giovedì 4 febbraio 2021

LA SALVEZZA VIENE DAL SIGNORE

 



QUINTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO B


 

Paolo Cugini

La Parola di Dio non offre solo indicazioni utili per la vita, ma presenta anche delle chiavi di lettura per capire la condizione umana. È questo che leggiamo oggi nella prima lettura presa da un testo del libro di Giobbe: “ricordati che un soffio è la mia vita” (Gb 7,7). Sono parole che riprendono un tema che ricorre spesso nella Bibbia, dalla letteratura profetica a quella sapienziale. Lo stesso Isaia, infatti, afferma che: “Come un tessitore hai arrotolato la mia vita… Dal giorno alla notte mi riduci all’estremo” (Is 38,12). Anche la letteratura deuteronomista, elaborata all’epoca dell’esilio in Babilonia, elabora una riflessione in sintonia con quello riportato sinora: “Alla mattina dirai: se fosse sera! E alla sera dirai: se fosse mattina! A causa dello spavento che agiterà il cuore e delle cose che i tuoi occhi vedranno” (Dt 28,67). Forse, però, la riflessione più profonda in questa direzione la troviamo nel libro di Qoelet, animato da una visione pessimista sull’esistenza che, a tratti, sfiora il nichilismo più radicale nei passaggi ripetuti in cui afferma che: “tutto è vanità” (Qo 2, 23), che non c’è un senso nella vita. “Tutti i giorni dell’uomo non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa” (Qo 2,23). Tutto ciò, per dire che la condizione esistenziale della vita quotidiana deve fare i conti con tutta una serie di problematiche, che limitano l’azione dell’uomo e della donna, ne tarpano i sogni, le proiezioni future.

Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati” (Mc 1,32). È Gesù colui che può curare le ferite dell’umanità! Dora innanzi c’è qualcosa nella storia, un principio di vita piena che riempie ogni richiesta di senso, che è capace di sanare ogni ferita dell’anima, che è in grado di orientare chiunque in questo mondo abbia perso la direzione. Gesù è venuto a realizzare le attese annunciate dai profeti, che in certo modo, rispondevano al grido disperato della letteratura sapienziale: “O voi tutti assettati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite, mangiate: venite, comprate senza pagare, senza pagare vino e latte… Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete” (Is 55,1.2). È Gesù l’acqua che disseta, il pane che sfama, la Parola che orienta e dà senso alla vita.

In queste parole c’è, a mio avviso una grande indicazione spirituale che la liturgia lascia intravedere. È la ferita il punto di partenza della scoperta di Dio. Del resto, ce lo ricorda anche il salmo 31 : “Ti ho fatto conoscere il mio peccato, non ho coperto la mia colpa” (Sal 31). È ciò che non accettiamo di noi stessi, ciò che ci fa soffrire e che, in ogni modo cerchiamo di nascondere a noi stessi e agli altri e che provoca anni di fuga alla ricerca di un sollievo altrove, un sollievo provocato dalla dimenticanza, dal voler dimenticare a tutti i costi quello che invece, ci plasma, ci forma. Ebbene, la Parola di oggi ci dice che Gesù è venuto a curare proprio quella ferita che con tanta cura nascondiamo a noi stessi, quella che non ci lascia dormire di notte, che ci fa stare male, che ci provoca continui interrogativi. È fermandoci un giorno ad ascoltarci, a guardare ciò che in tanti modi cerchiamo di nascondere a noi stessi e agli altri, uno sguardo sincero, aperto ad un intervento salvifico che viene dall’alto, che possiamo sperimentare la presenza di Colui che è venuto a salvarci con il suo amore.

Come farsi guarire dal Signore? Lasciandosi toccare da Lui. “Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano” (Mc 1,31). Permettere a Gesù che ci unga con il balsamo del suo amore, con il suono della sua voce. È guardando con sincerità la nostra ferita che possiamo sperimentare il tocco del Signore, che viene verso di noi con la sua Parola, con la comunità in cui Lui si fa vivo e presente. È aprendo la ferita dinanzi al Signore che possiamo sperimentare il dono della sua umanità che incontriamo nei sacramenti, segni visibili del Suo amore invisibile. Ed è compiendo questo cammino di liberazione e di salvezza, che potremo anche noi dire con il salmista: “Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti! Voi tutti retti di cuore, gridate di gioia!” (Sal 31).

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