giovedì 18 febbraio 2021

I CANTI DEL SERVO

 



Incontro preti Zona Terre del Reno Renazzo – Diocesi di Bologna

 

Relatore: Marco Settembrini

Sintesi: Paolo Cugini

 

Guardando la passione di Gesù pensiamo alla condivisione della sofferenza. Gesù è nella storia di ogni giorno, entra dove ci sono incontri e dove di fatto c’è l’imprevisto, il dolore, l’ingiustizia.

I Canti del servo parlano di Dio che porta la salvezza al popolo. Sono caratterizzati da una fondamentale condivisione. Questa riflessione viene fatta in un periodo in cui non è ancora maturata l’idea di una salvezza dopo la morte. Per ora c’è una salvezza di un popolo.

Mosè muore sul Sinai e il popolo entra nella terra promessa. La morte di Mosè ha una posizione all’interno del popolo: lui muore e il popolo entra. Nelle scritture si parla della morte di Mosè come atto di obbedienza.

Al centro del libro di Isaia si parla di Ezechia che si ammala e poi guarisce. Nel libro di Isaia si associa la sorte del re con la sorte della città. La vita del re è la vita della città; la malattia del re è il pericolo della città.

Quando Gesù è crocefisso i discepoli si disperdono. Quando Gesù è risorto ed appare la comunità si edifica.

Primo canto del servo: c’è un uomo mite e vittorioso. La parola servo nella retorica di corte è il re, in ebraico si usa anche per indicare un generale. Il re Ciro è presentato come il servo di JHWH per liberare la città. Il re riceve lo Spirito nel momento dell’unzione. “Non griderà non si lamenterà…”. Sarà un re vittorioso e rispetterà tutti. Si parla di questo servo così come le fonti antiche parlano di Ciro. Dietro l’azione di quest’uomo si vede il creatore. “Ti formo come alleanza per i popoli”: come il creatore ha messo Adamo per avere cura di tuta la terra, così ora pone il re per prendersi cura di tutti.

Is 49: “sin dal seno di mia madre mi ha chiamato”. Viene annunciato un re pienamente giusto. Si abbandona l’idea che la figura che salva sia un re, il messia lentamente sarà innanzi tutto un profeta. Siamo già al di fuori dalla casa di Davide. Questo testo assomiglia alle iscrizioni regali babilonesi perché il re diceva di essere il più sapiente e il più forte. È la sapienza che assicura il successo. Gli scribi che compongono questo poema presentano una figura regale che sia all’altezza degli altri re. Israele nasce da un Patriarca scelto sin dal seno di sua madre. Ogni Israelita sa di poter contare sul Signore. In questo servo emerge l’identità profonda dell’israelita.

Is 50: È un israelita che finisce sotto processo, subisce le percosse previste, ma si sente sostenuti dal Signore. Il processo accade succede perché ha preso le parti di chi è stanco. Gli stanchi sembrano essere coloro che tornano dall’Esilio, è la stanchezza associata al viaggio. Ha preso le parti del diseredato. I ricchi gliela fanno pagare. Lui dice: il Signore mi assiste.

Is 53: la morte di qualcuno come espiazione per altri. Questa idea in Israele si elabora quando non c’è più il tempio. Si pensa che la sofferenza serva per espiare dal peccato. Espiare: situazione capace di cancellare gli effetti del peccato. Ci sono delle azioni che hanno delle conseguenze e il problema è cancellare le conseguenze. È cresciuto come una radice in terra arida.  I ricchi sono in parallelo con gli empi. V. 11: è l’immagine del sacrificio di Isacco. Il travaglio: sofferenza, donne che partorisce.

Questo servo patisce e la sua sofferenza genera una discendenza nuova. L’israelita è qualcuno che si fa carico degli altri. Il Servo è qualcuno che si fa carico degli altri e riconosce nella propria vita le promesse dei padri, la missione di avvicinare molti.

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