mercoledì 9 marzo 2022

MODELLI DI PREDICAZIONE

 




Paolo Cugini


Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta». I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Giunta la notizia fino al re di Nìnive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere (Gn 3). C’è una predicazione che ha effetto su tutto il popolo, dai più poveri sino al re. Una predicazione che arriva al cuore del popolo e provoca la penitenza, come risposta alla presa di coscienza del proprio errore. La Parola, quando trova spazio nel cuore, mostra il problema, ciò che sta provocando la morte dell’anima e rovinando l’esistenza. Allo stesso tempo, mentre mostra che cosa non sta funzionando, offre delle indicazioni per riprendere la strada con forza. Ci sono dei gesti che rivelano il pentimento, che non può essere solo mentale, non può fermarsi, cioè, al livello cella presa di coscienza, ma deve poter coinvolgere tutta la persona e, di conseguenza, il corpo. Vestirsi di sacco, sedersi sulla cenere hanno il valore di rendere visibile a se stessi la presa di coscienza che la Parola ha provocato, dei propri errori. Come si può declinare questi atteggiamenti nella situazione di vita attuale?

Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona (Lc 11,32). Interessante: ha avuto più successo la predicazione di Giona che quella di Gesù. Ciò significa che la bontà di una predicazione non sta nel predicatore: dipende molto dal terreno in cui cade la predicazione. L’importante è seminare, certamente, ma il predicatore non può pensare di avere il controllo dei cuori a cui rivolge la predicazione. Al tempo di Gesù a predicare c’era uno che valeva ben più di Giona, che tra l’altro è presentato come il peggiore dei profeti, visto che si rifiuta in un primo momento, di annunciare la Parola. Eppure, nonostante questo, è la predicazione di Giona che ha effetto sugli ascoltatori, e non quella di Gesù. Tra le tante considerazioni che si possono fare a questo punto, una mi sembra necessaria. L’abitudine al male, l’abituarsi all’errore può rendere l’anima così dura e insensibile da resistere persino alla predicazione di Gesù. 

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