venerdì 26 settembre 2025

IL GRANDE ABISSO

 




 

Paolo Cugini

 

«Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo - disse - deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno» (Lc 9, 21-22).

Nella vita, le domande hanno un potere spesso sottovalutato: alcune aprono strade nuove, altre le chiudono con decisione. Altre ancora, invece, ci aiutano a capire a che punto siamo del nostro percorso, quale tipo di ricerca stiamo compiendo e come procede la nostra crescita personale e spirituale. Le domande rivelano infatti qualcosa di chi le formula e la profondità del rapporto che cerca di instaurare con il proprio interlocutore. Ma, come in ogni dialogo, dopo la domanda arriva la risposta, ed è qui che le cose si complicano. A volte la risposta sorprende, altre volte delude. Può capitare di ricevere risposte che paiono dimostrare una comprensione profonda, ma che in realtà sono completamente fuori contesto. In queste situazioni, è fondamentale prestare attenzione alle risposte che diamo: non bisogna precipitarsi, né credere troppo in fretta di aver capito tutto. Spesso le domande più semplici nascondono insidie, sono veri e propri trabocchetti volti a sondare chi siamo e dove siamo arrivati nel nostro cammino.

Questa dinamica è evidente nel celebre brano evangelico di Luca 9, 21-22, dove Gesù interroga i discepoli sulla sua identità. Pietro risponde senza esitazioni, chiamando Gesù “il Cristo di Dio”. Apparentemente sembra aver colto nel segno, sembra aver compreso la vera natura di Gesù. Ma la risposta di Gesù sorprende: si autodefinisce “Figlio dell’uomo”. Ecco il trabocchetto, la trappola che rivela la distanza tra la percezione di Pietro e la realtà profonda del mistero di Cristo. Tra i due titoli messianici — “Cristo di Dio” e “Figlio dell’uomo” — esiste un abisso. Pietro, pur seguendo Gesù da tempo, pur avendo ascoltato le sue parole e assistito ai suoi prodigi, non ha ancora modificato la sua comprensione di Gesù. Rimane ancorato alle sue sicurezze, alla visione che aveva all’inizio del cammino. Gesù, con la sua risposta, invita i discepoli ad entrare in questo abisso, ad abbandonare le proprie certezze, per lasciarsi plasmare dalla novità profonda che egli porta. È in questo salto, che può generare paura e smarrimento, che si diventa davvero suoi discepoli. Solo chi accetta di lasciare le proprie sicurezze e di immergersi nell’ignoto che Gesù propone può avvicinarsi alla risposta della grande domanda: “E voi, chi dite che io sia?”

Non si tratta di trovare una definizione corretta, né di rispondere con le parole giuste. Si tratta di intraprendere un cammino di trasformazione, di lasciarsi interrogare e sorprendere, di andare oltre le formule per entrare nel mistero. Le domande, quando sono vere, ci costringono a metterci in gioco, a uscire dalla zona di comfort e a esplorare territori sconosciuti. La risposta, per quanto possa sembrare adeguata, non sempre svela la verità: spesso è solo il primo passo verso una comprensione più profonda. Il dialogo tra Gesù e Pietro ci insegna che, per scoprire la nostra vera identità e quella di chi ci sta accanto, occorre il coraggio di abbandonare le certezze e di entrare nell’abisso delle domande che cambiano la vita.

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