XVI
DOMENICA TEMPO ORDINARIO
Sap
12, 13.16-19; Sal 85; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43
Paolo
Cugini
Domenica
scorsa abbiamo iniziato ad ascoltare il capitolo 13 del Vangelo di Matteo, che
contiene il discorso in parabole, che fa parte della sezione: il mistero del
Regno dei cieli. Stiamo, dunque, ascoltando delle narrazioni che cercano di
spiegarci il contenuto dell’annuncio principale di Gesù, vale a dire la
rivelazione del Regno dei cieli, che in altre parole non è altro che la modalità
di vita conforme alla volontà del Signore. Ascoltando con attenzione il
contenuto di queste parabole ci rendiamo conto che si tratta di insegnamenti
molto concreti, che riguardano la vita quotidiana delle persone, di coloro che
desiderano camminare sulle vie del Signore. Ascoltiamo, allora, ciò che Gesù ha
da insegnarci oggi.
Ma,
mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al
grano e se ne andò (Mt 13,25). Nel campo della nostra vita
non ci sono solo le sementi che di nostra iniziativa poniamo, ma anche quelle
che il mondo semina in noi. Ci sono delle idee che assimiliamo sin dall’infanzia,
che consideriamo come vere senza averle mai verificate. Nella giovinezza e
nella vita adulta, uno dei compiti importanti per sviluppare una mentalità
conforme al Vangelo, è approfondire la conoscenza delle idee assimilate per un
discernimento costante e capire ciò che proviene dal vangelo e ciò che invece è
tipico dalla mentalità del mondo. È un lavoro lento, ma necessario, anche perché
ciò che la cultura semina in noi, si è formato nel tempo e, per questo, viene
identificato como autentico. Sol per fare un esempio. Il patriarcato, la
misoginia, l’omofobia sono tutti elementi culturali che vengono da molto lontano
e che noi sin dall’infanzia assimiliamo inconsciamente perché sono elementi che
fanno parte della nostra cultura. Saperli individuare, cogliendo sino a che
punto si sono radicati nelle nostre scelte, è un lavoro necessario, che
richiede tempo e dedizione. Possiamo dire che uno dei frutti maturi della vita
spirituale, consiste proprio nella capacità di liberarsi dalle sementi negative
assimilate sin dall’infanzia, sradicarle totalmente: solo così potremo vivere
in modo libero e autentico.
Non
succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.
Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento
della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in
fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio" (Mt
13, 30). C’è un secondo livello d’insegnamento della parabola di oggi. Se ci
sono sementi negative che ereditiamo dalla cultura in cui viviamo e che
possiamo sradicare, ve ne sono altre che, crescendo e sviluppandosi fortemente,
non possono essere sradicate perché si rischierebbe di estirpare anche quelle
buone. Che cosa ci vuole insegnare Gesù con questo secondo passaggio della
parabola? Ci vuole dire che nella vita adulta dobbiamo imparare a convivere con
il male. Anche questo è uno dei frutti positivi della vita spirituale. L’insegnamento
di non rispondere al male è un tema importante della predicazione di Gesù, perché
lo riprende anche in altri contesti. Nel discorso della montagna, infatti, Gesù
afferma: Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; (Mt 5,39) e, subito dopo,
invita a ad amare e a pregare per coloro che ci odiano e ci perseguitano (cfr. Mt
5, 44). Il pericolo, infatti, quando non resistiamo al male ricevuto e
rispondiamo con la stessa moneta, consiste nell’essere travolti dallo stesso
male, che entra dentro di noi e ci conduce a pensare e a compiere cose che non
vorremmo. Anche Paolo è sulla stessa linea di pensiero e, nella lettera ai Romani
esorta i fratelli e le sorelle della comunità a non lasciarsi vincere dal male,
ma di vincere il male con il bene (cfr. Rom 12,21). È questo un insegnamento
nuovo, che va contro la mentalità maschilista e patriarcale che genera violenza
e sostiene l’istinto che spinge a farsi giustizia da soli. Non così i cristiani
che desiderano vivere nella pace del Signore e la comunicano al mondo con uno
stile di vita non-violento, lo stesso appreso dal Maestro. Anche la sapienza d’Israele,
qualche decennio prima della venuta di Gesù, aveva colto il modo umile e mite
dell’azione di Dio nella storia. Questa idea l’abbiamo ascoltata nella prima
lettura: Padrone della forza, tu giudichi con mitezza e ci governi con molta
indulgenza (Sap 12,16).
Lo
Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare
in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili
(Rom 8, 26). A questo punto del discorso potremmo obiettare sostenendo
che, ciò che Gesù chiede come atteggiamento dinanzi al male che riceviamo, è
troppo difficile, troppo oltre il nostro modo di sentire, troppo oltre la
nostra capacità umana di sopportazione. Non solo, ma è contraria alla
prospettiva culturale in cui viviamo, che ci spinge a farci giustizia da soli. Ci
vengono in aiuto le parole di Paolo nella bellissima catechesi sullo Spirito
Santo del capitolo 8 della lettera ai romani, che stiamo ascoltando in queste
domeniche. Gesù, infatti, non solo ci offre il suo esempio, ma ci dona anche il
suo Spirito, che agisce in coloro che lo accolgono. Gesù non ha solo insegnato
di resistere al male con il bene, ma lo ha anche fatto. Quando era sul legno
della croce ha pregato il Padre per coloro che lo stavano uccidendo, chiedendo
il loro perdono. È lo Spirito di Gesù che invochiamo, affinché ci dia forza nei
nostri pensieri e nelle nostre azioni e, in questo modo, permettergli di strutturare
un pezzo di umanità non dominato dalle logiche della violenza e dall’odio, ma
dall’amore gratuiti di Dio.
Nessun commento:
Posta un commento