Paolo Cugini
Mangiavano, bevevano,
prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca
e venne il diluvio (Lc 17,26).
Nel
cammino silenzioso dell'umanità, giunge un tempo in cui è necessario
interrogarsi profondamente sul senso della propria esistenza. In un'epoca di
rapidi cambiamenti e di verità che sfuggono tra le dita come sabbia, si leva
una voce solenne che invita a risvegliare la coscienza, a scuotere il torpore
che offusca la mente e il cuore. Oggi parlo a chi ha il coraggio di ascoltare,
agli adulti che cercano e agli studenti che dubitano: udite questo monito che
attraversa le generazioni come un vento che sferza e invita a destarsi dal
sonno dell'indifferenza. C'è un rischio sottile, spesso ignorato, che incombe
su chi cammina senza pensare: quello di scivolare lentamente verso uno stato
istintuale, in cui ogni gesto si riduce a mera sopravvivenza, simile a quello
delle bestie prive di coscienza e di sogni. Vivere senza interrogarsi equivale
a rinunciare alla propria umanità, a spegnere la scintilla che distingue
l'essere umano dalla cieca ripetizione dell'abitudine. In questa condizione, i
giorni scorrono uguali, privi di slanci, e l'anima si contrae, incapace di
intravedere orizzonti o possibilità.
Quando
la vita manca di un significato scelto e nutrito dall'interno, si perde la
rotta e ci si abbandona alla corrente degli eventi. Non è la morale a parlare
qui, ma la voce più antica dell'esistenza: senza un punto fermo, senza una meta
che orienti il cammino, l'individuo si smarrisce nel caos delle possibilità. È
come vagare in mare aperto senza stella polare, condannati a un eterno ritorno
allo stesso punto, incapaci di crescere, di amare profondamente, di costruire
qualcosa che abbia valore. Si celebra spesso la libertà come bene supremo,
eppure esiste una libertà ingannevole che si tramuta in schiavitù. Quando si
vive senza scelte consapevoli, senza la fatica del discernimento, si diventa
schiavi dei propri impulsi, delle mode, degli umori passeggeri. Si crede di
essere liberi, ma in realtà si è condotti da forze invisibili che guidano i
passi verso la dispersione e la perdita di sé. Solo chi affronta il peso della
responsabilità può assaporare la vera libertà, quella che nasce dall'autenticità
e dal coraggio di dare una forma alla propria vita.
Per
accorgersi davvero del mondo, per sentire il battito delle cose, occorre
desiderare la vita, abbracciarla con tutto il proprio essere. È il desiderio
che apre gli occhi e rende sensibili alle bellezze e alle sofferenze che ci
circondano; senza di esso, si diventa ciechi, indifferenti, prigionieri di una
routine che corrode dall'interno. Solo chi desidera davvero vivere può
rispondere al richiamo della consapevolezza e trasformare la propria esistenza
in un'opera unica e significativa. Vivere senza desiderio e senza pensiero
conduce a un altro pericolo: quello dell'indifferenza, che spesso si fa
complicità silenziosa con il male che abita il mondo. Quando si distolgono gli
occhi dalle ingiustizie, quando si rimane spettatori passivi delle nefandezze
che accadono intorno, si diventa parte del problema, involontari artefici del
degrado. Troppo spesso la coscienza si risveglia solo dinanzi al dramma, quando
il male ha già preso radici profonde e redimere diventa impresa ardua, a volte
impossibile.
Ecco
allora il monito che giunge come tuono nella notte: svegliatevi! Non lasciatevi
vivere, ma prendete in mano le redini della vostra esistenza. Riorganizzate la
vostra vita come chi, dopo una tempesta, ricostruisce la casa sulle fondamenta
solide del pensiero e del desiderio autentico. Cercate punti di riferimento che
diano senso al vostro cammino, coltivate la consapevolezza giorno dopo giorno.
Non attendete che sia troppo tardi, che il dolore vi costringa a vedere ciò che
ora potete scegliere di guardare con occhi nuovi. Il tempo per svegliarsi è
ora. Il destino di ciascuno si scrive nell'attimo in cui si decide di vivere
davvero.
Nessun commento:
Posta un commento