Paolo
Cugini
Genealogia
di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo
(Mt 1,1).
All’alba
del Vangelo di Matteo, si staglia la genealogia di Gesù come una porta che si
apre su un tempo nuovo. Non è soltanto l’elenco di nomi che precede la
narrazione, ma una dichiarazione profonda e profetica: il Mistero entra nella
storia umana non come estraneo, ma come figlio di quella storia, compagno di
viaggio delle sue ferite e delle sue speranze. In questa lunga sequenza di
generazioni, si cela il segno di un cambiamento radicale: il Mistero si fa
vicino, e la storia diventa il luogo dove la salvezza prende forma concreta. Il
racconto della discendenza non è un ritorno al passato, ma la profezia di una
presenza nuova, che abbraccia il mondo così com’è – con le sue luci e con le
sue ombre.
Nel
silenzio che precede la nascita, la genealogia annuncia che nessun nome è
escluso, nessuna storia è perduta. Qui il filo della memoria si intreccia con
la carne e il sangue del popolo, aprendo un varco dove la misericordia può
filtrare tra le pieghe dell’esistenza. È la soglia su cui siamo invitati a
sostare, ascoltando il battito di un Dio che si fa vicino, attraversando i
giorni comuni e le notti inquietanti dell’umanità.
Matteo
ci insegna che Dio non si trova nei cieli remoti, ma nella polvere delle
strade, nel groviglio delle relazioni e nelle stagioni alterne della storia. La
genealogia di Gesù è la narrazione di uomini e donne, di scelte e di
fallimenti, di giustizia e di peccato: è il paradigma di una ricerca che non si
compie nella perfezione, ma nell’accoglienza del limite. Qui si intercetta una
rivoluzione silenziosa: la fede non si costruisce su un passato ideale, ma
nella realtà concreta di chi, spesso inconsapevole, diventa parte di un disegno
che lo supera.
Ogni
nome pronunciato è una pietra vivente di questa architettura divina. La
genealogia non nasconde le imperfezioni, le ferite, le storie spezzate; anzi,
le mette in evidenza, come a dire che il Mistero ama rivelarsi proprio là dove
la fragilità sembra avere l’ultima parola. La storia umana diventa così
laboratorio di redenzione, luogo in cui la Parola si fa carne e il Mistero si
lascia interrogare, accogliendo il tumulto degli affetti e delle contraddizioni.
Scorrere
i nomi della genealogia equivale a contemplare la tela multicolore
dell’umanità. Tra i patriarchi e i re, emergono uomini dalla vita travagliata,
segnati da scelte discutibili e da momenti di grandezza e di caduta. Non vi è
esclusione né selezione purista: la storia di Gesù si radica nella realtà
concreta di chi ha conosciuto sia la tenebra sia la luce. Da Abramo a Davide,
da Salomone a Ieconia, la discendenza si alimenta di uomini giusti e di
peccatori, testimoniando che il disegno di Dio non ha paura delle crepe, ma si
serve di esse per far germogliare la salvezza.
Questo
elenco ci ammonisce contro ogni tentazione di purezza e ci invita a riconoscere
che la santità prende forma proprio nel cuore della condizione umana, fragile e
vulnerabile. Il Vangelo di Matteo, con la sua genealogia, ci consegna una
lezione di realismo spirituale: il Mistero non fugge l’imperfezione, ma la
abita e la trasfigura, seminando speranza laddove noi vediamo solo limiti.
A
rompere un silenzio secolare, Matteo inserisce nella genealogia nomi di donne:
Tamar, Rahab, Rut, Betsabea, Maria. Donne spesso ai margini, protagoniste di
storie segnate da sofferenza, ingiustizia, esclusione. La loro presenza è un
segno di liberazione dal patriarcato e dalla misoginia che schiaccia le donne
in ruoli di schiavitù e che attraversa la narrazione: il Vangelo non si
vergogna di ricordare chi, con coraggio e fede, ha sfidato le regole del
proprio tempo, divenendo strumento di un’azione divina che sovverte gli
equilibri e riscatta le periferie.
Queste
figure femminili incarnano la profezia di una giustizia che non si limita
all’osservanza della legge, ma si spinge verso l’accoglienza e la misericordia.
Tamar rivendica il diritto alla dignità, Rahab si affida alla promessa di
salvezza, Rut supera le barriere dell’estraneità, Betsabea trasforma il dolore
in futuro, Maria accoglie il Mistero nel suo grembo. In ciascuna di loro, la
storia si apre a una possibilità nuova, dove l’esclusione diventa inclusione e
la debolezza si fa forza profetica.
La
genealogia di Gesù è la testimonianza del Mistero che sceglie la carne e la
storia come luogo di rivelazione. Qui il divino si fa umano, la trascendenza si
impasta con la quotidianità, la salvezza prende corpo nel fluire dei giorni e
nella trama di generazioni imperfette. Non c’è distanza tra cielo e terra: la
genealogia annuncia che il Mistero si è lasciato coinvolgere nelle dinamiche
della storia, aprendosi ai drammi e alle speranze di ogni uomo e donna.
In
questa narrazione, si rinnova il messaggio di liberazione, giustizia e
misericordia. Il Mistero non si impone dall’alto, ma si fa prossimo,
condividendo la sorte dei piccoli e degli esclusi. La genealogia è allora una
chiamata a cercare il Mistero non nei luoghi astratti, ma nelle pieghe della
nostra esistenza, là dove la vita si fa faticosa e il senso sembra smarrirsi. È
il segreto di una presenza che si lascia riconoscere tra le ferite, che
trasforma la storia in sacramento della salvezza.
La
genealogia di Gesù che apre il Vangelo di Matteo è più di una lista di nomi: è
il preludio di un Natale che invita a cercare il Mistero nella concretezza
della vita quotidiana, nelle periferie della storia, tra chi è dimenticato e
chi è ferito. In questo tempo di attesa e di speranza, siamo chiamati a
riconoscere la presenza del Mistero là dove meno ce l’aspettiamo, nelle storie
che sembrano perdute, nei volti che la società esclude. È una chiamata
profetica: non accontentarsi di una fede disincarnata, ma lasciarsi coinvolgere
dal Mistero che si nasconde nella fragilità e che parla attraverso le ferite.
Così,
la genealogia diventa profezia e promessa: il Mistero che entra nella storia è
il Dio dei confini, delle periferie, delle situazioni impossibili. Il Natale ci
ricorda che la salvezza non è privilegio di pochi, ma dono che si compie
nell’abbraccio di tutta l’umanità, nessuno escluso. È nel quotidiano, nell’imprevisto,
nel margine che il Mistero ci attende: “Il Signore è vicino a chi ha il cuore
ferito, salva gli spiriti affranti”. Che questo racconto apra i nostri occhi a
una fede viva, capace di riconoscere il volto del Mistero nell’ordinarietà dei
giorni e nella sorprendente bellezza della storia umana.
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