giovedì 8 aprile 2021

MIO SIGNORE E MIO DIO

 



II DOMENICA DI PASQUA/B

At 4,32-35; 1Gv5,1-4; Gv 20,19-31

Paolo Cugini

 

Per aiutarci ad approfondire il mistero della risurrezione del Signore la liturgia della Parola, in queste domeniche di Pasqua, ci offre un itinerario in cui le letture non solo ci parlano dell’incontro con il risorto da parte dei discepoli, ma anche ciò che avviene nella vita delle prime comunità cristiane. Oltre a ciò, i vangeli che ascolteremo presentano alcuni personaggi che dovrebbero aiutarci nel cammino di comprensione del mistero della presenza del risorto in mezzo a noi. Oggi, il personaggio in questione, è l’apostolo Tommaso. Ascoltiamo le sue indicazioni.

Nel Vangelo di Giovanni l’apostolo Tommaso appare in alcune scene significative che, per certi aspetti, ne delineano la personalità. La prima volta è citato nel contesto della risurrezione di Lazzaro al capitolo 11. I discepoli manifestano la loro preoccupazione per il fatto che Gesù aveva comunicato loro l’intenzione di andare in Giudea, perché proprio in quella regione lo avevano minacciato di ucciderlo. Dopo la spiegazione di Gesù, che motivava la sua decisione, Tommaso interviene dicendo: “Andiamo anche noi a morire con Lui” (Gv 11, 16). È un’affermazione che senza dubbio rivela l’entusiasmo del discepolo nella sequela del Signore, un entusiasmo, che allo stesso tempo cela, una certa dose d’incoscienza. Il fatto che Tommaso, in realtà, nonostante l’entusiasmo, non abbia ben capito la proposta e il cammino che Gesù sta presentando al mondo, diventa chiaro nel contesto dell’ultima cena, quando Tommaso prende nuovamente la parola. Infatti, Gesù dopo aver spiegato ai discepoli che nonostante la sua morte, andava a preparare un posto nella casa del Padre e che loro sapevano già la via, Tommaso non concorda e afferma: “Signore, non sappiamo dove vai: come possiamo conoscere la via?” (Gv 14, 5). Come sappiamo, la risposta di Gesù è chiarissima: “Io sono la via” (Gv 14, 6). In questo contesto Tommaso rivela che il suo entusiasmo per Gesù manifestato nel contesto della risurrezione di Lazzaro, in realtà non era fondato su delle solide motivazioni, al punto che non ha ancora compreso quello che per Gesù doveva essere già chiarissimo ai discepoli. C’è, in un certo senso, una doppiezza nella personalità di Tommaso: agisce in un modo e ne pensa un altro. Forse, è proprio questo il primo significato del suo nome, che significa: gemello, nel senso di doppio, instabile.

L’ultima scena che vede protagonista Tommaso nel Vangelo di Giovanni è l’episodio ascoltato nella liturgia di oggi. Dopo gli eventi della risurrezione di Gesù, Tommaso non è più con i suoi discepoli: perché? Forse la sua instabilità (incredulità) nei confronti della proposta del Signore lo ha portato ad abbandonare il gruppo dei Dodici. Non è possibile seguire il Signore nel suo percorso di amore quando le motivazioni sono deboli, fondate solamente su un entusiasmo passeggero e superficiale. È proprio questo che Gesù rimprovera a Tommaso quando gli dice: “Non essere incredulo ma credente” (Gv 20, 27). Tommaso non è più nel gruppo dei Dodici dopo la Resurrezione, probabilmente anche perché le facce tristi e piene di paura dei sui amici, non lo convincono più di tanto. Se, infatti, fosse vero che hanno incontrato il risorto, forse i loro volti sarebbero più luminosi, sorridenti! È il problema della testimonianza dei cristiani che, quando è avvolta di tristezza e di timore, più che avvicinare le persone, le allontana.

Tommaso esige di vedere il segno del Signore crocefisso, vale a dire il segno dei chiodi nelle mani e nei piedi e il fianco squarciato dalla lancia e il Signore glielo concede. È davanti a questa realtà che Tommaso esplode applicando a Gesù gli attributi che la comunità d’Israele indicava solamente a JHWH: “mio Signore e mio Dio” (Gv 20, 28). È dinnanzi ai segni visibili del crocefisso, del Gesù umiliato sulla croce, dell’innocente ucciso, che Tommaso è sicuro di avere davanti ai suoi occhi la presenza di Dio! È successo ancora dopo di lui. Anche Francesco d’Assisi vedendo il lebbroso era sicuro di abbracciare Gesù. Anche Oscar Romero, vescovo conservatore di San Salvador, vedendo i poveri contadini massacrati dai ricchi possidenti sposò la loro causa e venne ucciso mentre celebrava l’Eucarestia. 

Anche noi oggi, vedendo il disastro umanitario di tanti profughi che non sanno dove sbattere la testa, vediamo il risorto. E poi nell’umiliazione degli omosessuali, delle lesbiche dei transessuali che vengono derisi, insultati non solo dalla gente comune, ma anche dalla chiesa che non vuole benedire le loro unioni, c'è il risorto. Possiamo stare tranquilli che, in ogni povertà, in ogni croce, in ogni persona crocefissa dalla superbia e dall’arroganza umana, lì c’è Gesù risorto.

Quest’affermazione sorprendente di Tommaso che vede Dio nel crocefisso risorto, significa anche che nella storia il risorto non lo troveremo mai nelle stanze dei nobili, dei ricchi, dei presunti potenti, di tutti coloro il cui stile di vita è all’origine dell’ineguaglianza nel mondo. Si tratta, dunque, di un indizio importante per tutti coloro che desiderano fare della loro vita un cammino verso Dio. 

La risposta di Tommaso alla manifestazione del risorto rivela anche il secondo significato del suo soprannome: Gemello. Tommaso, infatti, dopo aver incontrato il risorto nel diventa un vero e proprio gemello, volendo imitarlo in tutto, compreso l'esperienza del martirio come segno di donazione totale a Lui.

1 commento:

  1. Tommaso torna dalla sua comunità otto giorni dopo che Gesù si era manifestato,sapeva che avrebbe visto il Risorto,pur sapendo che i suoi compagni erano paurosi (e lui forse avrebbe desiderato fratelli e sorelle entusiasti e gioiosi e già coraggiosi di andare per le strade ad annunziare il messaggio di Gesù) torna da loro

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