lunedì 23 gennaio 2023

VANGELO DI GIOVANNI CAPITOLO 9

 




 

[Annotazioni di Paolo Cugini]

 

1 E passando, vide un uomo cieco dalla nascita, uscendo dal Tempio, Gesù incontra quelli che non possono accedere al Tempio. È la religione che con le sue regole, con la sua legge, separa gli uomini da Dio e man mano che andremo avanti nel vangelo, comprenderemo perché l’evangelista attribuisce il peccato del mondo all’istituzione religiosa. Sopra il mondo c’è una cappa di tenebre che impedisce alla luce del Signore di arrivare all’umanità. La tenebra si chiama istituzione religiosa, che è riuscita a convincere le persone che sono in peccato, che sono impure ed escluse da Dio. Per certe persone non c’è alcuna speranza, perché nella religione si insegna che l’uomo impuro deve purificarsi per essere degno di avvicinarsi al Signore. L’unico che può purificarlo è il Signore, ma se è impuro non si può avvicinare e allora non c’è speranza! L’istituzione religiosa è una cappa di tenebre che impedisce agli uomini di scorgere l’amore del Signore. Gesù è venuto a rompere la cappa di tenebre, come dirà poi Pietro, dopo la sconvolgente esperienza, in cui vede il pagano Cornelio, ricevere lo stesso Spirito che lui aveva ricevuto. Per Gesù non ci sono persone impure, è la religione che ha impedito ad alcune persone di avvicinarsi al Signore. Gesù di fronte agli impuri, non attende che si purificano per essere degni di accoglierlo, dice: accoglimi che io ti purifico e ti rendo degno. È quello che ora fa, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita, è un personaggio anonimo ed è uno stile dell’evangelista per dire che è un personaggio rappresentativo, a cui si possono rivolgere quelli che vivono la stessa situazione. La cecità non è una malattia, ma è la peggiore maledizione divina.

Ci sono cinquantadue maledizioni del libro Deuteronomio, e tra esse c’è la cecità. È una maledizione, perché il cieco non può leggere la Legge, la parola di Dio; il cieco era ritenuto un castigato da Dio, come del resto tutte le malattie. Nel trattato delle benedizioni, nel Talmud, dove si benedice per tutto quello che accade nella giornata e nell’esistenza, si legge: chi vede un mutilato, un cieco, uno la cui testa è scolpita dalla lebbra, uno zoppo, uno che è affetto da una infiammazione dica: Benedetto il giudice veritiero. Si riteneva che la persona ammalata fosse stata castigata per le sue colpe.

2 i suoi discepoli lo interrogarono: Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco? Erano talmente sicuri che la cecità fosse un castigo inviato da Dio, che il loro unico dubbio è se ha peccato lui o i suoi genitori. Quando tutto va bene, siamo d’accordo, di fronte a un momento nero c’è il rigurgito dell’uomo religioso e pensiamo: cosa ho fatto per meritarmi questo o il Signore non me lo doveva fare, perché non me lo meritavo. È l’idea dei castighi meritati. Prima del concilio, dopo la confessione si recitava l’atto di dolore dicendo: perché ho meritato i vostri castighi e ci è rimasto dentro, nel sangue. 

3 Rispose Gesù: Né lui ha peccato, né i suoi genitori. Esclude in maniera categorica che il male sia una conseguenza del peccato e dobbiamo convincerci. Quando scoppiò LA PANDEMIA, alcuni prelati della chiesa dissero che era una conseguenza dei peccati degli uomini! Nella Genesi, il libro della creazione, la prima opera di Dio fu la luce. Il mondo era informe, lo Spirito aleggiava sul caos e Dio disse: venga la luce. E la luce fu. Perciò le opere di Dio sono le opere della creazione. In questo individuo che non ha usufruito della luce della creazione, Gesù inaugura le opere di Dio (Gesù rimodellerà l’uomo, con lo sputo sul fango, a sua immagine e somiglianza). Nell’uomo ritenuto maledetto da Dio, peccatore dalla religione, emarginato dalla società (è un mendicante), si manifesta visibilmente l’opera del creatore. È una persona che è stata esclusa dall’azione creatrice, e Dio lo vide e continua a creare.

