giovedì 25 giugno 2020

QUALE SEQUELA?




[Note dal diario spirituale del 2003]

Paolo Cugini

Mt. 20,1-18: Tu, Signore, chiami al lavoro della Tua vigna chi vuoi e quando vuoi. C’è questo primo aspetto importante: Tu esci a tutte le ore per chiamare operai a lavorare. È la missionarietà: uscire per chiamare a lavorare. Uscire sempre, senza stancarsi di invitare qualsiasi persona per lavorare. Uscire per invitare: è segno di una libertà immensa, che rivela anche il desiderio di incontrare chi è fuori. È segno anche di un universalismo: tutti sono invitati a lavorare nel Regno dei cieli. Non ci sono esclusi. Chi entra, entra per lavorare e non per fare ciò che vuole. Lavorare nella vigna del Signore, significa aderire ad un progetto, accettare di collaborare ad un progetto che non ho creato io, ma che mi è stato offerto. Ciò è importante. La realizzazione personale passa attraverso l’adesione ad una proposta, un progetto che è al di là di me, di ciò che io posso pensare o intendere.

“Perché siete qui tutto il giorno inoperosi?” (Mt. 20,6).

Condizione umana: Inoperosità, non sapere che cosa fare e perché fare. Condizione di inquietudine o, al contrario, di rilassatezza. Mancando una proposta, una meta per cui valga la pena lavorare l’uomo perde la tensione verso il futuro. La parabola, infatti mostra che si cammina verso il futuro se si lavora nel presente. O meglio, che il futuro non è semplicemente un punto posto fuori dal tempo e dalla storia: al futuro ci arrivo lavorando ogni giorno. Tempo e storia sono il luogo esistenziale e teologico in cui si realizza il futuro. La vigna, il Regno dei cieli, è quella realtà, situazione che riempie il tempo e la storia umana di significato, aiutandola a camminare verso il futuro.

“Andate anche voi nella vigna” (Mt. 10,7).
Forza di una proposta. Forza dell’incontro, della relazione. Il padrone di casa sa che ha bisogno di operai per lavorare la vigna. Importante è lavorare la vigna. Non ci sono troppe regole, né legislazioni specifiche per entrare a lavorare. Basta l’invito. La vigna come realtà in cui si incontrano le persone invitate. Mi colpisce questa assenza di norme, di decreti, prescrizioni. Si entra nella vigna, se invitati nella vigna per lavorare e per nessuna altra cosa. La motivazione del lavoro è la paga. Una paga che è uguale per tutti. Come se importante, l’importante fosse il lavorare nella vigna, perché lavorando nella vigna c’è l’assicurazione di un futuro. È inutile, quindi, entrare nella vigna con delle prospettive moderne: meritare di più o meno, essere primo o ultimo.

“Gli ultimi saranno i primi e i primi ultimi” (Mt. 20,16).
Tu Signore sconvolgi le logiche moderne, la tensione che gli istinti egoistici provocano nel cuore umano che lo spingono a primeggiare, ad essere superiore agli altri. Il lavoro nella vigna, svuota l’uomo e lo doma da questi desideri dettati dalla concupiscenza. Il lavoro nel Regno dei cieli svuota l’uomo dall’egoismo e dall’orgoglio, perché l’uomo che lavora per il Regno, per la vigna si riempie di Dio e così non sente più il bisogno di affermare se stesso negando il fratello. È il lavoro nella vigna che per sua natura è appagante, realizzante. Sono concetti umani che sto utilizzando, ma che esprimono ciò che succede o che deve succedere nel cuore e nella mente di colui che accetta l’invito di lavorare nella vigna del Signore.

“Quando giunsero i primi pensavano che avrebbero ricevuto di più” (Mt. 20,10).
È triste rimanere a lavorare nella vigna del Signore senza che nulla accada, nulla si trasformi. Come può accadere ciò? Perché possiamo rischiare di lavorare tanti anni nella vigna senza che muti sostanzialmente l’atteggiamento di fondo? Perché dipende da come ci stiamo nella vigna. Se si lavora nella vigna coltivando dei progetti, delle aspettative, oltre il lavoro nel regno non attingeremo molto in profondità e l’anima rimarrà in superficie. Quando invece viviamo nella vigna con il cuore pieno di gratitudine per l’occasione che ci è stata offerta, allora, questa gratitudine, svuoterà totalmente il cuore dai sentimenti egoistici. È l’affetto della grazia santificante che causa quello che significa.


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