XXVI domenica/B
(Nm
11,25-29; Sal 18; Gc 5, 1-6; Mc 9, 38-48)
“La legge
del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore è
verace, rende saggio il semplice” (Sal 18).
1. La
Domenica è il giorno del Signore e siamo giunti attorno a questo altare per
cercare ristoro in Lui, nella Sua legge, nelle Sue Parole, per trovare una
risposta alle domande di senso che ci siamo posti durante la settimana e che
non hanno ancora trovato una soluzione. Ci mettiamo, allora in religioso
ascolto del Testimone verace, di colui che, per amore al Padre, ha donato tutta
la propria vita per noi, divenendo in questo modo credibile e degno della
nostra attenzione. Desideriamo, in questo modo, accogliere la saggezza che
viene da Lui, per poterla condividere con i fratelli e le sorelle che durante
la settimana Lui stesso porrà sul nostro cammino.
2. Nel
Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci sono tre riflessioni che possiamo
sviluppare per crescere nella sapienza del Signore.
La prima la prendiamo
da questi due versetti:
“Ma Gesù disse: non glielo proibite, perché non c’è nessuno che
faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non
è contro di noi è per noi” (Mc 9,39-40).
Dinnanzi alla richiesta
dei discepoli, che esigono l’intervento di Gesù per censurare l’azione di
qualcuno che agiva in suo nome scacciando i demoni, il Signore risponde in
questo modo sorprendente, costringendo i discepoli e noi stessi ad una doverosa
riflessione. Che cosa ha voluto dire Gesù con questa risposta? Credo che Gesù
ci abbia invitati ad aprire i nostri orizzonti, le nostre menti. L’egoismo che
chiude i nostri cuori non ci permette di guardare al di là del nostro naso e,
di conseguenza, ci conduce a creare chiusure, divisioni, rivalità e,
soprattutto, a vedere nell’altro non un fratello, una sorella, ma un nemico. La
libertà del Signore che riceviamo dallo Spirito Santo nei sacramenti, ci spinge
a rimanere aperti sul mondo, a non cercare negli altri il negativo, le
differenze, ma soprattutto ciò che unisce. Gesù non è invidioso di nessuno e
non considera nessuno un rivale, perché il suo modo di essere e di agire con le
persone, non è misurato da questi sentimenti negativi, ma dall’amore. Ciò
significa che la libertà dei figli di Dio nasce e si rafforza dall’amore che
riceviamo dal Padre in Cristo. La verifica di questo amore e della verità del
nostro rapporto con Di,o la misuriamo
esattamente nell’apertura che dimostriamo con le persone che non sono del
nostro giro, o con quelle realtà che umanamente potrebbero esercitare una
minaccia per la nostra reputazione. Queste parole di Gesù ci invitano, allora,
a considerare la Chiesa non un recinto chiuso, il recinto dei buoni, ma una
possibilità di crescita umana e spirituale che ci conduce, come già dicevo, non
ad allontanarci dagli altri, a separarci, ma ad avvicinarci. In altre parole, i
cristiani che seguono il Signore lo seguono proprio nel cammino difficile che
Lui ha percorso e che ha pagato a duro prezzo, il prezzo della croce, il
cammino che riesce a vedere nella persona l’immagine di Dio e quindi qualcosa
di prezioso, da valutare positivamente.
“Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché
siete di Cristo, vi dico in verità che non si perderà la sua ricompensa” (Mc
9, 41).
Ancora una volta
il metro di giudizio di Gesù non è l’appartenenza ad un circolo ristretto di
puri, ma il modo di relazionarsi all’altro considerando un fratello, una
sorella, soprattutto quando si tratta di persone in difficoltà. E’ bene,
allora, approfittare di questa Parola, per verificare la nostra idea chiusa di
Chiesa, il nostro modo chiuso e bigotto di andare incontro agli altri.
3. La
seconda idea che possiamo evidenziare nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato
è questa:
“Chi scandalizza uno di questi
piccoli che credono, sarebbe meglio per lui che gli passassero al collo una
mola da asino e lo buttassero in mare”( Mc 9,42).
