XXV DOMENICA/B
(Sap 2,12.17-20; Sal
53;Gc 3,16-4,3;Mc 9,30-37)
1. San Giacomo, nella seconda lettura che
ascolteremo oggi, ci ricorda che la sapienza che viene dall’alto è piena di
buoni frutti e cioè, quando viene accolta, non torna mai a mani vuote. Una vita
differente, quindi, vita in cui le parole giustizia, pace, misericordia
acquistano un peso esistenziale, una possibilità effettiva. E’ per questo che
tutte le domeniche ci mettiamo in ascolto della Parola, perché desideriamo
uscire dal mondo della non autenticità, della falsità, dell’ipocrisia, delle
relazioni fatte di invidie e gelosie (cfr.Gc
4, 3s.). Nella Parola di Dio
intravediamo un cammino che, però, non appena ci immettiamo in esso, lo
troviamo pieno di ostaci e difficoltà.
2. “I discepoli, però non comprendevano queste
parole e avevano timore a chiedergli spiegazioni” (Mc 9, 32).
Questa è la prima difficoltà che
incontriamo nel cammino di uscita dalla nostra vita insipida, per dirigerci
dietro al Signore: la comprensione di quello che Lui dice ed esige. Questa
incomprensione non deriva dal fatto che Gesù parla troppo difficile, ma che
quello che dice si pone si di un livello totalmente differente dal nostro modo
di essere e di pensare. Noi, per esempio, viviamo tutti i giorni delle relazioni
fatte di odi, rancori, gelosie, in cui facciamo di tutto per sentirci migliori
degli altri. Il Signore, invece, ci viene incontro invitandoci ad amare, amare
i nemici, pregare per loro. Ci viene allora spontaneo non capire, interrogarci
sul significato delle sue parole: non le capiamo, sono troppo oltre le nostre
condizioni di possibilità esistenziale. Ancora.
Nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato,
mentre Gesù parlava alle folle, i discepoli erano intenti a discutere sul
problema di chi tra loro fosse il più importante, il più grande. Gesù, allora,
“sedutosi, chiamò i
Dodici e disse loro: se uno vuole essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”
( Mc9, 35).
Che cosa ha voluto dire il Signore con una
frase del genere? Non è qualcosa di totalmente differente da quello che viviamo
noi ogni giorno? Che cosa significa che dobbiamo essere l’ultimo di tutti? Come
si fa?
Certamente quello che Gesù ci chiede non è
un cammino sul piano materiale, ma spirituale. Sarebbe troppo facile, infatti,
pensare che il cambiamento richiesto da Gesù si riducesse ad un movimento
esteriore, da un luogo ad un altro. E’
il cuore che deve essere purificato ( cfr. Ger
31, 31, Ez 36,12; Sal 51; Rom 5,5), affinché la persona diventi capace di
uno sguardo nuovo sul mondo e sulla vita, di sentimenti nuovi su se stesso e
sugli altri, di atteggiamenti nuovi che non umiliano il prossimo, ma lo
valorizzano, non disprezzino gli altri per ciò che non hanno, ma lo accolgano
nella sua dignità di figli e figlie di Dio. Questo modo di pensare nuovo,
questo cambiamento radicale di prospettiva, non è assolutamente alla portata
delle possibilità umane. Per questo osserviamo la grande fatica dei discepoli
e, allo stesso tempo, della nostra, di capire il cammino proposto da Gesù e di
entrarci. E’ qualcosa di radicalmente differente da ciò che viviamo e pensiamo
tutti i giorni, nella vita quotidiana. Ed è proprio questo che il Signore vuole
realmente rivoluzionare: la nostra vita quotidiana.
Il
Vangelo dovrebbe penetrare così profondamente in noi, da modificare il nostro
modo di valutare gli eventi, di giudicare la realtà, di muoverci nel mondo.
Vedere il mondo dalla prospettiva di Dio, vederlo e pensarlo come lo vede e lo
pensa Lui, vedere gli altri, le persone amiche e coloro che ci fanno del male
come le guarda Dio: è questo il senso del cammino cristiano. E’ chiaro, allora,
che non si tratta di un percorso che noi possiamo realizzare a partire dalle
nostre possibilità umane, dai nostri sforzi umani. Abbiamo il cuore troppo
pieno di noi stessi. Abbiamo l’anima troppo intrisa di egoismo, gli occhi
accecati dall’orgoglio, i pensieri contaminati dal male. Esattamente per questo
motivo che Gesù è venuto al mondo: per aiutarci. Aiutarci a fare cosa? Ad
uscire da noi stessi, dalle prigioni che ci costruiamo ogni giorno con il
nostro egoismo, dalle ragnatele dell’invidia e della gelosia che bloccano e
paralizzano i nostri rapporti, spesso anche i più importanti e più
significativi. Dio ha mandato suo Figlio al mondo per aprirci il cammino
dell’amore, della vita autentica: è questa la sapienza che viene dall’alto. E
siccome viene dall’alto, l’unica cosa che possiamo fare è accoglierla, farle
spazio nella nostra vita.
“Chi accoglie me, non accogli me, ma colui
che mi ha mandato” (Mc 9,37).
3. Se ci pensiamo bene, l’Eucaristia che stiamo
celebrando è strutturata esattamente in questo modo: prima c’è l’ascolto della
Parola di Dio e poi la manducazione del Corpo di Cristo e cioè la Sua assimilazione,
la Sua accoglienza. Accogliere la sapienza che viene dall’alto, che noi stiamo
manifestando nella partecipazione di questa liturgia, significa accettare la
sfida che Gesù ci propone e cioè tentare di cambiare lentamente il modo di
vivere, di essere, di pensare. Siccome mangiando il Suo Corpo abbiamo accolto
il Signore dentro di noi, non si tratta più di un semplice sforzo umano, ma di
una risposta ad un appello. Mentre, cioè, nella vita reale mi sforzo di cercare
l’ultimo posto, di servire i fratelli e le sorelle, percepisco in me una forza
che mi aiuta e sostiene in questo cammino nuovo. Cammino che genera tensioni,
incomprensioni, perché gli altri non capiscono che cosa stia facendo e perché
mi comporti in questo modo. Cammino che genera persecuzioni, contrasti:
“Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di
imbarazzo ed è contrario alle nostre azioni… Mettiamolo alla prova con insulti
e tormenti” (Sap 2, 12.19).
4.
La via che il Signore ci propone di accogliere, perché è l’unica via che
conduce alla vita vera, è la via dell’amore e l’amore vissuto, che si fa
servizio gratuito, che si mette all’ultimo posto, che non cerca il proprio
interesse, che si pone dalla parte che Gesù si è posto e cioè degli ultimi di
questo mondo, dà fastidio.
Chiediamo, allora, al Signore in questa
liturgia di aiutarci a mantenere lo sguardo fisso su di Lui, per non lasciarci
impaurire e impressionare dal male e dall’odio del mondo, per riuscire a
portare sulle nostre spalle il peso e la fatica di una vita autentica, una vita
differente, una vita vissuta nell’amore.
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