venerdì 22 gennaio 2021

LA NUOVA ALLEANZA E IL PROBLEMA DELLA XIII TRIBU'




 Paolo Cugini

Dicendo alleanza nuova, Dio ha dichiarato antiquata la prima; ora, ciò che diventa antico e invecchia, è prossimo a sparire” (Eb 8,13).

È un versetto che offre una bellissima indicazione ermeneutica per abbordare il testo Sacro. Dopo la venuta di Gesù, la Nuova Alleanza è a Lui che bisogna guardare. È Gesù la chiave di accesso al mistero di Dio, di come si è manifestato nella storia. L’antica alleanza è, per l’appunto antica, sorpassata e vale nella misura in cui ci dice qualcosa di colui che doveva venire, l’atteso, che però era già prima che il mondo fosse (cfr. Gv 1,1-18; Ef 1, 1-19). Punto di partenza per una comprensione della Parola di Dio è il Vangelo la narrazione della ita di Gesù, della sua proposta. A partire da questa comprensione del messaggio evangelico si può passare alla lettura dell’Antica Alleanza sempre, comunque, con la prospettiva di Gesù, di cogliere quello che le narrazioni, i personaggi, gli eventi dell’Antico Testamento dicono di Lui.

Salì poi sul monte” (Mc 3,13). Gesù, che ha il grande compito di annunciare al mondo la Parola di salvezza per l’umanità, si prende dei tempi di meditazione, di riflessione, di dialogo interiore. E’ una grande indicazione per ogni cristiano che prende sul seriuo il Vangelo, Non può esserci vita di fede senza prendersi dei tempi prolungati per salire sul monte, per entrare in contatto con il Padre, per imparare a valorizzare la vita interiore. Salendo sul monte Gesù spezza il tempo dell’itinerario che stava compiendo, dicendo che anche questo momento di salita sul monte è parte del vissuto quotidiano, parte del cammino della vita cristiana. Gesù sale sul monte perché si appresta a compiere una importante decisione: la scelta degli apostoli.

Chiamò a sé quelli che egli volle” Mc 3,13). La scelta dei Dodici, il perché proprio loro e non altri, rimane racchiusa nel mistero di Dio. Gesù ha scelto quelli che ha voluto: punto e a capo. C’è una volontà d’amore che dice di una libertà profonda di Gesù, che non scegli in modo avventato, ma dopo aver pregato, dialogato con il Padre. Ci sono scelte che necessitano di un dialogo con le persone care che abbiamo vicine; altre scelte, invece, hanno bisogno di preghiera, di riflessione, di apertura al mistero di Dio.

Ne costituì dodici” (Mc 3,14). Tutti gli studiosi sono d’accordo nel dire che questo numero dodici fa riferimento alle dodici tribù d’Israele, indicate dai nomi dei figli di Giacobbe e, di conseguenza, i Dodici sarebbero il segno del nuovo Israele, della Nuova alleanza. Leggendo attentamente le scritture ci si accorge, però, che i figli di Giacobbe non furono dodici, ma tredici e che il tredicesimo figlio era in realtà, una figlia: Dina. Questa Dina era la figlia che Lia aveva partorito da Giacobbe, che fu violentata da Sichem, figlio di Camor l’Eveo (Gen 34). È una brutta storia di violenza su una donna, che la tradizione ebraica ha messo a tacere e che non riappare mai più nelle narrazioni bibliche. Se nella scelta dei Dodici Gesù sembra mantenere lo schema patriarcale della tradizione ebraica, che ha cancellato Dina dai libri di Storia, la figura di Dina e di una possibile tredicesima tribù riappare nel cammino di Gesù in quelle donne che il Vangelo di Luca pone al seguito del Signore (cfr. Lc 8,1-3; Lc 24,10; At 1,14).

 

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