Paolo
Cugini
“Susciterò un tuo discendente dopo di te,
uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno… La tua casa saranno
saldi per sempre davanti a me, il tuo trono sarà reso stabile per sempre” (2
Sam7,14.16)
“Ed eco concepirai un figlio lo darai alla
luce e lo chiamerai Gesù… Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre
e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe” (Lc 1,36)
Il
tempo di Avvento ci propone dei punti di vista diversi per guardare l’evento
della nascita di Gesù, affinché possiamo cogliere qualche frammento della sua
complessità e immensa novità. E allora dopo aver ascoltato queste letture ci
chiediamo: che cosa di Gesù ci dicono queste letture? Che cosa della sua
nascita.
Ponendo
accanto 2 Sam 7 che annuncia la profezia della Parola Di Dio che per mezzo del
profeta Natan annuncia la stabilità perenne del Regno di Davide e il Vangelo in
cui l’angelo annuncia a Maria che sarà madre di colui che assumerà il trono di
Davide, risalta immediatamente il rapporto tra la profezia e la sua
realizzazione.
C’è dunque un primo significato che individuiamo in modo
immediato, vale a dire la forza della Parola di Dio che si realizza nel tempo.
Non si tratta, comunque di una realizzazione immediata. Tra la profezia e il
compimento ci sono circa mille anni. I tempi di Dio si spalmano su di un tempo
prolungato. La spiritualità che sgorga dalla Parola di Dio, ci conduce in un
cammino di pazienza, ci allena ad esercitarci a non pretendere
nulla, a non esigere che Dio risponda alle nostre richieste: ci educa
all’attesa. Questo, tra l’altro, è uno dei tratti specifici della spiritualità
del tempo di Avvento. Se volgiamo conoscere Dio e i suoi piani, dobbiamo
rassegnarci ad abbandonare la piattaforma del tempo in cui la cultura
Occidentale ci ha posto, una piattaforma fatta di pretese, che velocizza sempre
di più il rapporto tra richiesta e soddisfazione. Tempo in cui il punto focale
della relazione non sta nella qualità della richiesta, ma sulla sua quantità.
La velocità della risposta non ci permette di capire se ha un senso quello che
chiediamo, se è una richiesta che sgorga dal profondo del cuore, o è semplicemente
il frutto di pressioni esterne, della cultura che ci circonda.
Tra la
promessa e la sua realizzazione non c’è immediatezza e linearità. Siamo
al capitolo 7 del secondo libro di Samuele quando Davide riceve la profezia di
Natan della promessa della stabilità perenne del suo regno che Dio gli
assicura. Ci si aspetterebbe l’impegno di camminare fedele al Signore come
segno di gratitudine. E invece, sfogliando la Bibbia dopo alcune pagine lo
troviamo già avvolto nel peccato di adulterio, al punto che per avere un donna manda
ad ammazzare suo marito. Andando ancora avanti, troviamo Salomone il figlio di
Davide che lo succede al trono, che perde la testa dalle troppe donne e che
porta dentro a Gerusalemme i culti idolatrici delle sue donne straniere. E Poi
Geroboamo, che continua con l’idolatri al punto da dividere il Regno. Tutto
questo per dire che la verità della profezia, la sua forza, non sta tanto nella
risposta dell’uomo e della donna, ma nella Parola stessa. E’ quello che Gesù
esprimerà nella Parabola del seme in cui sostiene che il seme germina e si
sviluppa senza che l’agricoltore sappia come (cfr. Mc 4,26-29). La
realizzazione delle promesse avviene indipendentemente dalla risposta dell’uomo,
avviene perché Dio è fedele a se stesso. A noi è richiesta l’umiltà di
affidarci su questa Parola che viene da molto lontano, ripiena di elementi culturali
che vanno filtrati perché non dicono più della nostra vita, ma che nonostante
tutto, è portatrice ancora di significati per noi oggi.
C’è un
altro aspetto che mi sembra importante sottolineare di questa liturgia. Che cos’è
la profezia? E’ una Parola di Dio comunicata da un uomo di Dio, un profeta, per
l’umanità. La profezia dice di una Parola pensata, dice di un progetto di Dio per
noi; dice di un’idea che vien dall’amore di Dio. La profezia dice di un
Dio che guarda l’uomo e la donna e ha pensieri d’amore per loro, per il loro
cammino, la loro vita. La profezia è una Parola di Dio conficcata dentro la
storia che prima o poi arriverà a germinare perché, come dice il salmo “La giustizia si affaccerà dal cielo mentre
la verità germoglierà dalla terra” (Sal 84, 12). La stessa idea la troviamo
anche nel profeta Isaia: “Si squarci la terra, fiorisca la salvezza e insieme
germogli la giustizia” (Is 45,8). L’amore di Dio si manifesta come pensiero che
si traduce in una Parola definitiva per noi che germoglierà dalla terra i suoi
frutti. C’è, allora, una presenza misteriosa di Dio nella sua Parola, una Sua
presenza nella storia molto discreta e rispettosa della libertà dei suoi figli
e figlie. Ed è di questa libertà e discrezione che abbiamo bisogno per divenire
ed essere noi stessi