Paolo Cugini
Guai anche a voi, dottori
della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi
non li toccate nemmeno con un dito! (Lc 11,46).
Così
parla la voce che si leva tra le pieghe della storia, testimone dei giorni in
cui la Parola era fuoco, lampada ai piedi di chi cercava il senso e la svolta.
All’inizio era incanto: chi si avvicinava alla Parola lo faceva con cuore
ardente, assetato di verità. Era come una sorgente nel deserto, una brezza che
spalancava sentieri dove non osavamo mettere piede, e chi aveva vagato in
tenebre trovava finalmente luce che illumina il cammino.
Ma
attenti! Che non si dica: “Io sono al sicuro, ho già scalato le vette!”, perché
il cammino dello spirito si fa insidioso proprio là dove la quiete si confonde
con la pace, dove la Parola si trasforma in lettera, e la fiamma si spegne nel
tepore della routine. Ecco il problema che attanaglia i dottori della legge:
maestri della Parola di Dio che non la sfiorano con un dito, custodi di un
sapere che non scalda il cuore, ma solo la mente. Non basta sapere, occorre
vivere! così ammonisce il vento che scuote le valli del tempo. Quando il cuore
si adagia, si affaccia la nostalgia della via estetica: i vecchi fantasmi, mai
veramente sconfitti, ritornano. Essi erano lì, silenziosi nel cantuccio
dell’anima, aspettando il momento opportuno per invadere di nuovo la scena. Ed
ecco che la Parola, da forza che trasforma, diventa maschera, retorica per
sedurre, strumento per il potere. Così Gesù vide nei farisei il volto
dell’inganno: abili manipolatori, adornati di bella apparenza, ma dentro vuoti,
impegnati a usare la Parola di Dio per dominare e arricchirsi alle spalle dei
poveri.
Il
pericolo è alla porta, come un ladro che attende il calar della notte. Ogni
volta che la coscienza abbassa la guardia, anche noi possiamo trasformarci:
essere strani, abusanti, nascosti dietro l’apparenza per occultare il marcio
che, lentamente, si accumula nell’anima. Oggi, come ieri, la Parola ci chiama a
vegliare, a non farla addormentare tra le pieghe della nostra indifferenza. Chi
ha orecchi, ascolti!
Ecco, dunque, la profezia: non siate maestri della Parola, ma suoi discepoli, non lasciate che il fuoco si spenga né che la vostra vita diventi teatro di maschere. Camminate, cercate, scrutate con il cuore; la Parola è viva solo se la si tocca, solo se la si lascia entrare fin nelle viscere, là dove la verità fa male e risana allo stesso tempo. Che sia questo il vostro monito, la vostra speranza, il vostro avvertimento per coloro che hanno scalato le vette e rischiano di smarrire la via nel tepore di una fede addormentata.
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