4 Noi dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. Parlando al plurale, Gesù invita i discepoli ad associarsi alla sua attività. Dai vangeli emerge il tema importante che il creato non è stato terminato, è in corso di creazione. Gesù, al capitolo 5 non osserva il sabato, perché il sabato indicava la fine del lavoro di Dio. Gesù non è d’accordo: il Padre mio lavora e anch’io lavoro. Reinterpreta il racconto della Genesi, che non è il rimpianto di un paradiso irrimediabilmente perduto, ma la profezia di un paradiso da costruire. Nel brano della creazione l’uomo peccatore è escluso dal paradiso, con Gesù l’uomo peccatore entra in paradiso, per lui costruito. Non c’è da rimpiangere un paradiso abbandonato, ma da rimboccarci le maniche per costruire quell’armonia tra uomo e donna voluta dal Signore.

5 Finché sono nel mondo, io sono la luce del mondo. Secondo il profeta Isaia, la missione del Messia non si restringeva ad Israele, andava verso i confini dell’umanità. Gesù non si proclama luce di Israele, ma luce del mondo. Quello che non riuscirà a compiere durante la sua esistenza terrena, sarà compito della comunità continuare a prolungare. Più avanti dirà: quello che io ho compiuto, anche voi lo compirete, anzi farete opere più grandi di quelle che io ho compiuto. Dio ha tanta stima degli uomini che ci chiama a collaborare alla sua azione creatrice, attività che non terminerà con la morte. Nel passo dell’Apocalisse, l’autore dice: beati quelli che muoiono nel Signore e indica che quando si entra nella vita definitiva, l’unica attività che si continua a fare, di quello che abbiamo fatto sulla terra, è collaborare all’azione creatrice di Dio. In questa esistenza terrena siamo chiamati a collaborare all’azione creatrice del Padre e questa attività non terminerà neanche con la morte. Collaborare all’azione creatrice del Padre vuol dire fare opere che comunicano vita, gioia e felicità alle persone. 

6 Detto questo, non c’è alcuna relazione tra il peccato e la malattia e che il Signore vuole portare vita a tutti gli uomini, sputò per terra, la saliva era ritenuta avere delle proprietà medicamentose, per fare del fango con lo sputo l’evangelista legge le azioni di Gesù come azioni del Creatore, quando creò il primo uomo. Nel libro della Genesi si legge che Dio fece del fango, con l’argilla creò il primo uomo. Quando Gesù incontra un peccatore (il cieco secondo la mentalità dell’epoca è un castigato da Dio, è un maledetto, se poi ha peccato lui o i suoi genitori resta in sospeso) non lo rimprovera, non lo manda a purificarsi, lo inonda del suo amore creatore. L’azione di Gesù è prolungare nel tempo l’attività creatrice del Padre e plasma la persona secondo il progetto originario di Dio. Ci aspetteremmo e mise il suo fango sugli occhi, invece unse. L’evangelista usa un verbo che non è appropriato, non si unge con il fango; unse in greco è epecrisen, cris è la stessa radice di Cristo, l’unto. L’evangelista fa un gioco di parole, perché unse non è il termine appropriato e molti manoscritti successivi hanno corretto con il termine più appropriato mise. L’evangelista vuole indicare che Gesù modella l’uomo a sua immagine e somiglianza; lui è il Cristo (Messia in ebraico), l’unto del Signore, l’uomo che ha condizione divina e incontrando l’uomo lo modella a sua immagine e somiglianza. Per questo Giovanni usa ungere al posto di mettere e mise, il suo fango sugli occhi, Gesù, l’uomo sul quale è sceso lo Spirito comunica la propria potenza creatrice al cieco.

