giovedì 14 gennaio 2021

SECONDA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO B

 



 

Paolo Cugini

 

     Dopo le feste del tempo di Natale la liturgia riprende con il tempo ordinario e, questa seconda domenica, ci presenta la dinamica della chiamata. La settimana scorsa il Vangelo che narrava il battesimo di Gesù ci diceva che durante il battesimo il cielo si era squarciato, permettendo l’entrata di Dio nella storia degli uomini e delle donne nel loro vissuto quotidiano. Oggi ci viene detto che il primo gesto che Gesù compie nella sua attività pubblica è consiste nel chiamare per nome, nel proporre un cammino nuovo di vita autentica, non più condizionato dalla contingenza umana, ma liberato dall’amore sovrabbondante di Dio. Seguiamo, allora, la narrazione che ci propone il Vangelo, per coglierne sia la profondità che la grande attualità.

Giovanni stava con due dei suoi discepoli”: La fede si realizza come cammino comunitario e che si trasmette lentamente, attraverso una relazione personale. Il ragazzo, il giovane, capisce che qualcosa è importante quando lo vede fare da un adulto in cui crede, in cui ha fiducia. Se questo vale in generale, vale anche e soprattutto, per quanto riguarda i contenuti della fede, che si trasmettono attraverso un rapporto quotidiano di fiducia, attraverso uno stare con qualcuno che vive ciò in cui crede. Questo aspetto offre delle grandi indicazioni educative, perché richiama ogni adulto a vigilare sulle proprie scelte, sul proprio vissuto, sulla propria coerenza e autenticità.

E fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: ecco l’Agnello di Dio”: può guidare gli altri verso l’incontro e la conoscenza del Signore colui che lo conosce, colui che dedica tempo alla sua Parola. Giovanni è colui che fissa lo sguardo su Gesù, è attento a Lui, lo conosce e riconosce: per questo può indicarlo ai suoi discepoli. Fissare lo sguardo su Gesù indica la relazione personale con Lui, l’interesse alla sua Parola, alla sua proposta e a tutto ciò che gli riguarda.

E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù”. C’è in questo versetto la verità e la libertà di un rapporto educativo. La relazione educativa nella prospettiva del Vangelo è liberante, nel senso che non lega le persone al maestro, al padre, alla figura educativa. La verità di una relazione educativa matura è quando offre gli strumenti alla persona di trovare il proprio cammino e questo può avvenire solo se avviene uno sganciamento dalla relazione iniziale.



Che cosa cercate?”: la domanda di Gesù manifesta interesse nei confronti dell’interlocutore. È una domanda che rivela un’attenzione, una disponibilità. È una domanda che apre degli spazi di possibilità per coloro che hanno esposto una richiesta. È una domanda che dice anche di un cammino. Trova il Signore, il senso della vita che dà spessore alle scelte fondamentali dell’esistenza chi si pone in ricerca, chi esce allo scoperto e si pone in cammino.

“Venite e vedrete”: la risposta di Gesù manifesta che il cammino di fede non ha una progettualità definita, ma esige che il discepolo, il giovane, faccia dei passi concreti, esige che veda con i propri occhi, che faccia esperienza diretta, che valuti con i propri criteri. Gesù non mostra ai discepoli di Giovanni un programma dettagliato: è necessario un affidarsi. La fede si apprende facendo l’esperienza dell’affidamento reale a qualcuno che ci è stato indicato. I discepoli di Giovanni, accettando la proposta di Gesù, senza averlo mai visto prima, lo seguono perché hanno fiducia in Giovanni, il loro primo maestro. Il cammino di fede passa, così, di fiducia in fiducia, ed è quindi, segnato da una storia di relazioni adulte, significative. Per questo motivo, il tradimento, è l’esperienza più drammatica della fede, perché viene meno il tramite, ciò che faceva da collante, che dava spessore al cammino.



Rimasero con lui”: una parrocchia non può pensare di trasmettere la fede ai giovani semplicemente trasmettendo dei contenuti. Un giovane ha bisogno di vedere, di fare esperienza, di toccare con mano e, soprattutto, di verificare di persona se quello che gli viene detto ha una corrispondenza nella vita reale di colui che trasmette il messaggio. Fare esperienza del Signore e della novità della sua proposta significa rimanere con qualcuno che vive ciò che dice e, in questo modo, mostra che ciò che il Vangelo insegna può avere significato nella vita reale.

“Erano circa le quattro del pomeriggio”: Giovanni, l’evangelista, scrive questo dato a circa cinquant’anni dal suo primo incontro con il Signore. È stato un incontro così significativo che Giovanni ormai vecchio, si ricorda ancora l’ora precisa. Credo che quello che possiamo fare è offrire dei momenti, degli spazi espliciti di preghiera; spazi prolungati nel tempo in cui un giovane ha la possibilità di percepire la presenza di Dio.

Andrea trovò per primo suo fratello Simone e gli disse: abbiamo trovato il Signore!”. Il Vangelo si propaga da solo, da persona a persona. Coloro che hanno incontrato il Signore e hanno fatto esperienza di Lui, non riescono a trattenerlo per loro stessi, non possono, non de la fanno e lo annunciano agli amici, ai parenti, alle persone care, come si fa con qualcosa di prezioso che volgiamo condividere.

Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa”. L’incontro con Gesù cambia la vita offrendoci una nuova identità. Il cambiamento del nome vuole significare proprio questo. D’ora innanzi Simone non sarà più lo stesso, ma una nuova persona.



Il messaggio che ci arriva in questa seconda domenica del tempo ordinario è molto chiaro. Se desideriamo essere persone nuove che non si lasciano più schiavizzare dagli elementi del mondo, ma vogliamo vivere nella libertà dei figli e delle figlie di Dio, dobbiamo alzarci, metterci in cammino alla ricerca del Signore che viene al nostro incontro per offrirci uno stile di vita nuovo e così potremo dire con il salmo di oggi: “Ecco io vengo, Signore, per fare la tua volontà” (Sal 39).

 

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