Paolo
Cugini
Uno dei Dodici, chiamato
Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi
perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d'argento. Da
quel momento cercava l'occasione propizia per consegnare Gesù
(Mt 26,14).
Il
problema di Giuda non è tanto il fatto che ha tradito Gesù - anche -, ma di
come lo ha seguito, di come è stato accanto a lui per tre anni. È il modo di
essere discepolo che caratterizza la personalità di Giuda, che è rivelativa di
un modo di stare nella chiesa, nella comunità. Giuda è il prototipo del
discepolo, potremmo dire del cristiano che segue Gesù, che entra nella comunità
non perché attratto da una proposta e cerca di porre la propria vita nella
direzione proposta dal Signore, ma perché ha degli interessi, ha dei propri
obiettivi. Il proposito di Giuda era molto chiaro: pensava che Gesù incarnasse
il tipo di messia, così com’era stato annunciato da un filone profetico, che
avrebbe sconfitto i romani. Giuda, nei tre anni che ha accompagnato Gesù
assieme agli altri, ha visto dei miracoli, ha ascoltato delle parole, ma non le
ha assimilate cercando di comprenderne il significato, ma le ha interpretate
alla luce delle sue proprie aspettative di Gesù.
Giuda
ha tradito Gesù consegnandolo nelle mani dei suoi nemici, e cioè i capi
religiosi del popolo, perché Giuda stesso si era sentito tradito da Gesù, nel
senso che non avevo corrisposto alle sue proprie aspettative. Giuda, con l’andar
del tempo, scopre che Gesù non è il messia che lui sperava che fosse: è tutta
un’altra cosa, tutta un’altra proposta e, per questo, lo tradisce. A questo
punto è lecita una domanda: ma quanto Giuda c’è in noi? In che modo stiamo
nella comunità? Che interesse abbiamo? Che cosa cerchiamo? Aiutaci, Signore, a
seguirti per essere come te e non per manipolarti e piegarti ai nostri bisogni.
Amen.