Andò dunque, si lavò e tornò vedendo. di Gesù è condizionata dalla risposta dell’uomo. L’evangelista ci presenta quanto accadde nella prima guarigione compiuta da Gesù a Gerusalemme sull’invalido, a cui disse: alzati e prendi il tuo giaciglio. Non dice: alzati e cammina, perché il camminare non dipende da Gesù, ma dall’individuo che ha come condizione prendere il proprio giaciglio.

8 Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, per la prima volta, nel corso della narrazione si dice che è un mendicante, non solo cieco dalla nascita, emarginato dalla religione che lo ritiene un maledetto da Dio, è anche emarginato dalla società, perché è un mendicante, e dicevano: Non è egli quello che stava seduto a mendicare? La domanda ci lascia perplessi. Perché non riescono a riconoscerlo? Era cieco e adesso vede (non è che era monco e gli è spuntato un arto), ma come mai i vicini che lo conoscevano non lo riconoscono? Attraverso queste espressioni l’evangelista vuole indicare l’assoluta novità, visto che non c’era mai stato nell’Antico Testamento un caso di una guarigione di un cieco dalla nascita, ma ci prepara alla profonda trasformazione che avviene interiormente nelle persone che accolgono il messaggio di Gesù.

9 Alcuni dicevano: È lui, altri dicevano: No, ma gli assomiglia. Non meraviglia tanto il cambiamento fisico, ma la profonda trasformazione interiore avvenuta nell’individuo. Quando una persona ritrova libertà, dignità, grazie all’incontro con Gesù, diventa una persona nuova pur restando la stessa. Prima di Gesù la comunione tra Dio e gli uomini avveniva in un luogo, il Tempio; ci volevano delle persone, i sacerdoti; ci voleva una Legge, un culto che permettevano all’uomo di entrare in comunione. Con Gesù la comunicazione è immediata, completa e totale; Dio si fonde con l’uomo e l’uomo che l’accoglie diventa un uomo con condizione divina. Per questo il cieco dice Io sono.

10 Allora gli dicevano: Come dunque ti si aprirono gli occhi? In tutta la narrazione non c’è alcuna espressione di gioia e di allegria per la guarigione dell’individuo, la loro preoccupazione è come ti sono aperti gli occhi. L’espressione aprire gli occhi verrà ripetuta per ben sette volte; il numero sette richiama sia i giorni della creazione, e nell’attività di Gesù si vede la continuazione dell’azione creatrice di Dio, sia la completezza. Questo allarma le autorità, perché Isaia diceva che tra le azioni che il Messia avrebbe compiuto, c’era quella di aprire gli occhi ai ciechi. Non significa restituire la vista ai non vedenti, ma liberare le persone dall’oppressione politica e religiosa. Quando nei vangeli si legge che Gesù apre gli occhi ai ciechi, può essere che abbia restituito la vista ai non vedenti, ma non è quello che l’evangelista vuole trasmettere. Aprire gli occhi ai ciechi significa liberarli da una oppressione che impedisce di vedere i disegni di Dio su di loro. La gente che vive sottomessa, obbediente alle autorità religiose credendo che il sommo sacerdote rappresenti Dio e trasmetta la volontà di Dio, che vive con il senso di colpa e di peccato, quando incontra Gesù si accorge di un Dio completamente diverso.

12 Gli dissero: Dov’è questo tale? Non lo so. L’azione di Gesù è rendere le persone libere, non le lega a sé; l’attività di Gesù è restituire dignità agli uomini, far scoprire loro dignità e libertà, il seguirlo sarà poi un’attività cui loro dovranno pensare.

13 Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco. non c’è manifestazione di giubilo, né di allegria; condussero ha una connotazione negativa e indica essere trasportato contro la propria volontà - lo ritroveremo nei vangeli con Gesù condotto dalla casa di Caifa a Pilato – come se lo avessero arrestato. L’uomo da miracolato diventa un imputato.

