XIII
DOMENICA TEMPO ORDINARIO
2
Re 4,8-11.14-16a; Sal 88; Rm 6,3-4,8-11; Mt 10,37-42
Paolo
Cugini
Con questi versetti si conclude oggi la lettura del
capitolo 10 del Vangelo di Matteo iniziata due domeniche fa. È il capitolo che
riporta il discorso missionario Di Gesù, l'invio dei suoi discepoli ad
annunciare il Vangelo. A conclusione di questo discorso, Gesù propone una
riflessione sui tratti che devono contraddistinguere tutti coloro che
annunciano il Vangelo. Vediamo, allora, di cosa si tratta.
Chi ama padre o madre più̀ di me non è degno di me;
chi ama figlio o figlia più̀ di me non è degno di me; chi non prende la
propria croce e non mi segue, non è degno di me (Mt 10,37). La prima caratteristica che
caratterizza il missionario consiste nella capacità di fondare legami basati
sulla libertà. Le parole del versetto ascoltato presentano una grande
radicalità, che va interpretata. Gesù ci ricorda che la relazione umana che
fonda tutte le relazioni e quella con il Padre. Anche alla base delle relazioni
familiari ci deve essere la relazione originaria con il Padre. Il pericolo che
Gesù intravede nelle relazioni familiari consiste nella possibilità reale di
creare legami di possesso. Per poter essere capaci di amare, occorre essere
persone libere e questo è possibile quando si cresce all'interno di relazioni
familiari che aiutano l'individuo ad libero, a sviluppare le proprie capacità
per giungere a seguire il proprio cammino.
chi non prende la propria croce e non mi segue, non è
degno di me. Solamente un
discepolo, una discepola, libero/a può essere in grado di percorrere il cammino
dell'amore, simbolizzato dalla croce di Gesù. Infatti, prima di essere
l'immagine di un sacrificio, la croce di Gesù esprime il punto finale di una
bellissima e intensa storia d'amore. Nella croce possiamo vedere la luce
dell'umanità di Gesù, che ha saputo amare il Padre, i suoi discepoli e le sue
discepole sino alla fine dei suoi giorni. Nemmeno le minacce, la tortura, le
percosse e gli insulti hanno potuto arrestare la forza dirompente dell'amore di
Gesù. Solo una persona libera può vivere l'amore nel modo profondo e intenso che
ha vissuto Gesù. Lui stesso con i suoi discepoli e le sue discepole ha creato
non legami di possesso, ma di libertà. La risorsa umana e spirituale chi
animava l'amore di Gesù era il suo rapporto con il Padre. Gesù non trovava
consolazione e non la ricercava nelle gratificazioni umane, che avrebbero
potuto creare lacci di possesso e di dipendenza con i suoi discepoli e le sue
discepole. La fonte dell'amore di Gesù, la sua consolazione la cercava nella
relazione con il Padre e per questo era capace di accompagnare le persone senza
legarle a sé. È questa una delle caratteristiche umane più importanti del
missionario.
Chi avrà̀ tenuto per sé la propria vita, la perderà̀,
e chi avrà̀ perduto la propria vita per causa mia, la troverà̀. Se volessimo descrivere con un'espressione il cammino
di conversione che compiono coloro che seguono il Signore e si predispongono ad
annunciare a tutti la bontà del suo messaggio, la troveremmo nelle parole del
versetto riportato sopra. L'incontro con il Signore ci conduce ad un passaggio
fondamentale nel modo di vivere e di impostare l'esistenza. Passiamo infatti,
da una vita incentrata su noi stessi a una vita donata agli altri e a Dio. Se
volessimo individuare una caratteristica della nostra cultura occidentale la
possiamo trovare nel modo in cui, fin da piccoli, veniamo educati ad essere al centro
dalle attenzioni di tutti e tutte, spinti a diventare i migliori in ogni cosa
che facciamo, ad ingrandire così il nostro orgoglio, il nostro egoismo.
L'incontro con Gesù ci conduce fuori dal nostro egoismo e ci porta ad uno stile
di vita orientato sugli altri.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me
accoglie colui che mi ha mandato. Accompagnati
nel cammino della libertà, che ci conduce ad amare i fratelli e le sorelle che
incontriamo sul nostro cammino, veniamo stimolati a curare la qualità delle
nostre relazioni umane. L'accoglienza del Vangelo, della buona novella che non
solo annunciamo con le parole, ma la anticipiamo nello stile di vita vissuto in
comunità, è possibile proprio attraverso le relazioni che sappiamo instaurare. È
questo che ci insegna Gesù quando ci parla di coloro che sono inviati ad
annunciare Il Vangelo. L'attenzione alle relazioni umane, all'ascolto
dell'altro, dell'altra, in modo particolare dei più piccoli e dei più deboli, è
la strada maestra che apre il cuore all'accoglienza della semente di vita
eterna che è il Vangelo.
Chi avrà̀ dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua
fresca a uno di questi piccoli perché́ è un discepolo, in verità̀ io vi dico:
non perderà̀ la sua ricompensa. L'indicazione
dei tratti dell'umanità che deve caratterizzare coloro che sono inviati ad
annunciare il Vangelo, si chiude con un paradosso. Gesù ci dice che basta un
bicchiere d'acqua fresca per entrare nel Regno dei cieli. Dopo aver presentato la
radicalità della sequela, Gesù alla fine sembra giocare al ribasso. In realtà,
se riflettiamo attentamente su questo versetto, ci accorgiamo che non è così.
Infatti, per poter dare un bicchiere di acqua fresca aa un piccolo, occorre
prima di tutto riuscire a vederlo. Questo è il problema. Una vita incentrata su
se stessi, sul proprio egoismo, non ci permette di vedere i piccoli che il Signore
pone al nostro incontro. L'effetto che l'incontro del Signore opera nella
nostra mente e nella nostra coscienza lo possiamo definire come una
illuminazione. Paolo negli Atti degli apostoli definisce proprio così
l'incontro con Gesù: avvolto da una luce. Anche Sant'Agostino nelle confessioni
parlati illuminazione quando descrive il suo incontro con Gesù. La conversione
è un cambiamento di mentalità, di modo di vedere e di stare al mondo che ci
permette di vedere la realtà come la vede Gesù. Solo chi ha accolto il Vangelo
del Signore si accorge dei piccoli che sono accanto a sé e solo allora potremmo
offrire un bicchiere di acqua fresca.
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