Paolo Cugini
Nelle
letture della terza domenica di Avvento si sente come un fremito, una specie di
impazienza. C’è un’attesa di qualcuno che, ad un certo punto, sembra quasi che
non arrivi e l’attesa provoca angustia, perdita di speranza. Lo stesso Giovanni
Battista che, nel brano ascoltato, si trova in carcere partecipa di questo
clima generale di tensione, interrogando sull’identità di Gesù. «Sei tu
colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Mt 11,3). È una
domanda quella di Giovanni ricca di significato, che esprime e raccoglie allo
stesso tempo i dubbi di coloro che sono alla sequela del Signore. Quante volte,
infatti, ci chiediamo durante il cammino, soprattutto quando questi si trova
nel mezzo del deserto, in cui non si può più tornare indietro e andare avanti
sembra percorrere un cammino senza fine. Il dubbio di Giovanni Battista è il
nostro, ed è un dubbio importante perché esprime l’intensità e la serietà del
cammino nel quale le persone mettono tutto quello che hanno per seguire il
Signore.
Per
aiutarci nella nostra angustia ci vengono in aiuto le parole del profeta Isaia:
Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio (Is
35). In un contesto di grande tensione e sofferenza il profeta sostiene il
popolo con la Parola di Dio, che è una parola che spinge il popolo ad alzare la
testa, a non lasciarsi ingannare dai pensieri umani, e imparare a porre la
propria fede in ciò che Dio pensa, nell’opera che Lui sta preparando. In questa
prospettiva l’attesa è una dimensione fondamentale nel cammino della fede,
perché la rafforza, la prova. È una fase molto delicata perché la speranza può
deteriorarsi e trasformarsi in mancanza di fiducia nel progetto del Signore.
Quando questo accade, la persona diventa triste, acida, depressiva. Per questo,
sempre il profeta Isaia ci invita a: Irrobustite le mani fiacche, rendete
salde le ginocchia vacillanti. Isaia è sicuro che il popolo, al di là
della situazione presente che sembra prospettare solo cose negative, riuscirà a
vedere la gloria del Signore. La percezione di quello che il Signore sta
preparando nella storia si trasforma in una gioia incontenibile, espressa dal
profeta con queste parole:
Allora
si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto. Ci
sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa. Su di essa
ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità
perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno
tristezza e pianto.
C’è
un mondo sconvolto dall’azione di Dio nella storia, un’azione che passa
attraverso l’agire dell’uomo e della donna. Ciò che prima sembra impossibile,
ora si realizza. Gli esiliati si sentivano chiusi per sempre nelle mura di una
città straniera. Ebbene, ora si riesce ad intravedere una strada in mezzo al
deserto, che permette di raggiungere la città di Gerusalemme. Basta solo
mettersi in cammino.
Imparare
a porre fiducia nella parola del Signore è il grande insegnamento di questa
terza domenica di Avvento in cui, sebbene la luce di Cristo non è ancora
visibile, però è già vicina: basta solo avere un po' di pazienza. Ce lo ricorda
anche l’apostolo Giacomo nella seconda lettura, che c’invita ad osservare ciò
che avviene in natura: Guardate l'agricoltore: egli aspetta con costanza il
prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge.
Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del
Signore è vicina (Gc 5,7). C’è un frutto che sta per nascere e la sua
venuta è sicura, perché è nella logica delle cose. Si tratta solo di attendere,
di pazientare un po', di rinfrancare i nostri cuori con la speranza
dell’attesa. In fin dei conti è proprio questo uno dei significati più profondi
della preghiera, quando si alimenta della Parola di Dio: fare ogni giorno
spazio al piano di Dio, alimentandoci delle sue immagini contenute nelle
profezie dei profeti, per lasciar perdere le paure che ci provengono da uno
sguardo chiuso sulla prospettiva presente. Se è vero che il Dio di Gesù Cristo
si manifesta nel tempo, questi però non è mai chiuso in sé stesso, ma sempre
aperto verso il futuro. L’Avvento ci aiuta a pensare in un modo nuovo nella
nostra vita, a porre sempre ogni evento nella prospettiva di Dio, che è una
prospettiva di vita e di amore.
Nessun commento:
Posta un commento