XXVIII
DOMENICA TEMPO COMUNE
Is
25,6-10a; Sal 22; Fil 4,12-14.19-20; Mt 22,1-14
Paolo
Cugini
Nel
Vangelo di oggi ascoltiamo la terza parabola che Gesù pronuncia per i capi dei
sacerdoti e i farisei. La polemica è estenuante, ma ricca di contenuti. Ci sono
delle novità interessanti che possono aiutarci nel nostro cammino di
assimilazione della proposta di Gesù, che richiede disponibilità al cambiamento
e docilità nell’ascolto della sua Parola. Lasciamoci, allora, guidare da Lui:
ascoltiamo.
Il
regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Il
Regno dei cieli è la metafora che Gesù utilizza nelle parabole per indicare la
novità di vita e di stile, che lui stesso è venuto ad inaugurare. La sua
proposta consiste nell’aiutate gli ascoltatori a comprendere la propria
vocazione di figli e figlie di Dio chiamati a vivere la dignità di essere
creati ad immagine e somiglianza del Padre. Nella parabola di oggi Gesù ci dice
che il Regno dei cieli è come una festa di nozze. È la proposta contraria alla
religione proposta dai capi religiosi di Israele, fatta di prescrizioni rigide
difficili da obbedire, di sacrifici, di tasse da pagare, in altre parole, una
serie di elementi che rendono infelice la vita dell’uomo. Ebbene, Gesù ci dice
che la proposta del Padre va in tutt’altra direzione: è una festa di nozze. Del
resto, la liturgia ci ha fatto ascoltare nella prima lettura, un brano preso da
quella che è definita la piccola apocalisse di Isaia, in cui il profeta
annuncia come sarà la venuta del futuro messia: Preparerà il Signore degli
eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un
banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati (Is
25,6). La festa annunciata, si è trasformata in sofferenza, lacrime, in una
vita dura da sopportare: è questa l’accusa di Gesù ai capi religiosi del
popolo.
Ma
quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri
affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. C’è
un rifiuto che segna la nuova proposta del Regno dei cieli. Anche in questo
caso la parabola accusa il rifiuto dei capi religiosi che, invece d’interessarsi
alla novità proposta e ad aiutare il popolo ad entrarvi, non s’interessano, perché
pensano ai propri affari. C’è, anche in questa parabola, il riferimento della
sorte toccata ai profeti, annunciatori della Parola di Dio, maltrattati e
uccisi dai capi religiosi. La parabola è un chiaro invito al popolo a stare lontano
da coloro che non hanno avuto riguardo nemmeno dei profeti, gli uomini di Dio
inviati per aprire cammini di conversione.
Poi
disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non
erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete,
chiamateli alle nozze". Due dati importanti sono
contenuti in questo versetto. Il primo, è il metodo dell’annuncio che la prima
comunità e anche la nostra è chiamato a fare. L’annuncio del Regno deve partire
dai crocicchi, vale a dire, dalle periferie. Come ci spiegano gli esegeti,
infatti, i crocicchi sarebbero i punti in fondo alle città in cui iniziano le
stradine che portano alle campagne. È la Chiesa in uscita di Papa Francesco
che, prima di essere uno slogan, è un’indicazione specifica di Gesù. È l’invito
a non stancarsi mai di invitare fratelli e sorelle nel cammino del Regno e,
soprattutto, a non dimenticare mai che il punto di partenza di questo annuncio
non è il centro, ma la periferia, perché il Regno dei cieli è degli ultimi. La
seconda indicazione, che troviamo nel versetto in questione è l’apertura
universale per la salvezza. L’invito a partecipare, non è infatti rivolto solo
a qualcuno, ma a tutti quelli che troverete. Ancora una volta, non ci
troviamo dinanzi ad uno slogan - la Chiesa inclusiva -, ma ad una priorità del
Vangelo, un invito che non esclude nessuno, ma che la Chiesa deve essere uno
spazio in cui, soprattutto gli esclusi, devono sentirsi a casa loro.
Il
re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito
nuziale. Se è vero che tutti sono invitati nel Regno di Dio,
che è il regno dell’amore e della giustizia, è altrettanto vero che per entrare
occorre l’abito nuziale. Che cosa significa questo abito? Il riferimento è
chiaramente al battesimo in cui, dopo il rito viene data una veste bianca da
indossare. Il Regno dei cieli è la proposta d’amore e di giustizia di Gesù che,
per appartenervi, occorre compiere un cammino di conversione, di cambiamento di
mentalità, passare dall’uomo vecchi all’uomo nuovo. È proprio questo
cambiamento che i capi religiosi di Israele hanno rifiutato e non sono stati disposti
a compiere. Questo passaggio non s’improvvisa ed occorre essere disponibili a
compierlo. L’inclusione va di pari passo con la conversione: è il messaggio
finale del Vangelo di oggi.
Mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me (Sal 22). Le parole del Salmo che siamo invitati a recitare oggi, riassumono molto bene il cammino che la pagina del Vangelo ci ha invitati a compiere. Nella festa del Regno dei cieli, alla quale tutti sono invitati, ci si arriva solamente se accompagnati dal Padre. Cogliere e percepire la sua presenza nella storia è fondamentale. La nostra presenza al banchetto eucaristico vuole significare proprio questa nostra percezione: sappiamo dove trovare il Signore e desideriamo rimanere con Lui in ogni momento della nostra vita.
L'abito da indossare alle nozze può essere visto anche come le opere buone che il cristiano è chiamato a compiere con la Grazia dello Spirito Santo?
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