Ritiro
spirituale di avvento
Galeazza
domenica 4 dicembre 2022
Paolo
Cugini
“Venite,
saliamo sul monte del Signore” (Is 2,3). Vita di fede come salita verso
l’alto. Interessante è notare il fatto che anche la filosofia greca quando
nasce, parla della conoscenza come un cammino in salita, un cammino verso
l’alto. Ne parlava Platone nei suoi dialoghi, dove scrive, che era proprio
questo cammino che Socrate insegnava nella piazza di Atene e lo stesso Platone
nella sua scuola. Vita come cammino verso l’alto, come salita. Possiamo chiederci:
che cosa significa e che cosa comporta?
È
vero che questo linguaggio risente dell’impostazione astronomica tolemaica che
non funziona più, ma esprime un’idea importante. Per imparare a vedere in modo
diverso la realtà, per smettere d’identificare la realtà con i dati immediati
che abbiamo a disposizione e che vengono dai sensi, occorre imparare ogni
giorno a salire verso l’alto e guardare la realtà dall’alto. Questo è molto
importante, perché ci aiuta a non rimanere con la mente ottusa e chiusa dall’evidenza
del mondo sensibile, che non ci permette di vedere oltre, di sperare. Verso
l’alto significa prendere le distanze dal livello materiale della vita e
approfondire le possibilità della vita interiore, le sue possibilità. Un
significato simile lo troviamo nelle parole di Paolo quando nella lettera agli
Efesini afferma:
Per
questo io piego le ginocchia davanti al Padre, 15dal quale ha origine ogni
discendenza in cielo e sulla terra, perché vi conceda, secondo la
ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell’uomo
interiore mediante il suo Spirito. Che il Cristo abiti per mezzo della
fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in
grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza,
l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera
ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio (Ef
3, 14-19).
Questo
è il senso del nostro lavoro spirituale: fare di tutto per rafforzare il nostro
uomo, donna interiore. Ciò significa permettere allo Spirito Santo che operi in
noi, per rendere i nostri cuori pieni di misericordia e per rendere la nostra
umanità sempre più simile alla sua. Per fare in modo che Cristo abiti nei
nostri cuori, occorre un lento e quotidiano lavoro spirituale di assimilazione
del Vangelo. In questo modo, come ci ricorda sempre san Paolo, riusciremo a
indirizzare la nostra esistenza e le nostre scelte nella linea dell’amore di
Cristo.
Vi
conceda: è un dono. Il rafforzamento dell’uomo, della donna
interiore è un dono. Ciò significa che non è frutto di uno sforzo umano, di una
conquista, ma di qualcosa d’altro. In Gesù Cristo ci viene donata la
possibilità di uscire dalla gabbia della pura materialità e dalla prigione del
pensiero comune, per incamminarci verso una piena umanizzazione di noi stessi.
Imparare,
in questo viaggio dalla terra al cielo, dalla materia allo spirito, dai senso
all’intelligenza, a guardare la realtà con occhi nuovi, da un punto di
osservazione diverso, a non lasciarsi ingannare dall’apparenza. La preghiera,
la meditazione – poi ci spieghiamo che cosa indicano questi due germini – sono
gli strumenti privilegiati per questo cammino, che potremmo definire di
liberazione, perché ci libera dalla pressione della materia, dall’evidenza
immediata che ci viene offerta dai sensi e che alimenta l’opinione del popolo.
Uscire dalla prigione dall’opinione pubblica, quella a basso prezzo, perché non
costa nessuna fatica, quella formata – per dirla con Péguy – dalle idee belle
fatte, preconfezionate: è il senso del cammino verso l’alto.
Concretamente
cosa significa questo cammino, come si realizza? Vedendo la fatica dell’uomo e
della donna di compiere questo percorso, Dio stesso ci è venuto incontro e: “abbassò
i cieli e discese”. Ce lo ha insegnato Paolo affermando che: “Colui che
discese è lo stesso che ascese al di sopra di tutti i cieli” (Ef 4,10). C’è
un cammino nella storia degli uomini e delle donne che va dalla terra al cielo,
dal mondo materiale al mondo spirituale, dalla realtà condizionata dal limite e
dalla morte, verso una realtà in cui non ci sarà più notte né morte, come ci
ricorda il libro dell’Apocalisse, ascoltato nelle ultime due settimane
dell’anno liturgico.
E
vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima, infatti,
erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la
Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per
il suo sposo. 3Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e
diceva:
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno
suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni
lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento
né affanno, perché le cose di prima sono passate». (Ap
21, 1-4).
È
bello riempirsi l’anima con queste parole, con queste immagini!
È
il mistero dell’incarnazione, Dio che viene a camminare in mezzo a noi. Si sale
verso l’alto seguendo il cammino che ha tracciato il Signore, che è passato da
questo mondo al Padre. È il contatto con il Vangelo che ci permette di seguire
la traccia che Gesù ha lasciato dentro la storia. Ma cosa significa leggere il
Vangelo, come si entra dentro questo testo affinché lo Spirito del Signore
presente nelle sue parole possa davvero ispirarci? La Parola non si apre ad un
cuore superficiale, ad una lettura frettolosa: esige tempo. Viene da lontano,
non solo in senso temporale, sul piano della storia, ma anche spaziale,
spirituale. È una Parola che viene da Dio, impastata di detriti umani, che
esigono di essere ripulita, per fare in modo che l’ascolto penetri la mente e
sveli i suoi misteri.
Ci
sono dei passi da compiere per permettere al Vangelo di parlare al nostro
cuore.
·
Il primo è ringraziare.
·
Il secondo è predisporsi per accogliere la
misericordia di Dio.
·
Il terzo è invocare lo Spirito Santo.
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