Parole durissime
nelle quale Gesù intende esprimere un’idea molto semplice che, però, spesso
dimentichiamo e cioè che, nel cammino di santificazione, che è un cammino di
umanizzazione non siamo da soli. La vita cristiana non è una lotta per
dimostrare chi è il migliore, il più bravo. La santità non è un premio che si conquista
rivaleggiando con gli altri ma, come abbiamo ascoltato domenica scorsa,
mettendoci dietro gli altri, a servizio dei fratelli e sorelle che il Signore
pone nel nostro cammino.
Questo versetto
è allora estremamente legato al precedente, perché ci invita a mantenerci
sempre attenti non a noi stessi, ma alle persone che ci sono vicine, a rimanere
cioè persone aperte sul mondo e sugli altri, a non chiuderci in recinti, a non
considerare la Chiesa un ritrovo di privilegiati. Infatti, è questo modo di fare
altezzoso e orgoglioso che spesso allontana i “piccoli”, cioè coloro che si
stanno avvicinando alla comunità e che sono ancora fragili nella fede. Questi
piccoli devono vedere realizzati in noi gli stessi sentimenti che erano in Gesù
(cfr. Fil 2,5), che si è abbassato, si è fatto piccolo, uomo come noi per
ascoltarci, per servirci, per indicarci il cammino. Gesù por essendo di natura
divina, non ci ha fatto pesare la sua radicale superiorità da noi, ma l’ha
messa da parte, se ne è spogliato affinché noi non ci sentissimo a disagio, ma
riconoscessimo in lui un amico. In questa prospettiva, scandalizziamo,
allontaniamo un “piccolo”, quando siamo arroganti, quando ci riteniamo
superiori, quando utilizziamo la Parola di Dio non per cambiare la nostra vita
ma per giudicare e fare a pezzi la vita degli altri. E’ questa arroganza
presuntuosa che Gesù condanna, perché invece di avvicinare, allontana le
persone dal Suo messaggio di amore. Lo Spirito Santo che riceviamo
nell’Eucaristia di oggi, se lo lasciamo agire, trasforma il nostro egoismo in
amore, le nostre chiusure in possibilità di dialogo, i nostri giudizi severi,
in parole che possono costruire amicizia. Lasciamoci, allor,a trasformare
dall’amore del Signore.
4. C’è
un’ultima riflessione che Gesù nel Vangelo di oggi ci consegna, una riflessione
dai toni duri, ma che è importante approfondire per non lasciare incompleto il
suo insegnamento.
“ Se la tua mano ti
scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due
mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile” (Mc 9,43).
Che cosa
c’insegna il Signore con queste parole? Credo che sia un invito a prendere sul
serio il cammino di fede, che se ha momenti comunitari come le liturgie,
procede anche attraverso scelte personali. Tra queste scelte importanti che
dobbiamo compiere nel cammino, ci sono anche gli elementi che dobbiamo
deciderci di togliere dalla nostra vita, quegli elementi che ostacolano la
nostra crescita nell’amore. La maturazione spirituale passa attraverso momenti
di estrema positività,assieme ad altri in cui dobbiamo intervenire
drasticamente. E, allora, dobbiamo ogni tanto avere il coraggio di fermarci nel
nostro cammino per ascoltarci, ascoltare il Signore, per capire che cosa non
sta funzionando, che cosa sta ostacolando il cammino. Quante volte ci è capitato di capire, intuire che c’è
qualcosa che non va, qualcosa che ci sta lasciando tristi, dubbiosi, inquieti
e, nonostante ciò abbiamo continuato lo stesso, trascinandoci per paura di
ascoltare la nostra coscienza, per non voler soffrire, per non voler prendere
un decisione radicale. Chiaramente la vita è fatta anche di questi
tentennamenti, anche perché la vita di fede non è una corsa progressiva e
inarrestabile verso la meta. L’importane, comunque, è non rimanere sepolti
sotto le macerie dei nostri fallimenti, non cercare di nasconderli troppo a
lungo da noi stessi per paura del giudizio degli altri. Se fossimo un popolo di
santi Dio non avrebbe mandato il suo Figlio unico a morire per noi. Ciò
significa che Lui sa benissimo che abbiamo bisogno del suo aiuto.
Chiediamogli,
allora, in questa Eucaristia di aiutarci, durante questa settimana, a non
scappare da noi stessi, ma di fermarci per avere il coraggio di togliere dalla
nostra anima quei tumori spirituali che possono pregiudicare tutta la nostra
esistenza, la nostra felicità.
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