14 Or è di sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Ma non poteva farlo un altro giorno? L’invalido della piscina lo era da 38 anni e se lo guariva mezza giornata dopo era contento ugualmente e il cieco dalla nascita sarebbe stato contento lo stesso. Benedetto Cristo, è il caso di dire, che te le vai in cerca, era di sabato! Il giorno di sabato era proibito fare 39 lavori, che secondo la tradizione erano serviti per la costruzione del Tempio e tra questi c’era fare del fango, quello che Gesù ha fatto. I 39 lavori erano suddivisi in altri 39 lavori per un totale di 1521 azioni proibite da compiersi in giorno di sabato.

15 A loro volta i farisei, dunque, gli chiesero come avesse acquistato la vista. A loro interessa sapere la modalità, se ha riacquistato la vista attraverso la trasgressione della legge.

16 Allora alcuni dei farisei dicevano: Quest’uomo non è da Dio, perché non osserva il sabato. Ci troviamo di fronte i farisei, che mettevano in pratica durante la vita quotidiana ben 365 comandamenti, 248 proibizioni per un totale di 613 azioni! Erano persone in cui ogni gesto, ogni attività era scandita dalla preghiera, non c’era nulla che non fosse accompagnato dalla benedizione. Come è possibile che uomini pii, religiosi, attenti che nella propria vita non entrasse nulla di impuro, che vivevano nella perfetta santità (fariseo vuol dire separato, con il proprio stile di vita si separava dal resto della gente) quando incontrano in Gesù la pienezza della divinità non solo non la riconoscono, ma affermano senz’ombra di dubbio: è un peccatore, non viene da Dio? Vedono che uno viene da Dio, se osserva la legge; per Gesù essere da Dio, lo si vede in relazione all’amore per l’uomo.

Altri dicevano: Ma, come può un uomo peccatore compiere tal segno? E c’era dissenso (l’evangelista dice scisma) tra di loro. In qualche fariseo è incrinata l’ostentata sicurezza di quelli che ragionano con in mano il codice di diritto, come può essere peccatore uno che compie tali segni? L’azione di Gesù che comunica vita, luce, al cieco nato, mette in crisi il gruppo dei farisei e l’evangelista mette le basi della tensione sempre esistente nella comunità cristiana. Ci sarà sempre tensione tra chi guarda alla legge di Dio e chi guarda il bene dell’uomo.

17 Allora dissero di nuovo al cieco: Tu che dici di lui, che ti ha aperto gli occhi? Per la terza volta torna l’espressione aprire gli occhi. La situazione qui è capovolta. Coloro che vedono - e i farisei ambivano al titolo di essere guide dei ciechi per il loro stile di vita, di santità e per l’osservanza dei 613 precetti e si ritenevano un faro che illuminava la vita dei ciechi - sono i ciechi (per loro Gesù non viene da Dio, è un peccatore), il cieco, il maledetto da Dio, adesso vede. 

Tu che dici di lui, che ti ha aperto gli occhi? E lui rispose: È un profeta. L’uomo non ha dubbio che in Gesù c’è un inviato da Dio. Mosè aveva detto che Dio, dopo di lui avrebbe inviato un profeta come lui e il cieco dice, ecco il profeta che aspettavate. I farisei che stanno giorno e notte con il naso sulla scrittura, non se ne rendono conto. 

18 Ma i Giudei non credettero i farisei scompaiono ed entrano in campo i Giudei, i capi religiosi e civili di lui che era stato cieco, La denuncia dell’evangelista è tremenda: le autorità religiose per difendere la loro teologia negano l’evidenza e difendono il proprio prestigio e se stessi. Per salvaguardare il proprio interesse sono pronte a tutto, anche al crimine. Il fatto è evidente: il cieco adesso vede, ma poiché questo mette in crisi la loro teologia, che non può essere negata, negano il fatto evidente.

