Marco 10, 17-30
Paolo
Cugini
“Mentre Gesù andava per la strada” (Mc
10, 17). Il ministero di Gesù, se così lo vogliamo chiamare, si svolge sulla
strada, in un continuo movimento verso Gerusalemme. Strada come luogo per
eccellenza dell’incontro, della disponibilità a lasciarsi incontrare, senza
filtri, burocrazie, segreterie, o altro. C’è la disponibilità ad un contatto
immediato, corpo a corpo, un’accessibilità a tutti. E’ la Chiesa in uscita che,
senza dubbio, non l’ha inventata Francesco, ma nasce così, dallo stile di Gesù.
La
richiesta del giovane ricco è la tipica domanda che nasce da un contesto
religioso, che stimola l’individualismo borghese. E’ la ricerca di una salvezza
individuale, esattamente come hanno insegnato i dottori della legge,
insegnamento che prima di provocare un cammino verso l’altro, tenta di
soddisfare il proprio egoismo. C’è tutta una religione malata, che serve a
questo gioco subdolo e ambiguo, che si serve della dottrina per innalzare se
stessi sugli altri, invertendo in questo modo l’autentico cammino di fede. Gesù,
al contrario, è venuto ad annunciare il Regno dei cieli, mostrando con il suo
stile di vita la possibilità di realizzare un pezzo di cielo nelle relazioni
nuove, che si possono instaurare tra discepoli e discepole che accolgono la sua
Parola. Relazioni non più basate sul possesso, sull’interesse personale, ma sul
dono di sé, sulla gratuità, la ricerca della giustizia. La Chiesa, d’altronde,
dovrebbe essere proprio questo, vale a dire, uno spazio di umanità differente,
nella quale chiunque si sente accolto, senza alcuna discriminazione.
Non
è un caso che Gesù, interpellato dal giovane in cerca di gloria religiosa,
risponda indicando come cammino da compiere solamente i comandamenti che
implicano una relazione, tralasciando gli altri. Del resto, è questo il senso
del suo messaggio che troviamo nella buona novella: attraverso di Lui e con
Lui, è possibile compiere quel cammino che ci aiuta ad uscire da una vita
incentrata su noi stessi per vivere per il Signore e per i fratelli e le
sorelle che pone sul nostro cammino (Cfr. 2 Cor 5, 15).
“Una sola cosa ti manca: va’, vendi quello
che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”
(Mc 10, 22). Forse aveva regione Origene a sostenere che, in realtà il giovane
ricco non era altro che un bugiardo, perché è impossibile rispettare i comandamenti
di Dio, che hanno nell’amore al prossimo il culmine, e non riuscire a
condividere i propri averi con i fratelli e le sorelle. La verità del cammino
che il Signore propone non consiste nell’osservanza di precetti, di regole o di
gesti cultuali, ma nel dono di sé all’altro. La condivisione dei propri beni
con i poveri significa la disponibilità alla costruzione di quel regno di
giustizia intaccato all’egoismo umano. Una disponibilità che non si ferma alla
superficie, ma che cerca di andare alla radice, alle cause.
E’
ascoltano Gesù e la su buona novella che ci rendiamo conto quanto la religione
del tempio, che sostituisce la tradizione degli uomini alla Parola di Dio, sia
ancora così presente nelle nostre comunità. L’accoglienza agli stranieri o l’attenzione
nei confronti di ogni forma di emarginazione – vedi le persone LGBT – invece di
trovarci pronti e disponibili, provocano invece tensioni e divisioni nelle
comunità cristiane. E allora, quella tristezza narrata nel volto del giovane
ricco, si trova spesso stampata anche nei nostri. Il Vangelo è strumento di
salvezza, come ci ricorda san Paolo (Rom 1,16) proprio perché è capace di
realizzare quello che dice. Ci libera dal peso di una vita concentrata su noi
stessi per aprirci agli altri, che è forse l’unico modo per sperimentare la
gioia che viene da Dio.