo progetto di vita. Gesù ha interpretato la sua vita come una missione per mostrare all’umanità il senso autentico dell’esistenza e cioè che siamo al mondo non per accumulare beni o per dimostrare di essere migliori degli altri, ma per amare, por discernere con giustizia e attivare modalità di relazione pacifiche e non violente. Ebbene, per compiere questo progetto Gesù ha compreso che non poteva farlo dall’alto al basso, da una cattedra, ma abbassandosi, facendo uno di noi. La vita adulta di Gesù è stato un cammino di abbassamento, di umiliazione e, come dice il Vangelo di Giovanni, venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14). A me sembra una bella indicazione di metodo, che vale per tutti coloro chiamati a vivere relazioni educative di paternità, di maternità o altro. I contenuti esistenziali non si insegnano come farebbe un professore dalla cattedra, ma si comunicano mettendosi al livello di coloro ai quali si vuole inviare il messaggio.

 

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