martedì 18 luglio 2023

OMELIA DOMENICA 23 LUGLIO 2023

 



XVI DOMENICA TEMPO ORDINARIO

Sap 12, 13.16-19; Sal 85; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43

 

Paolo Cugini

 

Domenica scorsa abbiamo iniziato ad ascoltare il capitolo 13 del Vangelo di Matteo, che contiene il discorso in parabole, che fa parte della sezione: il mistero del Regno dei cieli. Stiamo, dunque, ascoltando delle narrazioni che cercano di spiegarci il contenuto dell’annuncio principale di Gesù, vale a dire la rivelazione del Regno dei cieli, che in altre parole non è altro che la modalità di vita conforme alla volontà del Signore. Ascoltando con attenzione il contenuto di queste parabole ci rendiamo conto che si tratta di insegnamenti molto concreti, che riguardano la vita quotidiana delle persone, di coloro che desiderano camminare sulle vie del Signore. Ascoltiamo, allora, ciò che Gesù ha da insegnarci oggi.

Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò (Mt 13,25). Nel campo della nostra vita non ci sono solo le sementi che di nostra iniziativa poniamo, ma anche quelle che il mondo semina in noi. Ci sono delle idee che assimiliamo sin dall’infanzia, che consideriamo come vere senza averle mai verificate. Nella giovinezza e nella vita adulta, uno dei compiti importanti per sviluppare una mentalità conforme al Vangelo, è approfondire la conoscenza delle idee assimilate per un discernimento costante e capire ciò che proviene dal vangelo e ciò che invece è tipico dalla mentalità del mondo. È un lavoro lento, ma necessario, anche perché ciò che la cultura semina in noi, si è formato nel tempo e, per questo, viene identificato como autentico. Sol per fare un esempio. Il patriarcato, la misoginia, l’omofobia sono tutti elementi culturali che vengono da molto lontano e che noi sin dall’infanzia assimiliamo inconsciamente perché sono elementi che fanno parte della nostra cultura. Saperli individuare, cogliendo sino a che punto si sono radicati nelle nostre scelte, è un lavoro necessario, che richiede tempo e dedizione. Possiamo dire che uno dei frutti maturi della vita spirituale, consiste proprio nella capacità di liberarsi dalle sementi negative assimilate sin dall’infanzia, sradicarle totalmente: solo così potremo vivere in modo libero e autentico.

Non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio" (Mt 13, 30). C’è un secondo livello d’insegnamento della parabola di oggi. Se ci sono sementi negative che ereditiamo dalla cultura in cui viviamo e che possiamo sradicare, ve ne sono altre che, crescendo e sviluppandosi fortemente, non possono essere sradicate perché si rischierebbe di estirpare anche quelle buone. Che cosa ci vuole insegnare Gesù con questo secondo passaggio della parabola? Ci vuole dire che nella vita adulta dobbiamo imparare a convivere con il male. Anche questo è uno dei frutti positivi della vita spirituale. L’insegnamento di non rispondere al male è un tema importante della predicazione di Gesù, perché lo riprende anche in altri contesti. Nel discorso della montagna, infatti, Gesù afferma: Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; (Mt 5,39) e, subito dopo, invita a ad amare e a pregare per coloro che ci odiano e ci perseguitano (cfr. Mt 5, 44). Il pericolo, infatti, quando non resistiamo al male ricevuto e rispondiamo con la stessa moneta, consiste nell’essere travolti dallo stesso male, che entra dentro di noi e ci conduce a pensare e a compiere cose che non vorremmo. Anche Paolo è sulla stessa linea di pensiero e, nella lettera ai Romani esorta i fratelli e le sorelle della comunità a non lasciarsi vincere dal male, ma di vincere il male con il bene (cfr. Rom 12,21). È questo un insegnamento nuovo, che va contro la mentalità maschilista e patriarcale che genera violenza e sostiene l’istinto che spinge a farsi giustizia da soli. Non così i cristiani che desiderano vivere nella pace del Signore e la comunicano al mondo con uno stile di vita non-violento, lo stesso appreso dal Maestro. Anche la sapienza d’Israele, qualche decennio prima della venuta di Gesù, aveva colto il modo umile e mite dell’azione di Dio nella storia. Questa idea l’abbiamo ascoltata nella prima lettura: Padrone della forza, tu giudichi con mitezza e ci governi con molta indulgenza (Sap 12,16).

Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili (Rom 8, 26). A questo punto del discorso potremmo obiettare sostenendo che, ciò che Gesù chiede come atteggiamento dinanzi al male che riceviamo, è troppo difficile, troppo oltre il nostro modo di sentire, troppo oltre la nostra capacità umana di sopportazione. Non solo, ma è contraria alla prospettiva culturale in cui viviamo, che ci spinge a farci giustizia da soli. Ci vengono in aiuto le parole di Paolo nella bellissima catechesi sullo Spirito Santo del capitolo 8 della lettera ai romani, che stiamo ascoltando in queste domeniche. Gesù, infatti, non solo ci offre il suo esempio, ma ci dona anche il suo Spirito, che agisce in coloro che lo accolgono. Gesù non ha solo insegnato di resistere al male con il bene, ma lo ha anche fatto. Quando era sul legno della croce ha pregato il Padre per coloro che lo stavano uccidendo, chiedendo il loro perdono. È lo Spirito di Gesù che invochiamo, affinché ci dia forza nei nostri pensieri e nelle nostre azioni e, in questo modo, permettergli di strutturare un pezzo di umanità non dominato dalle logiche della violenza e dall’odio, ma dall’amore gratuiti di Dio.

 

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