19 E li interrogarono: In realtà è una intimidazione e pongono due domande ben pensate. Questo è il vostro figlio che voi dite essere nato cieco? li stanno accusando di imbroglio e cercano di intimidirli in modo che neghino la realtà del fatto, Come mai ora ci vede?. Non è vero che è vostro figlio e se è vostro figlio, non è vero che era cieco, lo avete fatto per ingannare la gente.

20 I suoi genitori risposero: Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco;

21 come poi ora ci veda, non lo sappiamo, ne sappiamo chi gli ha (è la quarta volta) aperto gli occhi. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di se stesso. L’atteggiamento dei genitori sembra essere vile, scaricando sul figlio la responsabilità dell’accaduto: noi non sappiamo chi gli ha aperto gli occhi: ha l’età (è maggiore, ha 13 anni, il protagonista è poco più di un ragazzo), parlerà lui di se stesso.

22 Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei. È la prova che il termine Giudei non indica gli appartenenti al popolo, ma i capi; anche i genitori del cieco sono giudei, eppure hanno paura dei Giudei. Infatti, i Giudei si erano già accordati, che se uno l’avesse riconosciuto come Messia, venisse espulso dalla sinagoga. I capi del popolo, sommi sacerdoti, scribi, che dovevano presentare al popolo la volontà di Dio e che in teoria, nella preghiera, pregavano per l’arrivo del Messia, avevano il terrore del suo arrivo e avevano già stabilito che se qualcuno riconosceva Gesù, Messia, doveva essere espulso dalla sinagoga.

24 Allora chiamarono una seconda volta l’uomo che era stato cieco e gli dissero: Dà gloria a Dio! Immaginate la soggezione del povero ex cieco di fronte alle massime autorità religiose: dà gloria a Dio. È una espressione ebraica che invita la persona a confessare, anche se va contro il proprio interesse; quindi sii completamente sincero, anche se la tua sincerità va contro il tuo interesse. Noi sappiamo (è tutta la categoria dei capi religiosi) che quest’uomo è peccatore; le autorità religiose impongono il loro punto di vista all’uomo, che non ha diritto di avere una propria opinione.

Una cosa so: ero cieco e adesso ci vedo. L’espressione è di una bellezza unica e fonda la libertà di coscienza dell’individuo. Ci sono voluti 2000 anni alla chiesa per arrivare a questa conclusione: quando esiste un conflitto tra una verità rivelata, tra la dottrina, tra la teologia, la propria esperienza e la propria coscienza hanno il primato. Di fronte ad un conflitto tra la tua esperienza che vivi, che è bella, che stai bene così e una teologia che ti dice sei in peccato, devi rinunciare al tuo stile di vita perché altrimenti sei in peccato, quella ha il primato. La storia purtroppo ci ha insegnato che spesso le persone hanno sacrificato la propria vita e affettività e sessualità perché c’era una religione che diceva: voi siete in peccato.

L’uomo dice: Una cosa so: ero cieco e adesso ci vedo. Per me sta bene. La coscienza dell’individuo ha il primato su qualunque verità o dottrina rivelata.

26 Allora gli dissero: Che cosa ti ha fatto? Per loro è inammissibile che trasgredendo la legge di Dio, si possa compiere il bene; è un fatto imprevedibile che non rientra nel loro diritto canonico. Come ti ha aperto gli occhi? è la quinta volta che glielo chiedono e per cinque volte l’uomo ha risposto, ma non l’ascoltano. L’uomo non si piega all’autorità e non vuole ammettere quello che dovrebbe ammettere, che per lui sarebbe stato meglio rimanere cieco, piuttosto che vedere per opera di un peccatore. Però la forza della vita è più forte di qualunque dogma e l’uomo non ci sta, ora ci vede.

