lunedì 10 novembre 2025

Il Perdono: profezia di speranza e trasformazione

 



 

Paolo Cugini

 

Tu gli perdonerai” (Lc 17,5).

Sono queste le parole strane di Gesù, le dichiarazioni che provocavano stupore nei suoi uditori. Parole che scuotono, che ribaltano la logica comune, che sembrano quasi folli agli occhi di chi è abituato al calcolo e alla giustizia del merito. Eppure, proprio in questa follia risiede la sapienza di Dio. Il perdono, per Gesù, non è una semplice raccomandazione ma un imperativo assoluto: si deve perdonare sempre, senza misura, senza calcoli opportunistici. Perché è così importante il perdono per Gesù? Non è forse questa richiesta in netto contrasto con la logica del mondo, che premia chi lavora e punisce chi si sottrae al proprio dovere? Gesù capovolge la prospettiva: il Suo sguardo non si ferma alle apparenze né alle sentenze umane. Là dove la società vede fannulloni, casi perduti, cuori induriti e incapaci di cambiamento, Gesù scorge ancora un barlume di vita, una fessura di luce nella notte più buia.

Come mai bisogna perdonare anche di fronte all’evidenza di un fallimento definitivo? Forse proprio per questo: perché agli occhi di Gesù nulla e nessuno è perduto per sempre. Una porta, anche appena socchiusa, può sempre essere varcata. Un cuore, anche il più ostinato, può essere toccato nuovamente dalla grazia. Nel perdono c’è la fiducia estrema in una possibilità che supera ogni sentenza, ogni statistica, ogni storia personale segnata dal male. Nell’invito a perdonare sempre, si svela l’estrema fiducia che Gesù ripone nell’umanità. “Dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia”, diceva san Paolo. Lì dove noi abbiamo già archiviato un verdetto inappellabile, Gesù intravede ancora l’immagine e la somiglianza di Dio. Là dove per noi c’è solo un cuore spento, indurito, incurabile, Egli vede una scintilla capace di ridestarsi. Il perdono è dunque il cammino della speranza, la via che riapre scenari di vita anche laddove tutto sembra morto. Ecco il senso profondo della Chiesa: essere una comunità che offre al perduto la possibilità di ritrovarsi, di ricominciare, di sperimentare nuovamente la misericordia. Senza perdono, la Chiesa smarrisce il suo stesso cuore, si trasforma in tribunale, in luogo di esclusione invece che di accoglienza.

Affidarsi al perdono e non alle logiche umane significa aprire la porta al Mistero rivelato in Cristo, permettere al Suo Spirito di penetrare nelle pieghe più oscure dell’umanità per trasfigurarla dall’interno. È vita che soffia dove regnava la morte, amore che rifiorisce là dove odio e rancore hanno devastato il terreno del cuore. In questa prospettiva, il perdono non è debolezza, ma forza creatrice, profezia di un’umanità sempre ricominciata. Perdonare sempre non è facile né spontaneo, va contro la logica della reciprocità su cui il mondo si regge. Eppure, è proprio qui che risplende la novità del Vangelo: dare una possibilità a chiunque, sempre, senza stancarsi mai. Gesù, profeta del possibile, ci insegna che finché c’è perdono, c’è nuova vita.

 

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