DOMENICA XV/B
(Am
7,12-15; Sal 84; Ef 1,3-14; Mt 6, 7-13)
Paolo Cugini
Che cosa fa Gesù dinanzi all’insuccesso vissuto
nella sinagoga, di cui abbiamo ascoltato la narrazione domenica scorsa? La
risposta alla domanda la troviamo nel brano di oggi e diventa importante anche
per il nostro cammino di fede. L’insuccesso, infatti, è parte integrante di
coloro che intendo impostare la loro vita sui passi di Gesù. Il cammino di fede
alla sequela del Vangelo, se da una parte è affascinante per la proposta di
vita nuova e di relazioni autentiche che contiene, dall’altra conduce a
scontrarsi con il mondo circostante, spesso e volentieri anche con amici e
parenti. Per questo ascoltiamo il Vangelo, perché quello he è accaduto a Gesù,
quello che è narrato nei vangeli, non sono solamente eventi passati, ma hanno
una forza paradigmatica anche per l’oggi della comunità. C’è una diversità
radicale tra la proposta di Gesù e quello che il mondo ha costruito a partire
dall’istinto di sopravvivenza che domina le scelte e imposta l’esistenza degli
uomini e delle donne di ogni tempo. Che cosa fa allora Gesù dinanzi all’insuccesso
nella sinagoga e alla resistenza alla sua proposta? Cambia di strategia e, in
questo cambio, coinvolge i suoi discepoli.
“Gesù chiamò a sé i
Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri”.
Per annunciare il Vangelo non c’è bisogno di un
diploma, perché non si tratta di proclamare semplicemente delle parole, ma di
testimoniare un modo nuovo di vivere, di stare al mondo. Lo stesso Gesù,
infatti, non ha aperto una scuola, ma ha chiamato a sé delle persone, degli
uomini e delle donne che vivessero con lui, condividessero il suo modo di
vivere, le sue scelte. Le parole che proclamano i discepoli, non sono delle
teorie o delle teologie, ma la narrazione di ciò che hanno visto vivendo con
Gesù, quello che hanno capito. Questo nuovo stile di vita non si apprende sui
libri. Per questo non trova spazio in coloro che hanno la testa piena di
dottrine religiose, teologie strampalate, riti e culti rigidi. Gesù dona ai
discepoli il potere di liberare le persone da tutto ciò che impedisce al suo
Vangelo di entrare e trasformare le persone. Per spiriti impuri s’intende,
allora, proprio quel materiale ideologico, quelle dottrine imparaticce che,
mentre producono un senso di sicurezza, non permettono al nuovo di farsi
strada.
“E ordinò loro di non
prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né
denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche”.
Il Vangelo
per poter essere seminato e portare frutti di amore e di giustizia dev’essere
accompagnato con delle scelte che lo rendano visibile. La vita semplice,
sobria, in altre parole la povertà evangelica, è il segno visibile che deve
accompagnare i discepoli e le discepole del Signore. Su questo punto spesso la
Chiesa ha dato scandalo per la sua opulenza e ricchezza. Quando dico Chiesa
dico anche famiglie cristiane, comunità parrocchiali, santuari, cattedrali. La
povertà evangelica oltre ad essere il segno dell’accoglienza della Parola di
Gesù che riempie a tal punto la vita e l’anima da rendere superfluo tante cose,
diviene il segnale visibile di una vita in cui Dio avvero è il Signore e non
altro.
«Dovunque entriate in una
casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi
accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i
vostri piedi come testimonianza per loro»
Si annuncia il Vangelo entrando nella vita della
gente, lasciandosi coinvolgere dal vissuto quotidiano di coloro a cui si vuole
rivolgere il messaggio di Gesù. Del resto, è lo stesso Signore che ha
annunciato il Regno dei cieli camminando per le strade d’Israele, entrando nelle
case della gente, entrando in contatto con tutti coloro che desideravano
incontrarlo. Ciò significa che difficilmente la forza Vangelo di Gesù passa
attraverso una cattedra di teologia o da un insegnamento dottrinario. Il
Vangelo esige vita, condivisione di vissuti, il coinvolgimento esistenziale ed
emotivo: è roba per gente che ama, che si appassiona e che, in definitiva, è
disposta a dare la vita per il Signore come lui ha fatto per noi. Del resto, è
proprio questo che celebriamo in ogni santa Messa: un corpo spezzato per tutti
e un sangue sparso per noi.
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