mercoledì 6 settembre 2023

OMELIA DOMENICA 10 SETTEMBRE 2023

 




XXIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO

Ez 33,7-9; Sal 94; Rm 13,8-10; Mt 18,15-20

 

Paolo Cugini

 

La cultura post-moderna nella quale siamo immersi, incentiva ogni forma di individualismo come stile di vita proteso alla soddisfazione dei propri bisogni. Questo modo di pensare ha contaminato anche la religione. La devozione moderna, sganciata dai contenuti biblici, ha fomentato un modo di avvicinarsi al sacro tutto incentrato sul rapporto individuale con Dio, mettendo a disposizione una serie di artifici devozionali per meritarsi la salvezza. La comunità, in questa prospettiva, è un accessorio secondario, senza dubbio non importante per il raggiungimento della salvezza che è una questione di merito individuale. Il capitolo 18 del Vangelo di Matteo, che ci verrà proposto nelle prossime domeniche, ci allerta che, in realtà, in quella realtà che Gesù ci ha manifestato, la comunità di fratelli e sorelle è il luogo esistenziale in cui siamo chiamati a vivere l’adesione al suo Vangelo. È, infatti, nella comunità che sperimentiamo la sua presenza e, di conseguenza, le relazioni umane con i membri della comunità hanno un valore molto importante nella vita dei discepoli e delle discepole del Signore.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo…

Nella comunità dovrebbe risplendere la comunione trinitaria: è questa la grande sfida. Per questo motivo, il Vangelo di oggi ci invita a sentire la responsabilità nei confronti di ogni fratello e sorella e, in modo particolare, quando qualcuno ci offende. In questi casi, è importante notare che Gesù non dice che chi ha offeso deve andare a chiedere scusa, ma il contrario. Chi ha ricevuto l’offesa da un membro della comunità, deve attivare un percorso che ricucisca al più presto lo strappo causato dalla colpa. C’è un itinerario che Gesù indica, che va dalla relazione personale, al coinvolgimento di qualche membro della comunità, sino al coinvolgimento dell’intera comunità. Questa indicazione è molto importante perché indica non solo che ogni persona nella comunità ha pari dignità, ma anche che ogni fratello e sorella deve sentire la responsabilità nei confronti di ogni membro della comunità. Del resto, è proprio questo il significato della scelta della prima lettura. Il profeta Ezechiele, infatti, insite sulla responsabilità nei confronti di coloro che fanno il male: Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato» (Ez 33,9). Abbiamo una responsabilità nei confronti delle sorelle e dei fratelli che il Signore ci pone accanto nella comunità e, per questo, non possiamo essere ommessi. Sono parole che dicono no all’individualismo devozionale, parole che sono in controtendenza alla cultura individualista post-moderna e, di conseguenza, indicano lo stile nuovo di vita della comunità cristiana che si riconosce nel nome di Gesù. In questa comunità deve essere visibile la presenza del Signore, che è pace, comunione, fraternità e sororità. Quando questa viene minacciata da relazioni problematiche e conflittuali tra i membri della comunità, che arrivano a ledere profondamente la comunione, tutti devono sentirsi responsabili per recuperare al più presto la pace.

Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro. Il Vangelo di Matteo inizia ricordandoci che Dio è in mezzo a noi (Mt 1,23) e termina allo stesso modo, quando Gesù rincuora i suoi al momento della sua dipartita dicendo loro: io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo (Mt 28, 20). Questo stesso annuncio Gesù lo ripete a metà del cammino: che cosa significa? Sono parole di consolazione e, allo stesso tempo, d’identità. La presenza misteriosa del Signore rivela il suo modo discreto di accompagnare la comunità dei discepoli e delle discepole ed è un incoraggiamento per tutti coloro che hanno fatto del Vangelo il punto di riferimento per le proprie scelte e per impostare uno stile di vita evangelico. Allo stesso tempo, le parole di Gesù ci ricordano che la sua presenza non è appena nell’istituzione religiosa, ma in ogni ambiente vitale in cui le persone, anche solo due, si riuniscono nel suo nome. Sono parole che incentivano la dimensione famigliare della comunità cristiana, il piccolo gruppo che cerca nel Vangelo ispirazione per il proprio cammino. Per sentire la presenza del Signore nella nostra vita, non abbiamo bisogno di aspettare le indicazioni da Roma, ma è sufficiente incontrarsi per ascoltare la parola di Gesù che illumina i nostri passi e le nostre scelte.

Facciamo nostre le parole di Paolo ascoltate nella seconda lettura, quando ci dice: qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge, infatti, è la carità (Rom 13, 10). Amiamo i fratelli e le sorelle della comunità perché, quando questo avviene, manifestiamo a tutti la presenza del Signore in mezzo a noi, affinché il mondo si converta e creda.

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