Paolo
Cugini
È l’ultima domenica del tempo liturgico e la
liturgia ci propone la solennità di Cristo Re dell’universo, per aiutarci a
riflettere se davvero durante l’anno, Cristo è stato colui che ha orientato i
nostri passi, il Signore della nostra storia. Per questo tipo di verifica ci
viene proposto il brano di Giovanni 18,33-37, che è un dialogo tra Gesù e
pilato nelle ore drammatiche della passione. È dai contenuti di questo dialogo
che la liturgia ci propone questo cammino di verifica.
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù
rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?».
Alla
domanda di Pilato Gesù risponde con un’altra domanda, che obbliga lo stesso Pilato
a pensare, ad entrare in se stesso, per verificare se le sue conoscenze sono
frutto di chiacchiere apprese dalla piazza, o il cammino di una ricerca
personale. Qui c’è un primo livello di verifica alla quale siamo interpellati
in prima persona. Il Vangelo, infatti, attraverso questa semplice domanda di
Gesù, ci interpella sul tipo di conoscenza che abbiamo del Signore. È qualcosa
di imparaticcio, oppure siamo entrati in un cammino di conoscenza personale? Ci
siamo fermati nel cammino ritenendo sufficienti le poche nozioni imparate al
catechismo o ascoltate nella messa domenicale, o abbiamo appreso a confrontarci
ogni giorno con il Vangelo? In altre parole, la Parola del Signore sta
plasmando la nostra vita, le nostre scelte, o è una cosa marginale e
occasionale?
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo;
se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto
perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Anche
questa risposta ha un valore di verifica per il nostro cammino di fede. Gesù
parla di un regno che non è di questo mondo, mostrando, in questo modo,
l’esistenza, di due livelli di realtà. Il regno di questo mondo è determinato
dalle logiche di egoismo e di possesso, che generano relazioni conflittuali r
dinamiche di potere. Mentre il Regno di cui Gesù è il Signore è mosso dall’amore
del Padre e genera relazioni di uguaglianza, di dono gratuito di sé agli altri.
Sono due regni inconciliabili, perché rappresentano due modi di stare al mondo
e di vita contrapposti. Mentre il primo tipo di modalità lo assimiliamo nel
cammino della vita sin dai primi istanti di esistenza, quello proposto da Gesù
lo dobbiamo scegliere.
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io
sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare
testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce»
Gesù
non è interessato al discorso della regalità e vuole portare il discorso su un
altro piano, su quello della verità, che non è una cosa che si possiede, ma che
si è. Fare la verità significa essere in sintonia con il progetto di Dio, che
pone il bene dell’uomo sopra di tutto. Chi ha messo la sua vita in sintonia con
questa verità, ascolta la voce di Gesù. Per capire la voce di Gesù, occorre
mettere il bene dell’uomo su tutto. L’idea di verità appare per la prima volta
nel prologo e l’ultima volta appare in questo brano in cui Pilato si presenta
come svuotato di verità.
Durante
il cammino dell’anno liturgico avremmo dovuto apprendere una distinzione
fondamentale sull’idea di verità. C’è, infatti, un’idea di verità che è quella
che il mondo ci offre, ed è una verità che non ci disturba, perché è assoluta,
immobile, non negoziabile. Questo tipo di verità rimane molto distante dall’uomo
e dalla donna, fuori dalla portata umane ed esige un’obbedienza indiscutibile. Chi
si pone a servizio di questo tipo di verità diviene una persona dura, rigida, a
immagine della verità che serve. Al contrario la verità che Gesù presenta al
mondo, è lui stesso e, quindi, una persona, che cammino con gli uomini e le
donne in ogni tempo. Non si tratta, dunque, più di una verità immobile,
statica, non negoziabile, ma dinamica che esige un continuo sforzo di comprensione
e di adattamento. È Gesù la verità che ci fa liberi, liberandoci da ogni forma
di idolatria e di ideologia, che è il destino di tutte quelle false verità che
vogliono imporsi all’umanità con la propria presunta insindacabilità, non
negoziabilità. La presenza di Gesù nella storia smaschera le presunte verità
create dagli uomini per dominare sugli altri, soprattutto i più deboli e
fragili. Il Vangelo oggi ci pone una domanda profonda: ci siamo liberati dalle
false verità abbracciando il suo cammino, o siamo ancora vittime delle ideologie
degli uomini?
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