Gv
1,1-18
Paolo
Cugini
Quello
che abbiamo appena ascoltato è il frutto maturo della riflessione della
comunità cristiana alla fine del primo secolo. C’è ormai, la presa di coscienza
che quel bambino nato a Betlemme in una mangiatoia, sia Dio. È incredibile da
dire e da credere, ma è questa la conclusione della riflessione alla quale è
giunta la prima comunità cristiana. Il punto di partenza che ha permesso questo
tipo di riflessione è la resurrezione di Gesù. Da questo evento straordinario è
sorta l’esigenza di capire com’era nato quest’uomo straordinario. Come
sappiamo, quando parliamo di risurrezione, entriamo nel campo della fede. Dal
punto di vista storico, ciò che abbiamo come dati certi è una tomba vuota. Il
resto della storia è affidato alla testimonianza di coloro – discepoli e
discepole – che lo hanno incontrato come risorto dai morti e lo hanno trasmesso
agli altri. Che cosa hanno capito, allora, le prime comunità cristiane del
mistero di Gesù, che vale la pena ascoltare e può essere utile per il nostro
cammino di fede?
“Tutto
è stato fatto per mezzo di Lui e in vista di Lui”. Se Cristo era prima che
il mondo fosse e per mezzo di lui sono state create tutte le cose (Col
1,16), ciò significa che tutto parla di Lui. Dio si è reso visibile, mediato
dal corpo di Gesù e, in un certo senso, in tutta la realtà ci sono i segni
della sua presenza. Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio
Unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato (Gv 1,18). Ascoltando
queste parole verrebbe da dire che, d’ora innanzi, è impossibile non vederlo. Perché
è importante vederlo? Ce lo hanno ricordato i padri della Chiesa: perché Gesù
rivela l’uomo all’uomo e alla donna che, in altre parole significa, che
ascoltando e meditando la sua Parola ci viene comunicato il senso della nostra
vita, come si realizza in pienezza. Per cui, è vero che possiamo vivere anche
senza di Lui, ma rinunciamo alla possibilità di realizzare pienamente noi
stessi. Gesù ci ha rivelato che la nostra umanità è fatta per amare, è stata,
per così dire, programmata per vivere in pace, a cercare la giustizia, ad
intessere relazioni improntate sulla misericordia e sulla bontà. Gesù è,
dunque, la luce vera, quella che illumina ogni uomo, ogni donna, è luce che
mostra il cammino della vita, che ne mostra il senso e la riempie di
significato.
Il
mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la
sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. La visibilità di Dio in
Gesù Cristo contrasta con il suo rifiuto. Perché questo rifiuto, questa
mancanza di riconoscimento? Perché il mondo si è abituato a vivere con una
seconda pelle, non più guidato dalla semente della giustizia, della pace e
dell’amore, ma dell’egoismo che genera conflitto e disuguaglianza. Sono tanti
gli episodi che manifestano questa realtà di rifiuto. Ne cito solo alcuni. Il
freddo che gli abitanti dell’Ucraina devono subire per la malvagità di coloro
che hanno bombardato le infrastrutture per costringere migliaia di civili al
freddo. Il pianto delle giovani universitarie afgane all’annuncio della loro
espulsione dall’università in quanto donne. I sei mila operai morti in Qatar
per costruire gli stadi dei mondiali. Le decine di barboni sotto i portici di
Bologna che ogni notte dormono al freddo. La lista è lunga di queste
testimonianze del rifiuto della luce del Natale da parte dell’umanità che crede
di poter vivere senza di Lui.
Che
cosa significa, allora, il Natale per noi oggi? La possibilità reale di
permettere che lo Spirito del Signore ricostruisca la nostra coscienza
dall’interno. Questa è la fede: fiducia nella sua Parola. Significa che la luce di Cristo può davvero
trasformarci con la sua Parola. Come dice il profeta Isaia che abbiamo
ascoltato nel tempo di avvento: ascoltate e vivrete (Is 55). Ascoltiamo,
allora il Signore, per fare in modo che la sua Parola generi in noi pensieri
nuovi, scelte nuove, capaci di generare vita, di costruire ponti di pace e di
collaborare per la realizzazione di un mondo più giusto. Buon Natale.
Nessun commento:
Posta un commento