27 Rispose loro: Ve l’ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Forse volete diventare anche voi suoi discepoli? è il massimo dell’ironia. L’uomo ha già risposto, ma le autorità non lo hanno ascoltato. Una gerarchia religiosa che non ascolta il popolo non viene ascoltata; non ascoltano il popolo perché non ascoltano Dio, e non ascoltano Dio perché non ascoltano il popolo. Per la gerarchia religiosa è impossibile ascoltare il popolo, tra loro e i fedeli c’è un abisso. Appartengono ad una casta religiosa e non scendono a contatto con le persone, questo ognuno può ambientarlo nel proprio campo.

28 Allora lo insultarono, non sanno come replicare, e gli dissero: Tu sei discepolo di quello! detestano tanto Gesù, che è Dio, da evitarne di pronunciare il nome. Lo trattano con grande disprezzo. Com’è possibile che quando Dio si manifesta, proprio coloro che pretendono di essere i suoi rappresentanti, non solo non lo riconoscono, ma lo rifiutano e lo disprezzano! Tu sei discepolo di quello!

30 Rispose l’uomo e disse loro: Proprio questo fa meraviglia: che voi non sapete da dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Tra la teologia e l’esperienza, l’uomo si rifà all’esperienza: ero cieco dalla nascita adesso vedo. Ci vuole tanto per capire che quest’uomo viene da Dio? L’evangelista fa un ritratto impietoso dei capi religiosi; per bocca del cieco ne denuncia l’ottusità, non sanno riconoscere mai la presenza di Dio sulla vita. Il popolo, ignorante, ha riconosciuto il salvatore, le autorità religiose lo ignorano, questo fa meraviglia, che voi non sapete da dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi, il loro sapere non è basato sull’esperienza di vita, ma su dottrine da loro stessi elaborate.

31 Ora noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno venera Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Partendo da nozioni elementari di catechismo, l’ex cieco nato smaschera l’ignoranza e l’ottusità delle autorità che pretendono di insegnare al popolo e non conoscono gli elementi più basilari e logici del catechismo. Si ricollega ad una regola elementare: Dio non ascolta i peccatori, ma se uno venera Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. E partendo dall’esperienza,

32 Non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Nella storia di Israele, almeno nella bibbia, non c’è il caso di un cieco nato che recupera la vista. Quest’esperienza comune sappiamo che mai un cieco nato ha recuperato la vista è la prova per il cieco che c’è un intervento divino. Tutti se ne accorgono, meno le autorità religiose, che rappresentano le tenebre nemiche della vita. Dove c’è la vita, lì c’è l’esistenza di Dio, c’è la prova dell’intervento di Dio.

33 Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto fare nulla. Il buon senso del popolo, rappresentato dal ragazzo, ridicolizza le acrobazie teologiche delle autorità che non possono ammettere l’evidenza perché viene scalfita l’autorità e la dottrina. Per non modificare la dottrina negano il fatto. Non sanno come replicare e quando le autorità non hanno argomenti ricorrono alla violenza.

34 Gli replicarono: Sei nato tutto intero nei peccati e vuoi insegnare a noi? Le autorità religiose non hanno nulla da apprendere, sono loro che insegnano al popolo e reagiscono decretando che l’uomo è nato tutto intero nei peccati (nei discepoli c’era un dubbio Ha peccato lui o i suoi genitori?), e non hanno dubbi, è un maledetto.

E lo cacciarono fuori. Lo scomunicano, come hanno fatto con Gesù, quando è uscito dal Tempio. I responsabili della cecità dell’uomo scaricano la colpa su di lui. L’uomo dovrebbe ritornare ad essere cieco per dare ragione ad essi ed essere a posto con Dio. Il loro crimine è che l’uomo per non vivere in peccato, dovrebbe rinunciare alla vita.

