mercoledì 20 ottobre 2021

GETTARE VIA IL MANTELLO

 



DOMENICA XXX/B

(Mc 10, 46-52)

Paolo Cugini

 

Nel Vangelo della scorsa settimana l’Evangelista Marco poneva come protagonisti della narrazione due discepoli, Giacomi e Giovanni, chiamati i figli del tuono per il loro impeto ed esuberanza, che manifestano la loro sordità nei confronti della Parola di Gesù. Infatti, la richiesta che loro avanzano di sedere alla sua destra e alla sua sinistra, rivela l’incomprensione del contenuto della proposta di Gesù. Per loro vale il detto: hanno orecchi, ma non odono. Nel Vangelo proposto in questa domenica continua la presentazione delle difficoltà che i discepoli hanno di comprendere appieno il messaggio del Maestro, difficoltà che si manifesta nell’incapacità di prendere le distanze dal proprio modo di pensare e di proiettare su Gesù delle aspettative che non gli appartengono. Ma veniamo al racconto.

Gesù partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla. È indicativa l’espressione di Gesù che parte da Gerico, perché proprio a Gerico era iniziata per mano di Giosuè la conquista della terra promessa. È come se Marco volesse sottolineare che quella terra che rappresentava il sogno di libertà nei confronti del dominio egiziano, sia ora divenuta una terra di schiavitù dalla quale è meglio partire, schiavitù da quelle leggi che invece di liberare l’uomo, lo hanno imprigionato.

il figlio di Timeo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».

Bartimeo è un nome composto da una parola aramaica – bar – che significa: figlio, e timaios, una parola di origine greca che significa: onorabile. Sembra, dunque, che si tratti di una ripetizione dello stesso nome, forse per indicare i due discepoli protagonisti della precedente narrazione, vale a dire Giacomo e Giovanni. Nome simbolico, dunque, che indica il discepolo che è acciecato dalle sue idee al punto da non riuscire a “vedere” la novità della proposta di Gesù. Infatti, il cieco chiama Gesù di: figlio di Davide, quell’appellativo che proviene da quella tradizione profetica che identifica il messia successore di Davide, come colui che libererà Israele dall’oppressore con forza e violenza. Eppure Gesù, sin dall’inizio nelle sue parole e nelle sue scelte si è manifestato tutto fuorché un violento. Gesù è venuto ad annunciare il Regno di Dio, una possibilità di vita fuori dagli schemi del sopruso e della violenza, ma dominato dall’uguaglianza e dall’amore. Chiamare Gesù con l’appellativo figlio di Davide, significa non aver compreso il suo messaggio, non aver colto la novità della sua proposta. È questa la grande cecità di Bartimeo, che simbolizza la cecità dei discepoli, di coloro che travisano e non comprendono il discorso di Gesù, perché accecati dalle proprie ideologie.

Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!».

È il cieco che si muove verso Gesù, un movimento che indica il cammino di conversione, di cambiamento di mentalità. C’è, in primo luogo la voce di Gesù che lo chiama. È l’ascolto della parola del Signore la sola che ci può scuotere dalle nostre sicurezze, che non ci permettono di vivere in pienezza, in modo autentico. Poi è la comunità che invita il cieco ad alzarsi. C’è la sottolineatura del ruolo della comunità, chiamata ad aiutare le persone nel cammino di comprensione del suo messaggio. In ogni modo, né la Parola del Signore, né la comunità possono produrre alcun tipo di cambiamento se non c’è il coinvolgimento personale della persona interessata. Prima di Balzare in piedi il cieco getta via il suo mantello, chiaro simbolo di quelle ideologie che sino ad ora non gli hanno permesso di “vedere” il Signore, di percepire la bontà della sua proposta. La domanda di Gesù dice della libertà necessaria nel cammino di fede, che è una proposta e non un’imposizione.

Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato».

Ha ragione san Paolo quando afferma nella lettera ai Romani, che è la fede che salva l’uomo e la donna da una vita inautentica. Che cos’è la fede? Nel caso in questione è il cammino compiuto dal cieco, cammino che va dall’ascolto della Parola, all’aiuto della comunità e, soprattutto, dal suo gesto di gettare il mantello per poi alzarsi e andare verso Gesù. La fede è il coraggio di gettare via ciò che c’impedisce di metterci in piedi, di vedere. Il mantello è il simbolo di quella cappa fatta di tradizioni umane che non permettono di cogliere la bellezza del Vangelo, Gettare via il mantello: è questo che ci chiede oggi il Vangelo.

 

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