Paolo
Cugini
La
solennità della santissima Trinità c’immette nel mistero di Dio, un mistero del
quale rimaniamo sempre senza parole e senza argomenti, perché ci sovrasta.
Indichiamo con il nome di Dio tutto ciò che sfugge alla nostra comprensione ma,
soprattutto, tutto ciò che non riusciamo a spiegare in modo chiaro, scientifico.
Dio è il vocabolo utilizzato da secoli per offrire risposte di ciò che la
ragione non riesce a trovare delle cause.
Le
tradizioni raccolte nei libri della Bibbia ci trasmettono una conoscenza su Dio
che è nuova e originale rispetto alle altre tradizioni culturali. Dio, la sua
presenza misteriosa, viene percepita nella storia, negli eventi, nel presente.
Per questo motivo nella Bibbia non troviamo delle definizioni su Dio, ma delle
narrazioni che raccontano come è stato percepito in un determinato evento. Sempre
nella scrittura, oltre a queste narrazioni, troviamo anche delle riflessioni su
ciò che il popolo d’Israele ha sperimentato nella sua percezione di Dio. Per
noi cristiani Dio ha un nome, una storia, una rivelazione: Gesù Cristo. Per noi
Dio non è qualcosa di astratto, ma è ciò che si è manifestato in Gesù Cristo. Ascoltiamo
e riflettiamo su ciò che le letture ci comunicano nella liturgia di oggi.
Quando disponeva le
fondamenta della terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo (Pro 8, 30-31).
La
presenza di Dio nella storia è percepita come sapienza, contrapposta al caos. Tutto
è stato fatto in modo accorto, pensato, vale a dire, con amore. Dio ha creato
il mondo, ha posto le fondamenta della terra con sapienza. Non solo. È la
stessa sapienza ad essere stata creata da Dio prima che il mondo fosse. Ciò
significa che la percezione che la saggezza d’Israele ha colto di Dio è che si
manifesta come sapienza. Tutto ciò che è stato creato è stato fatto e continua
ad essere creato con sapienza, in modo pensato. Se Dio è amore – è una delle rarissime
definizioni di Dio che si trova nella Bibbia – una delle manifestazioni di
questo amore è la sapienza. Chi ama pensa a ciò che fa, prepara il terreno. L’amato
pensa all’amata e viceversa. Amore e sapienza, in Dio, vanno a braccetto.
L’amore
di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci
è stato dato (Rom 5,5). In che modo si è manifestato l’amore
di Dio per noi e in noi? In Gesù Cristo. Se è vero che Dio è amore (cfr. 1 Gv
4), questo amore di Dio non è un concetto astratto, una formula filosofica da
apprendere, ma una persona. C’è un modo concreto con il quale Dio ci ha amato:
Gesù. È interessante, a questo punto, riflettere sulla qualità dell’amore che
Gesù ha profuso tra i suoi. Gesù ha amato i suoi discepoli e discepole in modo
gratuito, disinteressato; ha amato ponendosi a loro servizio, mettendosi all’ultimo
posto, spogliandosi di tutto per condividerlo con loro. Ha amato sino alla
fine, senza mai tirarsi indietro. Ha amato i suoi discepoli anche se sapeva che
l’avrebbero tradito, rinnegato. Ha amato senza aspettarsi di essere amato a sua
volta. È di chiesto amore che lo Spirito Santo ci riempie il cuore.
Chiediamolo!
Lo
Spirito Santo mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo
annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che
prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà (Gv 16, 14-15). È un
versetto che contiene il mistero della Trinità. Parla, infatti, del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo e della relazione che c’è tra loro. È riflettendo
su versetti come questi, che si trovano in modo particolare nel Vangelo di
Giovanni, che san Tommaso d’Acquino ha elaborato il concetto di pericoresi, che
tenta di spiegare la relazione tra le tre Persone. Tra il Padre, il Figlio e lo
Spirito Santo, dice Tommaso, non c’è complementarietà, perché vorrebbe indicare
una mancanza, ma pericoresi, cioè ogni persona fa spazio all’altra in modo tale
che si realizzi al massimo. Proprio per questo, in ogni azione di ognuna delle
Persone è possibile cogliere la presenza delle altre due, perché non c’è
invidia, gelosia, ma libertà, che è il segno dell’autenticità dell’amore.
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