35 Gesù udendo le autorità non ascoltano il popolo, non hanno nulla da imparare, Gesù ascolta che lo avevano cacciato fuori, fu a cercarlo. Gesù non lo lascia in balia degli avvenimenti, una volta che ha iniziato il suo lavoro, gli va incontro in una comunicazione incessante e crescente di vita.

E gli disse: Tu credi nel Figlio dell’uomo? ritorna il titolo più applicato da Gesù a se stesso ed è, per la mia esperienza, il meno conosciuto nelle comunità cristiane. La gente sa cosa vuol dire Gesù Cristo, il salvatore, il redentore e conosce gli altri titoli, ma è ignorante per il Figlio dell’uomo, che è per noi il più importante. Perché conosciamo meno questo titolo, il più presente nei vangeli e che Gesù applica sempre a se stesso? Cos’è il Figlio dell’uomo? È l’uomo che, avendo raggiunto il massimo della sua umanità, entra nella condizione divina, non è un’esclusiva di Gesù, è una possibilità per tutti i credenti. È un uomo pienamente libero, che non ha nessuno al di sopra di sé, neanche Dio, perché è lui Dio.

36 Egli rispose: Chi è, Signore, perché io creda in lui?

37 Gesù gli disse: Tu lo hai visto: non dice: tu lo vedi. Aveva detto prima detto: credi nel Figlio dell’uomo, in me come pienezza di vita? e alla domanda del cieco: chi è? avrebbe dovuto dire: tu lo vedi, invece è: Tu lo hai visto, rimandando all’esperienza passata, quando gli aveva messo il fango sugli occhi e alla gente che non lo riconosceva, aveva risposto: Io sono, cioè l’uomo con la condizione divina. È l’uomo modellato a immagine e somiglianza di Dio, come si è riflessa in Gesù. L’uomo ha già visto la condizione dell’uomo-Dio in Gesù. colui che parla con te è proprio lui.

38 Ed egli disse: Credo Signore! E lo adorò. L’ex cieco non scopre qualcosa di nuovo, è capace di dare il nome a quello che aveva sperimentato. Il cieco gli dice: Credo, Signore! E lo adorò. Nell’episodio della samaritana Gesù aveva detto che il Padre cercava tali adoratori: l’uomo espulso dal Tempio, dove si riteneva esserci la presenza divina, non la perde, ma incontra quella vera. L’unico vero santuario, in cui si manifesta la potenza dell’amore di Dio, è Gesù e quanti gli danno adesione.

39 Gesù allora disse: Io sono venuto in questo mondo per aprire un processo, molti traduttori frettolosi traducono giudizio, che in greco ha un altro nome. Qui è processo, non dà il giudizio, questo se lo danno le persone. La presenza di Gesù denuncerà un modo di operare del mondo e apre un processo contro un sistema che l’evangelista denuncia come espressione delle tenebre; la sentenza se la daranno gli uomini, non Gesù. perché coloro che non vedono, vedano, è il caso del cieco nato; Gesù si è presentato come modello dell’uomo, colui che era cieco lo ha accolto e ora vede e quelli che vedono, diventino ciechi. Come fanno quelli che vedono a diventare ciechi? Non lo possono tollerare, perché se riconoscono in Gesù la condizione divina che poi comunica a tutti, loro perdono il potere, il prestigio, il ruolo, l’incarico sociale, gli onori.

41 Gesù rispose loro: Se foste ciechi non avreste alcun peccato; per l’ennesima volta ribadisce che non c’è alcun collegamento tra il peccato e la malattia, ma siccome dite: noi vediamo, il vostro peccato rimane. Gesù demolisce la loro aspettativa. L’indifferenza dei farisei al bene degli uomini, unita alla loro pretesa di indicare la strada, li rende colpevoli della loro cecità. Non sono guide dei ciechi, sono guide cieche. Se una guida è cieca, quelli che la seguono, dice in un altro vangelo, finiscono nella rovina. Sono causa della rovina del popolo.

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