Qual
è il contenuto fondamentale della 1 Gv? Giovanni ha scritto questa Lettera in
una situazione di crisi della sua comunità cristiana, del che non c’è da
stupirsi. Nella comunità di Giovanni c’è crisi, sia dal punto di vista della
verità di fede, sia dal punto di vista del comportamento. Dal punto di vista delle verità di fede perché
c’è gente che non crede nell’Incarnazione, cioè non accetta fino in fondo il
fatto che Dio sia diventato carne, che Gesù di Nazareth sia veramente Dio fatto
uomo, il Figlio di Dio: e questo discorso, per noi scontato, è tuttavia
scandaloso: che Dio, il Dio creatore, eterno, incomprensibile, inafferrabile,
sia diventato carne, cioè Gesù di Nazareth, questo va veramente contro tutte le
idee che uno si fa di Dio con la sua intelligenza. Il motivo per cui Giovanni
scrive la sua prima lettera è espresso in 5,13: «Questo vi ho scritto perché
sappiate che possedete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di
Dio». Giovanni scrive per darci sicurezza, per darci gioia, consolazione, per
darci la sicurezza che nel cammino che stiamo facendo, di fede, di obbedienza
al Figlio di Dio, noi possedete la vita eterna; la possediamo già, fin da ora,
se rimaniamo in comunione con la Chiesa, se accettiamo la fede nel Figlio di
Dio e viviamo nella carità e nell’amore fraterno.
La
1 Gv ma ci aiuta a sentire lo stupore di Giovanni, il quale ha testimoniato un
avvenimento impensabile, ha visto qualcosa di in finitamente
grande e consolante, vuole comunicare qualcosa di infinitamente più grande di
lui. Allora il primo atteggiamento da ricuperare è lo stupore – lo stupore
davanti a quello che è accaduto e che Giovanni ha udito, visto, contemplato,
toccato con le sue mani. Uno degli ostacoli più grossi nella vita di fede
è l’abitudine; cioè quando le cose che noi crediamo, diventano
meccaniche, diventano routine; anche le cose più belle, a forza di essere
ripetute, diventano banali. Allora c’è bisogno di recuperare la bellezza e la
grandezza delle cose attraverso lo stupore, la meraviglia.
Ormai
sono passati, anche se non si sa con precisione, 40 anni da quando Giovanni ha
visto Gesù Cristo e tuttavia Giovanni ha ancora lo stupore di averlo potuto
vedere. E ce lo vuole comunicare: perché quello che egli ha visto e ha sperimentato,
è qualcosa di infinitamente grande. Giovanni lo esprime con quella frase «la
vita si è fatta visibile”, e spiegherà che questa vita è la vita eterna. Vita
eterna è vita senza limiti, senza diminuzione, la vita piena, completa;
quella che l’uomo cerca da sempre. Infatti, l’uomo ha la vita: viviamo, siamo
al mondo e tuttavia la vita che viviamo è radicalmente povera; passerà, perché
camminiamo tutti verso la morte, perché siamo dei condannati a morte, con la
sentenza dilazionata, fra un po’ di tempo, – speriamo molto – ma la sentenza di
morte su di noi c’è, c’è il limite delle malattie, il limite dell’ignoranza, il
limite del peccato.
Sta
proprio qui la grandezza del messaggio di Giovanni: «la vita si è manifestata»:
non siamo stati capaci di raggiungerla, ci ha raggiunto lei, la vita. Non
siamo stati capaci di salire verso Dio: è sceso lui, Dio, verso di noi; non
abbiamo la vita nelle nostre mani: è la vita che è venuta a cercarci, Dio è
venuto in cerca dell’uomo, per comunicare all’uomo la sua stessa vita: «io sono
venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).
Questo
è il primo aspetto del cammino che dobbiamo fare: come atteggiamento di
fondo, è importante recuperare il desiderio della vita, della vita eterna,
recuperare lo stupore di fronte a un fatto inedito: la vita eterna si è
manifestata, si è resa visibile, sperimentabile da parte dell’uomo. Naturalmente
Giovanni pensa alla Incarnazione del Figlio di Dio, e tuttavia questa non è che
il punto di arrivo di tutta la rivelazione di Dio: il mistero della
Incarnazione non è cominciato solo nella nascita di Gesù; ha avuto la sua
origine in tutto l’AT, perché Dio è venuto in cerca dell’uomo, sempre. Tutta la
storia della salvezza si può leggere e interpretare nella prospettiva della
Incarnazione.
C’è
un altro elemento importante: «lo annunziamo anche voi, perché anche voi
siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo
Gesù Cristo» (v. 3). Che vuole dire: lo scopo di quello che io vi
racconto, di quello che voi ascoltate, è che voi siate in comunione con noi,
con gli apostoli, e che, attraverso questa comunione con gli apostoli, siate in
comunione con Dio. «La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù
Cristo»: la parola “comunione” riassume lo scopo della vita cristiana;
essere cristiani è vivere in comunione con Dio, e vivere in comunione fraterna.
«Perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre
e col Figlio suo Gesù Cristo»: non è una comunione politica, – può entrarci
anche questo –, ma non è ciò di cui parla san Giovanni; nemmeno una comunione
economica – può entrarci anche questo –; la comunione di cui parla
Giovanni è la comunione con la vita divina, della vita di Dio nel cuore
dell’uomo.
Finalmente: «queste
cose vi scriviamo perché la nostra gioia sia perfetta». Noi, dice Giovanni,
crediamo nella vita di Dio che si è manifestata in Gesù Cristo e lo raccontiamo
anche a voi, perché siate una cosa sola con noi e insieme siamo una cosa sola
con Dio, e in questo modo, la nostra gioia sia perfetta. Occorre qui tener presente cosa significa
«gioia»: non è gioia di cui parla il mondo, non è la pace di cui parla il
mondo: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace; non ve la do come la dà il mondo»
(Gv 14,27). La gioia di cui parla Giovanni è il cuore della vita
cristiana, è l’esperienza della salvezza, dell’amore di Dio, dell’essere amati
da Dio; è dono di Dio come la pace: anche questo è lo scopo della
rivelazione di Gesù. Dice Gv 15,11: «Questo vi ho detto perché la mia gioia sia
in voi e la vostra gioia sia piena». È chiaro allora cos’è la gioia. È la gioia
di Cristo, che è cuore del Signore. E consiste nella perfezione della comunione
con il Padre. Gesù ha la gioia perché è una cosa sola con il Padre,
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