(Sir
24,1-4.8-12; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18)
Bisogna
pur apprendere ad ascoltare, per non correre il rischio d’inventare sempre, di
distorcere le parole e, si sa, le parole pesano, soprattutto quando sono
rivelate, quando vengono da un’altra parte. E allora a Natale, il giorno del
presepio, il giorno della pace dell’anima, della pace dei cuori, della pace
degli uomini e delle donne, dove tutti siamo più buoni, più felici, dove i
bambini sono al centro dell’attenzione, Lui, il grande sconosciuto, entra nella
storia, nella nostra storia felice, piena di sentimenti buoni, ricolma di quei
sentimenti, che ti fanno pensare che la religione in fin dei conti
s’identifichi con un sentimento, il grande sentimento universale di bontà.
In
principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio (Gv 1,1).
E
allora entri TU e ci dici che sei il Logos, il pensiero e non il sentimento, la
ragione e non la devozione, l’argomentazione e non la magia. Che sorpresa! Che
spaventosa e grande sorpresa! Perché se sono abituato ad aspettarmi quello che
da secoli mi hanno insegnato, ci hanno insegnato e cioè che tu sei sentimento,
che tu sei miracolo, che tu sei la soluzione di tutti i mali, non riesco ad
ascoltare la tua Parola, non riesco a cogliere la grande differenza di come ti
poni nella storia, non riesco a capire che cosa stai dicendo. E allora proprio
oggi che è Natale, che siamo tutti così felici, che ci aspetteremmo delle
parole come sempre, delle parole uguali, delle parole soprattutto che non ci
disturbino, che non ci inquietino, che non ci facciano pensare, Tu arrivi con
questa del Logos, tu ci fai la sorpresa del Logos, che nessuno capisce non solo
perché è greco, ma perché non è quello che avremmo voluto sentire, quello che
il popolo avrebbe voluto sentire.
In lui era
la vita
e la vita era la luce degli uomini (Gv 1, 4).
Avremmo
voluto sentire che tu eri Pathos, e invece ci dici che sei il Logos e così ci
spiazzi, ci confondi le idee. Anzi diciamo subito che le confondi solo a chi
pone attenzione a questo scherzetto, perché per poter essere turbati bisogna
essere attenti, bisogna porre attenzione alle parole. E allora tutti si
aspettavano Pathos, perché la religione è da sempre identificata con il
sentimento, perché l’uomo religioso, perché la donna religiosa sin da secoli
memorabili sono persone dai forti sentimenti religiosi. Mai si era sentito
parlare che per avvicinarsi a Dio ci voleva la ragione, il Logos, il pensiero,
l’argomentazione. E invece vieni Tu e ti riveli come il Logos e ci parli, e ci
mostri che in questo Logos c’è la vita. E allora ti dobbiamo ascoltare, ti
dobbiamo seguire. Per questo tutti quelli che si sono fermati allo stadio
puramente mentale – anche se sono stati bravi, dobbiamo ammetterlo, perché
hanno avuto l’umiltà di ascoltarti, hanno avuto il coraggio di spostarsi dal
lato sentimentale a quello razionale – si sono persi nel labirinto dei pensieri
astratti che, in questo modo, sono diventati vani, svuotando la forza del
Logos.
E il Verbo
si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14).
Perché il Logos si manifesta nella vita e,
senza la vita, rimane lettera morta, vuota. Di che vita si tratta? Che vita
ispira il pensiero di Dio? È la sete di giustizia, il desiderio di amare tutti,
di non escludere nessuno. È la vita condivisa soprattutto con chi non ha nulla,
è la ricerca costante di cammini di pace e di comunione, il desiderio di vedere
il mondo riconciliato. È quella vita che si rende visibile nelle relazioni, perché
Lui si è fatto carne, è diventato uno di noi, nostro amico, nostro fratello,
che trasmette un pensiero che, in realtà, è uno stile di vita, un modo di essere
e stare nel mondo.
Ho posto
le radici in mezzo a un popolo glorioso,
nella porzione del Signore è la mia eredità,
nell'assemblea dei santi ho preso dimora (Sir 24,12).
Ce
lo ha ricordato anche il libro del Siracide nella prima lettura: c’è un desiderio
immenso del Mistero di Dio di entrare nella storia degli uomini e delle donne,
al punto di desiderare di porre la sua tenda in mezzo a noi. Ebbene, questa
tenda è Gesù, che è in mezzo a noi per comunicare vita. È questa vita che
diventa luce nel mondo e che attrae, anche se allo stesso tempo provoca
tensioni, contrasti chiusure. È normale. Ce lo ricorda anche Isaia nella messa
del giorno di Natale (Is 9, 1s). Chi siamo, infatti? Siamo un popolo che
cammina nelle tenebre e che una volta visitati dalla luce resistiamo, chiudiamo
gli occhi. E, allora, spalanchiamo gli occhi, apriamoci alla luce di
Cristo, per essere segno nel mondo della vita vera, per divenire con Cristo,
portatori di giustizia e di pace.