giovedì 8 marzo 2018

I CANTI DEL SERVO DEL SIGNORE- ZONALE OVEST- QUARESIMA 2018




DIOCESI DI REGGIO EMILIA E GUASTALLA - ZONALE OVEST


LECTIO DIVINA NEL TEMPO DI QUARESIMA

RONCINA – GIOVEDI 8 MARZO 2018


Con DON CARLO PAGLIARI



Sintesi: Paolo Cugini

I canti del servo del Signore sono un’ottima preparazione alla Pasqua e un’ottima occasione per entrare dentro la storia e la vita di Gesù.

Contesto. Il libro di Isaia è diviso in tre parti, che corrispondo a tre fasi storiche. Nella seconda parte, chiamata il Deutero-Isaia, si trovano i canti del Servo. In questa seconda parte si parla di una consolazione per il ritorno dall’esilio. Questi quattro canti sono sempre stati misteriosi. Parlano di un servo sofferente, ma non si è mai capito di chi stia parlando l’autore quando parla di questo servo sofferente. Qualcuno l’ha identificato con il re Giosia. Però Giosia viene sconfitto in battaglia e non sembra la fine di un santo. Qualcuno, invece, dice che il servo è Ciro, perché è lui che fa riportare il popolo in Esilio verso Gerusalemme.

E’ stato nel Nuovo Testamento che la prima comunità cristiana ha identificato questo servo con Gesù. Un passo interessante in questa prospettiva si trova negli Atti degli Apostoli al capitolo 8. In questo brano, Filippo si avvicina ad uno straniero che stava leggendo Is 53, ma non capiva chi era il personaggio citato nel testo. Sarà Filippo che lo aiuterà a comprendere il significato del testo.

Isaia Capitolo 42: primo canto del Servo di JHWH. Il canto si apre con parole che gli evangelisti usano per descrivere il battesimo di Gesù. Ci viene presentata una figura che ha su di sé la predilezione di Dio, la sua elezione. La predilezione è un modo di constatare che, in quella persona, risplende in modo particolare la sua esperienza con Dio. Vedendo quella persona si vede in modo trasparente il modo di amare di Dio. Questa è l’elezione. Il concetto di elezione non è mai esclusivo, ma inclusivo. Israele è posto come segno perché anche gli altri possano rendersi conto com’è bello stare con il Signore. Il Servo è un giusto che con le sue scelte risplende la bellezza di Dio. Tutti siamo eletti.
Appare sulla scena il servo del Signore: è colui che è sostenuto da Dio, perché cammina insieme. Su di lui c’è lo Spirito del Signore, il suo modo di pensare, di agire, i suoi gusti, i suoi desideri, la sua logica. Quando uno scopre di essere amato da Dio, si scopre anche che cosa si può fare assieme a Lui. Il sì che diciamo al Signore cambia la vita di una persona. L’azione di Dio tutti i giorni è quello di liberare.
Quali sono le caratteristiche di questa missione del Servo? Il mondo ha un criterio funzionale, utilitaristico. Il Servo ha armi opposte, usa armi deboli. Le armi del mondo sono la violenza, la forza. Le armi di Dio sono la bontà, la mitezza, il silenzio, la voce bassa, la debolezza. C’è una sproporzione fra i criteri di Dio e quelli del mondo.
Il Servo non si spezza, non sarà debole. Come stile il Servo cerca il bene anche più piccolo. Il Signore cerca nel cuore dell’uomo di allearsi anche con un piccolissimo bene. Riconoscere dove c’è bisogno di vita senza farsi ingoiare.
Gesù ha salvato le canne incrinate senza incrinarsi Lui.
La mitezza, la bontà è la capacità di non incrinarsi mettendosi al passo degli incrinati ed esige molta forza. E’ questa l’onnipotenza di Dio.

Secondo canto del Servo. Qui il servo parla in prima persona. Sembra simile a Geremia, che infatti ha vissuto il dramma della persecuzione. Il Servo ha la percezione di sentirsi amato e chiamato da sempre. Essere conosciuti per nome: è il massimo dell’amore. Ti chiama per nome chi ti conosce. Questo Servo ha qualcosa da dire a tutte le nazioni. Udite: il Signore mi ha amato. Anche Gesù fece così. La mia bocca è come una spada affilata. La bocca del Servo dice le stesse parole di Dio. Il Servo percepisce di essere strumento del Signore. Ho risposto: ho faticato in vano. Ho consumato invano le mie forze. Vivere pienamente la missione significa fare esperienza dell’inutilità, della vanità, della poca significanza. E’ strutturale alla missione questo sentimento. La missione sembra inutile perché gli strumenti sono deboli. Vivere nel mondo la logica di Dio significa fare esperienza di un’opposizione forte.

Dio lo abbiamo davanti agli occhi continuamente in questo suo apparente non reagire, non fare niente. Anche Gesù capisce che il Figlio dell’uomo non farà una bella fine. Chi lo vuole seguire deve prendere la sua croce, vale a dire seguire lo stile del Signore, che è al contrario del modo. Inoltre, i criteri di Dio non sono i nostri. Amare come ama di Dio è un’altra cosa. Per questo sentiamo tutta la nostra fragilità e inadeguatezza. Siamo troppo concentrati a cercare resultati. “La mia ricompensa è presso il mio Dio”. Cfr. Gv 4: qualcuno semina e qualcun altro raccoglie. Il seminatore semina su quattro terreni, ma solo su uno funziona (cfr. Mc 4). Gesù è comunque sereno perché basta che un seme caschi in un terreno, che quel seme può portare frutto cento volte tanto. E’ questa la forza del servo: la forza del suo lavoro è che la ricompensa è in Dio. Il Servo resta sempre con le mani vuote. Seminare rimanendo con le mani vuote. E’ Dio che si prende cura della semente. La missione è di Dio. Il frutto è di Dio ed è Lui a farlo crescere. E’ questa è la ricompensa.


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